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Raimo “contro l’identità italiana” smonta i miti del neonazionalismo

Da Dante all’Italia ai Mondiali di calcio del 1982, il saggista indaga “l’invenzione della tradizione” di neofascisti, nazionalisti e leghisti

Raimo “contro l’identità italiana” smonta i miti del neonazionalismo
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12 Luglio 2019 - 16.17


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È in libreria un saggio che sta sollevando questioni cruciali e discussioni sia perché siamo in tempi di sovranismo galoppante e politici che pretendono di parlare a nome di tutti gli italiani incuranti del dissenso, sia perché l’identità nazionale è diventata come un totem intoccabile. Lo ha scritto Christian Raimo, scrittore, critico letterario, traduttore, insegnante, sguardo acuto sul presente, e si intitola programmaticamente Contro l’identità italiana (Einaudi, pp. 144, € 12,00). È un saggio significativo che induce perfino l’estrema destra a sfogliare le sue pagine, se il sito di primatonazionale, sito prossimo a CasaPound ne scrive, senza sbeffeggiarlo invero ma perché lo considera il modello dei mali e delle idiosincrasie della sinistra.

Non stupisce che alla destra estrema non vada tanto giù, questo volume. Sin dal titolo. Raimo per esempio, nel pamphlet, come afferma in un brano pubblicato sull’Espresso di domenica 6 luglio, scrive su Dante. E Dante “sovranista, neofascista, è l’ultima versione di una tradizione di lettura politica nazionalista che si è sviluppata parallela e intreccia a quella della ricezione letteraria. È stato da sempre così: del profilo di Dante si può fare l’uso più vario […] Dante Alighieri può diventare, è diventato, un feticcio, in ogni fase politica, per ogni idea della nazione”. La domanda, chiede Raimo, è se “la costruzione dell’identità italiana è stata soprattutto figlia di una creazione di un’estetica politica? Sembra proprio di sì”. E di Dante si sono appropriati, indebitamente, molti o tutti: certo è un’appropriazione indebita quella dei neonazionalisti che Raimo annovera tra i “lettori più furfanteschi” dell’autore della Divina Commedia.

Nato a Roma nel 1975, l’autore muove dalle esperienze personali. “Ci sono due scene primarie nella mia infanzia, che mi hanno reso consapevole di far parte di una comunità piú grande della mia famiglia, addirittura una comunità nazionale – recita l’incipit del primo capitolo pubblicato online dalla Einaudi – . Hanno a che fare con due eventi collettivi e, naturalmente, la loro rappresentazione televisiva. La prima accade tra il 10 e il 13 giugno del 1981; la seconda nella prima metà di luglio 1982. Divento italiano con due riti di passaggio di segno opposto: l’incidente di Vermicino con la morte di Alfredino Rampi (il piccolo finì in un pozzo, anche il presidente Sandro Pertini andò sul posto, ndr), i tre giorni consecutivi di diretta televisiva della Rai; la vittoria della nazionale italiana ai mondiali di calcio in Spagna (quando sconfisse la Germania, ndr)”.

Raimo racconta come ha preso consapevolezza della sua “identità” italiana. Il suo obiettivo è esplicito e lo rende tale la casa editrice: “Da qualche tempo nel dibattito politico, sempre più egemonizzato dalla destra e dall’estrema destra, si parla di identitarismo, di sovranismo, di comunitarismo [… ] E il nazionalismo italiano, per la sua storia, assume una forma ancora più peculiare – in un Paese dove è al governo un partito come la Lega che, nato come federalista e addirittura secessionista, oggi sta invece capitalizzando tutto l’immaginario del neofascismo sulla nazione sangue e suolo. Raimo ricostruisce qui i passaggi principali di questo percorso di rinascita nazionalista con un approccio triplice: politico, storico e culturale; e traccia così la genesi di questa ennesima «invenzione della tradizione»”.

Nel brano sul poeta fiorentino di cui fascisti e neonazionalisti vogliono appropriarsi Raimo rimanda alla “innegabile influenza plurisecolare che Dante ha avuto su artisti africani e asiatici e afroamericani”. Giusto promemoria. Vale solo ricordare che Derek Walcott, poeta dei Caraibi, premio Nobel nel 1992, oltre che Omero e Shakespera, ha letto e attinto dichiaratamente anche a Dante. Walcott ha scritto poesia anche su un mondo dopo essere stato devastato dal colonialismo. Ed era se non “nero” certo uomo di colore. Dante Alighieri è anche suo. Il che incrina l’idea di “identità italiana” pura che i fascisti vorrebbero innalzare.

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