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Almaviva: due storie di vita, un solo sfruttamento

Appena pubblicato da Sensibili alle Foglie il libro '2113 Rm' della sociologa Cristiana Di Giorgi. Attraverso la vicenda umana di due operatrici di call center, il dramma di migliaia di lavoratori

Almaviva: due storie di vita, un solo sfruttamento
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17 Aprile 2018 - 11.18


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di Lavinia Bruno

Basta pronunciare il nome Almaviva, per ricordarsi la vicenda dei mille-seicento-sessanta-sei operatori di call center licenziati a Natale, due anni fa.  “2113 Rm” , è una di loro. E’ Serena, ma dentro non lo è. E soprattutto, non è solo un numero di matricola. E’ un vissuto di lotta alla disoccupazione,  raccontato tanto da vicino da sembrare di poter riconoscere Serena tra le tante facce di quei lavoratori visti nei servizi dei tg. (Io l’ho conosciuta e intervistata, tanto per dirvi). In “2133 Rm”, (sottotitolo ‘ Storia di due operatrici di call center’)  il libro della sociologa Cristiana Di Giorgi, edito da Sensibili alle Foglie, la incontriamo sotto il palazzone del Ministero dello Sviluppo Economico dove per mesi ha intonato i cori, ha soffocato in gola la sua vergogna, si è seduta per strada e si è scaldata coprendosi le spalle nello striscione di un sindacato.
Serena ha la lettera di licenziamento in tasca e non la leggerà subito, perché mentre lei è alle prese con uno tsunami sociale, costretta a fare i conti con un mondo lavorativo che si sta hiudendo, ogni giorno di più scopriremo un’altra vita e un’altra lei. Jetmira è l’altra protagonista di questa storia. Diciannovenne albanese parla in perfetto italiano da un call center di Tirana.  E’ più che una minaccia per Serena e per tutti. Guadagna 300 euro al mese di stipendio, vede l’Italia come un posto meraviglioso ed è disposta ad ogni sacrificio pur di venire a Roma. 
Nel nulla del futuro, le due donne si vengono incontro, senza saperlo. I giorni di Serena trascorrono tra le cronache dei sit in dei lavoratori, le attese spietate e l’aspettativa
di avere intere giornate da dedicare a sé stessa, a sua figlia, a un nuovo amore e al desiderio di una vita da ricostruire. Quelli di Jetmira, invece, sono giorni di lavoro pieno, carichi dell’entusiasmo di una neo-assunta che vede come un eroe il suo datore di lavoro e s’innamora del suo collega vicino di banco. Jetmira, anche quando non capisce quel le dicono, cinguetta al telefono. Serena medita il suo canto del cigno. E’ una melodia distopica quella che intonerà per allontanare da sé l’immagine triste e immeritata. Questo libro ne è la prova, non è mai detta l’ultima parola.

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