Gerda Taro, la donna libera che fu l'altra metà di Robert Capa | Culture
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Gerda Taro, la donna libera che fu l'altra metà di Robert Capa

La scrittrice Helena Janeczek in "La ragazza con la Leica" (Giunti) ricostruisce la storia della fotoreporter morta sul campo di battaglia durante la Guerra civile in Spagna

Gerda Taro, la donna libera che fu l'altra metà di Robert Capa
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16 Ottobre 2017 - 12.09


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Si chiamava Gerda Taro. Era bella, coraggiosa, libera e ribelle. E’ stata la prima fotografa morta su un campo di battaglia. Una morte drammatica in Spagna, durante la Guerra civile, mentre documentava la resistenza dei repubblicani all’assalto dei nazionalisti. Finisce sotto i cingoli di un tank ‘amico’ durante un’improvvisa ritirata. Benché ferita in modo gravissimo fino all’ultimo chiederà agli infermmieri e ai medici di campo di occuparsi delle sue macchine fotografiche. Proprio quel giorno avrebbe compiuto ventisette anni, era il 26 luglio del 1937. Il 1° agosto una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per Gerda. Robert Capa, in prima fila, è distrutto: erano stati felici insieme, lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti assieme per la Guerra di Spagna. Nella folla seguono altri che sono legati a Gerda da molto prima che diventasse la ragazza di Capa: da Pablo Neruda che terrà l’orazione funebre a Ruth Cerf, l’amica di Lipsia, con cui ha vissuto nei tempi più duri a Parigi, dopo la fuga dalla Germania. C’è anche Willy Chardack, che si è accontentato del ruolo di cavalier servente da quando l’irresistibile ragazza gli aveva preferito Georg Kuritzkes, impegnato a combattere nelle Brigate Internazionali. Per tutti Gerda Taro rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista; Gerda li ha spesso delusi e feriti, ma la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà, sono scintille capaci di riaccendersi a distanza di decenni. Basta una telefonata intercontinentale tra Willy e Georg, che si risentano per tutt’altro motivo, a dare avvio a un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, di cui Gerda Taro è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Ma per chi l’ha amata, quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile. Negli anni a venire, il ricordo della sua opera sarebbe via via sbiadito, fino a scomparire dietro la celebre e ingombrante figura di Robert Capa. A 80 anni dalla morte di Gerda, con un libro belle e appassionato pubblicato da Guanda, la scrittrice Helena Janeczek racconta in “La ragazza con la Leica” una storia dimenticata, che è l’affresco di una generazione.

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