Questa è una delle esercitazioni svolte dalle studentesse e dagli studenti che stanno frequentando il Laboratorio di giornalismo, tenuto dal Professore Maurizio Boldrini. Sono da considerarsi, per l’appunto, come esercitazioni e non come veri articoli.
di Frati Francesco
Da sempre, si sa, il ruolo del giornalista è oggetto di rappresentazioni divertenti da parte di televisione e cinema, che non perdono mai occasione per “marcare il territorio” tramite programmi ma soprattutto film che ne danno un’immagine ironica e divertita. Proprio questo avviene nel film “Omicidio all’italiana”, prodotto nel 2017 grazie alla regia di Maccio Capatonda e che nel cast comprende il nome della famosissima attrice e conduttrice televisiva Sabrina Ferilli.
La pellicola è girata a Corvara, un piccolo paese arroccato nella provincia di Perugia, che viene chiamato Acitrullo, e in cui una ricca vedova muore strozzata durante una cena. Il sindaco Piero Peluria (interpretato da Maccio Capatonda) fiuta l’occasione per far sì che di quel borgo sconosciuto, e da cui tutti vogliono andare via, si parli su tutte le principali trasmissioni televisive: trasforma l’incidente in un caso di omicidio irrisolto.
All’interno delle scene Capatonda si muove con disinvoltura, scrivendo una storia che mette in risalto la disperata ricerca dello scoop da parte dei giornalisti, che non appena arrivano sul luogo dell’omicidio hanno come primo pensiero quello di rendere il tutto il più scenografico possibile.
Il film rispetta anche i canoni di un mondo figlio del ventennio televisivo, di cui appunto Capatonda è l’esponente principale, un mondo che va alla ricerca di volgarità e pochezza artistica. Su questi pilastri viene costruita una trama senza sbavature, composta da giochi lessicali e ilarità volta a significare l’irrisione del potere. Quel potere, televisivo, che secondo Maccio ha causato una regressione culturale clamorosa, a causa di gesti ed azioni diventati “di massa” ripetuti senza senso né nesso.
Nel personaggio interpretato da Sabrina Ferilli, vi sono quelli che sono definibili come i cavali di battaglia del regista in questa sua guerra ideologica. Si rende protagonista delle frasi più celebri del film, “una volta che passa dentro quella scatola, tutto diventa puro intrattenimento, e la verità non conta più niente” dice la giornalista al poliziotto che insegue più una poltrona in tv che il colpevole. Oppure, “Scappiamo! I giornalisti stanno venendo ad arrestarci!”. È proprio qua il senso del film: viene descritta l’abitudine di un paese a credere più alla televisione che alla realtà, è più importante lo show del mondo pratico.
La sceneggiatura è la tipica di un paesaggio dimenticato, lo lasciano intendere i personaggi che compaiono nel film, tutti di età avanzata. I dialoghi sono carichi di ironia, il che rende necessario la totale attenzione per essere sempre sul filo.
Non fanno eccezione la musica, coerente con il contesto, e la fotografia, anch’essa ben amalgamata in un ambiente di questo tipo. Entrambe hanno una finalità comica, volta a divertire chi guarda.
Tutte caratteristiche che rendono la visione del film consigliata ad un pubblico giovane, ma non troppo, onde evitare di non coglierne le battute. Raccomandato per una serata da chiudere divertendosi con gli amici, non se avete appena terminato una cena romantica con l’amore della vostra vita.