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Un originale viaggio nel vissuto universitario dei fuorisede

Studiare altrove è una condizione di crescita e di maturazione. Nell’incontro al Rettorato dell’Università di Siena un dibattuto sulle esperienze fondamentali che connaturano la vita dei fuorisede. L’intervista al professor Michele Pellegrini.

Un originale viaggio nel vissuto universitario dei fuorisede
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27 Settembre 2024 - 10.52


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di Agostino Forgione

“Fuori sede: il viaggio nel vissuto universitario”: è questo il tema della coinvolgente riflessione che si è tenuta ieri, 26 settembre. Coinvolti, nel confronto, docenti e studenti, inclusi quelli della casa di reclusione di Ranza. “L’altrove come condizione necessaria per conoscere”: questo il leitmotiv di tutti gli interventi dell’incontro. Referente e moderatore di questa originale iniziativa è stato il professor Michele Pellegrini. Arrivare, ri-partire, ricercare, tramandare e sfuggire: quattro momenti chiave del percorso universitario, affrontati con riflessioni e letture. Abbiamo rivolto al professor Michele Pellegrini alcune domande sugli argomenti trattati.

D: Crede che chi studia da fuori sede abbia un’opportunità in più rispetto a chi lo fa rimanendo a casa? Essere fuori sede può essere considerato un privilegio?

R: Essere fuori sede è anche un onere, ha dei costi. Tuttavia, credo che vivere in un contesto diverso, aperto all’incontro con una realtà nuova, sia una parte essenziale dell’esperienza universitaria. Fare l’università è stato questo negli ultimi mille anni e lo è ancora oggi. I modi e le forme cambiano nel tempo, ma rimane l’idea che l’università sia un aprirsi a un contesto diverso, a una disponibilità all’incontro. Il confronto con un’altra realtà che la mobilità inevitabilmente comporta è non solo una ricchezza ma anche un elemento sostanziale per la formazione, che non è soltanto acquisire un titolo e imparare delle nozioni.

D: Arginare l’esodo dei nostri cervelli è uno dei punti chiave delle politiche universitarie. I dati dimostrano ne esista sia una interna che esterna al nostro Paese. Secondo lei più che combattere la “fuga” non sarebbe meglio incentivare una “mobilità” di cervelli?

R: Quello dei cervelli in fuga è il risultato dell’inefficienza del nostro Paese nel valorizzare le competenze formate nei nostri percorsi universitari, questo è certamente un aspetto su cui bisogna migliorare. L’alta formazione e la ricerca, tuttavia, comportano necessariamente tale mobilità. È necessario quindi importare ed esportare delle competenze, mischiarle, trovare le occasioni per farle incontrare. Anche per restituire al nostro sistema pubblico, a fronte di tutti gli investimenti fatti, una parte di quanto ricevuto. Dunque, non solo combattere la fuga di cervelli, ma garantire la possibilità di questi scambi, inserirsi in un sistema virtuoso che tuteli il diritto e il dovere alla mobilità.

D: Un tema ricorrente, verso cui anche l’università di Siena ha dimostrato particolare interesse, è quello dell’ansia da competizione che molti studenti e ricercatori vivono. Cosa pensa al riguardo, qual è il confine tra una sana e una malsana competizione?

R: Credo che il percorso universitario generi queste tensioni in termini di competitività quando si funzionalizza l’esperienza solo al conseguimento di un successo, di un obiettivo professionale su cui si punta tutto. L’incontro di stasera pensa l’università proprio come un qualcosa che coinvolge più integralmente la persona, che aiuta la maturazione, la crescita culturale, umana e spirituale. Solo attraverso tale crescita, percepita nella sua interezza, è possibile stemperare ansie e tensioni. Certamente c’è un processo di selezione e valutazione che a volte comporta dover metabolizzare delle sconfitte ma, ancora una volta, la mobilità nazionale e internazionale aumenta le possibilità offerte. Bisogna, dunque, anche avere cura della circolazione delle persone all’interno di tali reti.

D: È innegabile che non tutti gli ambienti sociali offrano pari opportunità di studio. Cosa fa l’Università di Siena per venire incontro alle fasce più deboli, offrendo loro opportunità di crescita?

R: Parlare di mobilità studentesca e di studenti fuorisede ci impone sempre seri confronti su quanto facciamo. Si tratta di garantire l’assorbimento del diritto costituzionale al pieno accesso allo studio. Per noi è un tema fondamentale, che coinvolge gli enti locali, le istituzioni, l’Ateneo e la città che ci ospita. Ci sono poi altri contesti, tant’è che stasera abbiamo invitato degli studenti del Polo carcerario. Lo studio è un’occasione per andare oltre le loro condizioni, superare un limite. Le potenzialità dell’esperienza universitaria, anche in questo caso, sono molte e ricche, sta a noi valorizzarle al meglio.

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