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A Bergamo Marina Abramović diventa Maria Callas

L'artista ha inaugurato la nuova mostra intitolata “Between Breath and Fire”. Inoltre, l'artista rende omaggio alla celebre cantante con l'installazione cinematografica "Seven deaths".

A Bergamo Marina Abramović diventa Maria Callas
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15 Settembre 2024 - 16.04


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Il Gres Art 671, nuovo centro per l’arte contemporanea inaugurato a Bergamo lo scorso novembre, apre le porte alla mostra Between Breath and Fire, che ha come fulcro l’installazione filmica Seven Deaths di Marina Abramović . In quest’opera, l’artista si trasforma in una sorta di alter ego della celebre soprano Maria Callas, rendendo omaggio al suo genio e alla sua travagliata esistenza.

Abramović racconta che il suo amore per la Callas è nato durante l’adolescenza, ricordando di aver sentito per la prima volta la voce della Divina nella cucina della nonna a Belgrado e di essersi commossa per la sua potenza emotiva.

“Non capivo le parole – ricorda – ma fu come una scarica elettrica che attraversava il mio corpo. Iniziai a piangere senza controllo”. Da quel momento, l’artista è stata profondamente ispirata dalla potenza emotiva della cantante, che si riflette ora nella sua installazione dedicata alle sette eroine tragiche interpretate dalla Callas.

“Non capivo le parole – era in italiano e ricordo di essermi alzata in piedi sentendo una scarica elettrica lungo tutto il corpo e un’incredibile emozione attraversarmi. Iniziai a piangere senza riuscire a controllarmi; fu una tale emozione da non poterlo mai dimenticare” spiega la nativa di Belgrado.

Un’emozione che Abramovic fa rivivere in un’installazione filmica dove interpreta sette eroine dalla fine tragica interpretate dalla Callas e accompagnate dai suoi assoli. 

“Era così forte sul palco – dice l’artista – ma così infelice nella vita. E morì davvero per amore. Una volta anche io fui così innamorata da non riuscire a mangiare, a dormire, a pensare ma poi – rivela – il mio lavoro mi salvò”.

In mostra, accanto all’installazione video, ci sono anche 30 lavori storici e recenti, divisi nelle sezioni “Breath”, “body”, “the other” e “death”, tra cui il paesaggio sonoro “Tree”, presentato per la prima volta al SKC Cultural Centre di Belgrado nel 1972, in cui la diffusione tra gli alberi di un canto di uccelli sfuma i confini tra naturale e artificiale, tra realtà e finzione, tra mortalità e trascendenza.

“Questa mostra è unica – conclude Abramovic – perché integra non solo il mio lavoro performativo, ma anche le mie ultime ricerche sull’uso di nuovi materiali e formati diversi, come nella mia più recente opera Seven Deaths, un’opera lirica che ho creato e successivamente trasformato in un’installazione video”.

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