Marina Abramović: una vita di muri da attraversare e opere al limite delle capacità umane | Culture
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Marina Abramović: una vita di muri da attraversare e opere al limite delle capacità umane

L'artista serba in occasione dell'evento al MAXXI di Roma ha raccontato vecchi e nuovi progetti artistici: da ''Rhythm 0'' a ''7 Deaths of Maria Callas''

Marina Abramović: una vita di muri da attraversare e opere al limite delle capacità umane
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18 Luglio 2021 - 13.59


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Marina Abramovic, durante la conversazione avvenuta con il direttore artistico del museo Hou Hanru al MAXXI di Roma, ha rivolto le sue parole ai giovani artisti dicendo di non preoccuparsi delle opinioni altrui e di seguire il proprio cuore .”Fatevi sorprendere dal mondo e trovate muri da attraversare “

L’artista è salita sul palco del museo per raccontare sé stessa ed il suo lavoro ad un grande pubblico composto soprattutto da giovani per l’evento organizzato in occasione della mostra “Più grande di me. Voci eroiche dalla ex-Jugoslavia”. Allestita fino al 12 settembre la mostra presenta la sua celebre opera “Rhythm 0” del 1974. “L’arte deve essere ossigeno per la società, deve porre le giuste domande, non essere un bene di consumo. Abbiamo tutti delle responsabilità, ora è tempo di agire”, ha detto l’artista, dopo essere stata introdotta in scena dalla presidente della Fondazione MAXXI, Giovanna Melandri. Poi ha continuato:” Ognuno ha la propria storia e più si va in profondità dentro sé stessi e più arriva il messaggio. Per produrre cambiamenti dentro le persone c’è bisogno di grandi tragedie. La pandemia è stata una catastrofe che ha colpito tutti e ha prodotto un impatto forte a livello di coscienza del pianeta. Abbiamo compreso quanto siamo fragili e mortali e quanto siamo incapaci di resistere alla sofferenza”. 

Tanti sono stati i temi affrontati durante la scorsa serata, a partire dal rapporto che l’artista serba ha avuto e continua ad avere con il nostro Paese, a tal proposito infatti ha affermato:” Conosciuto a 14 anni con mia madre che mi ha portato a Venezia: io che venivo dal comunismo, di fronte a tanta bellezza mi sono messa a piangere”. 

Nel 2023, Marina Abramovic, presenterà la mostra personale “After Life” alla Royal Academy e sarà la prima artista donna nei 250 anni di storia dell’Istituzione a occupare l’intero spazio della galleria con il suo lavoro. “Ma l’Italia è stata fondamentale anche per dare slancio alla mia carriera: a Milano ho fatto la mia prima mostra internazionale. Ero così arrabbiata per il modo in cui la performance era recepita, come se fosse qualcosa di stupido e ridicolo, soprattutto nel mio Paese. Volevo dimostrare che era altro e, dopo 50 anni nella performance art, ora posso dire anche io quello che affermava Gandhi: prima mi hanno ignorato, poi mi hanno deriso, poi mi hanno combattuto ma alla fine ho vinto”.   

Anche l’opera “Rhythm 0” è strettamente collegata all’Italia e resta tutt’ora una delle sue performance più estreme. Venne presentata a Napoli per la prima volta nel 1974, nello Studio Morra: “Con quella performance ho capito che il pubblico può ucciderti. All’epoca ero molto radicale, pronta addirittura a morire”, ha spiegato l’artista premiata con il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1997. “Il concept di Rhythm 0 era semplice: non dovevo fare niente, solo essere presente nello spazio. Avevo scritto su un foglio che ero un oggetto e volevo vedere fino a che punto si sarebbe spinto il pubblico in un tempo di 6 ore. Su un tavolo c’erano 72 oggetti, di piacere e di dolore: una rosa, una piuma, un pezzo di pane accanto a coltelli, catene, forbici e una pistola con un proiettile. A poco a poco c’è stata una escalation di eventi, fino ad arrivare ad atteggiamenti aggressivi e intimidatori. Io non dovevo reagire, ero concentrata al 100%: ero diventata la proiezione di 3 immagini, madre, Madonna e prostituta. Di notte, quando la performance è finita, tutti scapparono via senza avere il coraggio di guardarmi negli occhi”. 

Ciò che da subito ha reso particolare il lavoro di Marina Abramović, è il suo interesse ed il suo studio verso la capacità di superare i propri limiti fisici, i quali non smette di sperimentare neanche adesso. L’ultimo lavoro dell’artista, “7 Deaths of Maria Callas”, dedicato alla grande cantante, presto sarà in tournée e a maggio sarà presentato al San Carlo di Napoli, del quale ha presentato un breve estratto. “Non amo lavorare nello studio, le idee vengono dalla vita. Per conoscere i miei limiti fisici, concentrarmi e meditare ho viaggiato tanto” ha proseguito. “Mi piacciono luoghi senza elettricità e senza coca cola: per questo sono andata dagli aborigeni australiani e ho studiato la cultura tibetana. Nella performance l’arte è immateriale, non si appende al muro: ha a che vedere con l’esperienza, con uno scambio di energia”.  

Ora l‘impegno della Abramovic è soprattutto rivolto ai giovani, con l’attività del MAI (Marina Abramović Institute). “Il mio lavoro è il pubblico stesso, l’Istituto nasce per preservare l’arte performativa e insegnare ai giovani artisti come realizzarla”, ha affermato.  

C.A

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