Gli scimpanzé Flo, David Greybeard e Fifi furono tra i primi compagni di osservazione di Jane Goodall, la scienziata che con i suoi studi ha incrinato la barriera simbolica tra uomo e animale. Documentando comportamenti fino ad allora ritenuti unici della specie umana – l’uso di strumenti, la caccia organizzata, le relazioni sociali complesse – Goodall ha cambiato per sempre il modo di guardare alla natura.
Nata a Hampstead nel 1934 da una madre romanziera e un padre ingegnere appassionato di auto da corsa, la sua vocazione per gli animali iniziò già da bambina, osservando i cani di famiglia e intuendone personalità ed emozioni. Lei stessa ricordava come i cani, e non le scimmie, furono i suoi primi maestri: da loro imparò l’arte dell’osservazione e l’importanza del legame di fiducia.
A soli 23 anni, giunta in Africa da segretaria spinta dall’amore per la natura, fu incoraggiata dal paleoantropologo Louis Leakey a dedicarsi agli studi sugli scimpanzé del Gombe Stream National Park in Tanzania. Fu lì che iniziò una ricerca destinata a rivoluzionare la primatologia, raccontata al mondo attraverso le fotografie di Hugo van Lawick, il fotografo olandese che divenne suo marito.
Autrice di 32 libri, di cui 15 per bambini, Goodall ha portato avanti la sua missione anche fuori dal campo: fondò il Jane Goodall Institute, attivo in 19 Paesi, e il programma educativo Roots and Shoots, che coinvolge giovani in oltre cento nazioni nella tutela dell’ambiente.
Negli ultimi decenni la sua vita è stata un continuo viaggio: nel 2022 raccontava al Times di non aver mai dormito nello stesso letto per più di tre notti di seguito dal 1986. Oggi il mondo saluta l’instancabile etologa, scomparsa a 91 anni in California durante un ciclo di conferenze: una vita interamente spesa a insegnarci che gli animali, come noi, hanno emozioni, legami e dignità.