Il mondo della musica italiana piange oggi la scomparsa di Ornella Vanoni. Con lei se ne va una delle voci più eleganti, autentiche e complesse della canzone leggera italiana, ma anche una figura dal cuore tormentato, dalle passioni intense e da una vita privata che sembra quasi un romanzo. Nata a Milano il 22 settembre 1934 da una famiglia di imprenditori farmaceutici, visse un’infanzia abbastanza agiata. Studiò dalle suore Orsoline, per poi continuare gli studi in prestigiosi collegi svizzeri, francesi e inglesi. Durante la prima adolescenza sognava di diventare estetista, desiderosa di prendersi cura di sé stessa e degli altri, ma il destino l’avrebbe portata altrove.
Ma non poteva restare troppo lontano dalla sua città e nel 1953 era già a Milano dove si iscrisse all’Accademia d’arte drammatica del Piccolo Teatro, guidato da Giorgio Strehler. Il regista diventerà il suo mentore e il suo primo grande amore. Ornella lo venerava e la loro relazione intensa viveva di luci ed ombre. Vannoni, in diverse interviste, ha raccontato di momenti molto complicati e che per restargli accanto aveva dovuto accettare, per qualche tempo, anche di condividere la dipendenza da cocaina.
Grazie al Piccolo Teatro che Ornella iniziò a farsi conoscere, non solo come attrice ma anche come interprete di testi legati al “teatro civile”. Era il periodo anche delle cosiddette “canzoni della mala”, ballate ispirate al mondo popolare milanese. Grazie ad autori come Dario Fo, Fausto Amodei e Fiorenzo Carpi, cantava, o meglio interpretava, con quello stile unico che divenne il suo marchio di fabbrica, storie di criminalità, di periferia, di vite marginali. In tal modo, la sua voce sensuale, profonda e mai banale divenne simbolo non solo di eleganza, ma anche di un’Italia di quegli anni, più nascosta ma vitale e nello stesso tempo più complessa.
Certo che Gino Paoli, fra tutti i suoi amori, resta il più celebre anche per la musica che il loro rapporto fece scaturire. Si era appena sposata con Lucio Ardenzi, impresario di teatro, quando conobbe il cantautore genovese. Anche se dal matrimonio con Ardenzi sarebbe nato un figlio, Cristiano, nel 1962, la loro unione sarebbe stata breve perché la storia con Paoli era troppo intensa. Ornella aveva incontrato Paoli alla Ricordi e poco dopo, nel 1961, il cantautore scriveva l’iconica Senza fine, canzone ispirata e modellata su Ornella Vanoni: lui si sarebbe innamorato non solo di lei, ma delle sue mani. “mani grandi, mani senza fine”, simbolo di quell’amore che non voleva e non poteva finire.
Anche Che cosa c’è nacque dallo stesso rapporto tormentato costruito su percorsi di lunghe conversazioni, di litigi, di passioni esplosive: “Con Gino era urgenza”, ricordò lei. Dalla loro unione artistica e sentimentale nacquero non solo canzoni, ma un legame che sopravvisse anche dopo la fine della storia: negli anni ’80 e ’90 tornarono a esibirsi insieme, e nel 1985 pubblicarono un album live intitolato Insieme.
Eppoi nella sua vita c’era Milano. La metropoli lombarda non è stata solo il luogo della sua nascita e della sua morte. La città ha accompagnato tutta la sua identità artistica: il Piccolo Teatro, le canzoni della mala, la vita metropolitana. Era una milanese profondamente radicata, ma capace di raccontare anche il lato oscuro e poetico della sua città. Milano era il palcoscenico della sua formazione, la città in cui costruiva i suoi sogni, le sue sfide e i suoi amori. La sua voce è diventata parte anche dell’anima della metropoli: elegante, sofisticata, ma a tratti ruvida come le sue ballate sulla mala.
Nel 2025 ha ricevuto una laurea honoris causa dall’Università di Milano per il suo contributo alla musica e alla cultura. Negli ultimi era diventata filosofa di vita e non aveva paura di parlare della vecchiaia e della morte. In un’intervista aveva detto di non temere la fine: voleva vivere finché potesse dare qualcosa alla vita. E lo ha fatto.
