“La vicina perfetta”: una tragedia raccontata senza retorica

La storia di Ajike Owens raccontata dalla regista Geeta Gandbhir, in un film che ricostruisce le liti e i continui dispetti di una vicina bianca, fino al tragico epilogo

“La vicina perfetta”: una tragedia raccontata senza retorica
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27 Ottobre 2025 - 15.01


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“Viviamo in un momento in cui razzismo, odio e senso di superiorità stanno prendendo il sopravvento”, sospira Pamela Owens, madre di Ajike, durante la promozione di The Perfect Neighbor – La vicina perfetta, documentario firmato dalla regista Geeta Gandbhir, che ricostruisce l’assurda vicenda successa a Ocala, Florida, nel giugno del 2023.

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Susan Lorincz, donna bianca di 58 anni, viveva da sola in un piccolo appartamento affacciato su un giardino, in un quartiere di casette popolari. “Sono in casa mia, non disturbo nessuno: sono la vicina perfetta”, diceva durante una delle tante chiamate al 911, lamentandosi dei bambini del vicinato che giocavano davanti alla sua finestra. Da due anni le sue liti e i continui dispetti con i vicini, perlopiù neri, avvelenavano la vita del cul-de-sac in cui abitava. In un’America dove la legittima difesa è spesso interpretata con indulgenza, bastava poco perché la situazione degenerasse.

La sera in cui tutto accadde, Lorincz aveva sequestrato l’iPad del figlio decenne di Ajike Owens. Quando la madre e il bambino andarono a bussare alla sua casa per riaverlo, la donna non aprì: sparò attraverso la porta chiusa, uccidendo la vicina di 34 anni davanti al figlio. Nonostante i ripetuti insulti razzisti rivolti ai bambini e le chiamate precedenti alla polizia per episodi minimi, ci vollero cinque giorni prima che Lorincz venisse arrestata. Condannata a 25 anni di carcere, ha sempre sostenuto di aver sparato temendo per la propria incolumità.

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Il documentario di Gandbhir, premiato al Sundance e disponibile su Netflix, racconta la vicenda senza retorica: le riprese delle bodycam degli agenti, le dash cam delle auto di pattuglia, i video di sorveglianza e gli audio delle chiamate al 911. “Abbiamo recuperato quasi trenta ore di registrazioni grazie al Freedom of Information Act”, ha spiegato la regista in conferenza stampa. “Pensavamo di usarle per aiutare la famiglia Owens in tribunale, poi mi sono resa conto che lì dentro c’era una storia molto più grande: serviva un film.”

Due volte premio Emmy per il montaggio di When the Levees Broke: A Requiem in Four Acts e By the People: The Election of Barack Obama, Gandbhir ribalta l’uso tradizionale delle bodycam, solitamente impiegate per criminalizzare le comunità nere. Qui, invece, danno voce alla vittima, ai suoi familiari e a una comunità solidale, fatta di madri che si sostengono e di bambini che condividono spazi e tempo.

La vicina perfetta è anche una denuncia diretta all’abuso della Stand Your Ground law, in vigore in 38 Stati americani, che consente l’uso delle armi quando ci si sente minacciati. Una legge che, nei fatti, ha generato gravi disparità razziali: i bianchi vengono assolti molto più spesso per legittima difesa, soprattutto quando la vittima è nera.

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“Dobbiamo imparare a convivere senza farci guidare dai pregiudizi o da un falso senso di diritto”, ricorda Pamela Owens.

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