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Sanremo, il meglio e il peggio della prima serata

Una serata musicalmente mediocre, salvo poche eccezioni

Sanremo, il meglio e il peggio della prima serata
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2 Febbraio 2022 - 09.05 Globalist.it


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di Lucia Mora

È ufficialmente iniziata la 72esima edizione del Festival di Sanremo. Vediamo il meglio e il peggio – musicalmente parlando e in ordine di apparizione – della serata.

IL MEGLIO

Yuman (Ora e qui). Posto che dopo Achille Lauro farebbe bella figura chiunque, Yuman fa il suo dovere: voce calda, canzone semplice e stile timido e composto. Poco incisivo (qui il coro che ha accompagnato Lauro avrebbe avuto più spazio e, soprattutto, più senso), ma comunque ottimo come esordio sanremese.

Gianni Morandi (Apri tutte le porte). Avrei mai detto che la prima esibizione coinvolgente della serata sarebbe arrivata da Gianni Morandi? Direi di no. Una canzone che non è seria perché non vuole esserlo e va bene così. È pur sempre bello vedere un’icona della musica italiana che, dopo decenni di carriera, calca il palcoscenico con la sola intenzione di divertirsi. Una canzone che, immagino, sentiremo spesso anche dopo il Festival, complice lo zampino di Jovanotti.

Michele Bravi (Inverno dei fiori). Voce delicata, musica delicata, testo idem con patate. Michele Bravi si conferma perfetto per la kermesse. Non certo indimenticabile, ma almeno fa venire voglia di riascoltare il pezzo per fare più attenzione alle parole.

Mahmood e Blanco (Brividi). Avendo un debole per la voce di Mahmood, faccio fatica a trovare dei difetti. La sua è stata un’ottima interpretazione. Così ottima che io, al suo posto, avrei tranquillamente fatto a meno di Blanco. Lo scopo della sua presenza nel brano mi è del tutto ignoto, ma chissà che nel corso del Festival non riesca a convincermi anche lui.

Giusy Ferreri (Miele). Non mi è mai piaciuta la voce di Giusy Ferreri e devo dire che questa performance non cambia granché lo stato delle cose. È però forse l’artista che ha “osato” di più – uscendo dalla comfort zone delle hit estive – e la canzone non è neanche così male. Apprezzabile.

Franco Battiato. Magari ci fosse il Maestro in gara. Magari. Purtroppo c’è stato solo un piccolo e misero omaggio, ma è comunque stato commovente ricordare uno dei più grandi geni che la musica italiana abbia conosciuto.

IL PEGGIO

Achille Lauro con Harlem Gospel Choir (Domenica). Mi domando perché continuare a dare un microfono in mano ad Achille Lauro. Non c’è dubbio che sia perfetto per provocare, ma musicalmente siamo alla desertificazione più totale. Incredibile come riesca a produrre ogni volta un brano identico a quello precedente, tutto ritornello e zero sostanza. Nulla di nuovo sotto il sole, appunto; spiace solo per il coro di New York per la perdita di tempo e, temo, di dignità.

Noemi (Ti amo non lo so dire). Un brano che non valorizza per niente la (splendida) voce di Noemi. Si sente che il testo è di Mahmood, artista più avvezzo a recitare le parole rapidamente rispetto a Noemi, come del resto dimostrerà più tardi con “Brividi”. Peccato.

La Rappresentante di Lista (Ciao ciao). Buon ritmo e bella voce. E fin qui. Mi domando però quanto di questa canzone sia originale e quanto invece sia eredità della cover dell’anno scorso, cioè di “Splendido splendente”, realizzata in compagnia della stessa Donatella Rettore (che peraltro quest’anno è in gara). Mah.

Massimo Ranieri (Lettera di là dal mare). Classica canzone da Massimo Ranieri. Dal Massimo Ranieri di una volta, però: quello che aveva ancora abbastanza voce per poter affrontare una canzone vocalmente ambiziosa come questa.

Ana Mena (Duecentomila ore). Perché aspettare giugno per avere l’hit estiva, quando la si può avere a febbraio sul palco dell’Ariston? Ne avremmo volentieri fatto a Mena.

Rkomi (Insuperabile). Non capisco questa mania di voler portare a Sanremo canzoni assolutamente dimenticabili, inutili ed evitabili. I filtri alla voce poi (usati senza alcun criterio) dovrebbero essere un crimine punibile con l’espulsione diretta.

Dargen D’Amico (Dove si balla). Vedi sopra. Oltretutto mi domando: erano veramente necessarie sei mani per scrivere: “Dove si balla, fottitene e balla”? Davvero?

Appuntamento a domani, nella speranza che la seconda serata dia qualche soddisfazione in più.

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