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Razzismo e antisemitismo non finiscono con la Giornata della Memoria: cosa leggere

Il 27 gennaio è passato, i problemi no: dieci titoli sulla Shoah e l’oggi per essere attrezzati, anche in modo critico, contro i crescenti assalti in Italia e in Europa

Razzismo e antisemitismo non finiscono con la Giornata della Memoria: cosa leggere
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30 Gennaio 2020 - 12.23


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Come i testimoni ancora vivi dell’Olocausto ribadiscono in ogni occasione, non dobbiamo ricordare soltanto nel Giorno della Memoria lo sterminio di sei milioni di ebrei (nei progetti nazisti dovevano essere eliminati tutti uno a uno dalla faccia della terra), di omosessuali, rom, oppositori politici, disabili. Lo dimostrano gli squallidi attacchi a simboli della cultura ebraica, alla Shoah, l’antisemitismo e il razzismo sdoganati da una certa destra estrema che prima lancia il sasso con parole “decise” e sprezzanti, poi puntualmente ritira la mano con proclami di innocenza dopo aver alzato ogni volta il livello dell’odio. A qualche giorno di distanza dal 27 gennaio vi proponiamo pertanto dieci libri che aiutino a riflettere e ricordare per attrezzarsi e agire nel presente, consapevoli che anche altri titoli valevano una citazione. Ricordiamo che diamo il prezzo intero.

Susan M. Papp, Emarginati (Giuntina, pp. 336, € 18, traduzione di Vittoria Dentella)
La produttrice, regista e autrice canadese narra dell’amore di Hedy Weisz, ebrea, e Tibor Schroeder, cristiano, ma l’amore tra ebrei e cristiani è vietato. Lei con la famiglia verrà prima portata nel ghetto di Nagyszollos, poi ad Auschwitz, quella di lui dovrà fuggire per salvarsi. Per lettori intorno agli undici anni.

Heather Dune Macadam, Le 999 donne di Auschwitz (pp. 384, € 9,90, Newton Compton)
L’autrice ha raccolto le testimonianze inedite e le interviste alle sopravvissute: «Il 25 marzo del 1942, circa un migliaio di donne ebree nubili lasciarono Poprad, in Slovacchia, per salire a bordo di un treno. Ignare di ciò che stava per accadere loro, piene di speranza e orgoglio patriottico, indossarono i vestiti migliori, confidando nel futuro. Erano entusiaste all’idea di aiutare il proprio Paese lavorando in fabbrica, come era stato loro annunciato. Invece vennero condotte ad Auschwitz».

Il diario di Renia 1939-1943 (Neri Pozza, pp. 392, € 19,00)
Il diario di una giovane polacca nata nel 1924: Renia viene separata dalla madre e dalla sorella, viene portata dai nonni nel ghetto di Przemys’l, evade grazie a un medico ebreo, un delatore anonimo la denuncia, viene assassinata a 18 anni dalla polizia nazista nel luglio del 1942.

Ginette Kolinka con Marion Ruggeri, Ritorno a Birkenau (Ponte alle Grazie, pp. 89, € 12,00)
Una delle ultime sopravvissute a Birkenau, Ginette Kolinka, oggi 95enne, non ha voluto parlarne per mezzo secolo. Poi ha raccontato la sua vicenda in questo libro scritto con Marion Ruggeri, va nelle scuole, nel lager dove fu imprigionata per spiegare ai ragazzi. Ginette fu portata ad Auschwitz con padre, fratello più piccolo e un nipote, si salvò solo lei. I nomi dei personaggi sono finti, le vicende vere.

Otto B Karus, Il maestro di Auschwitz (Newton Compton, pp. 208, € 9,90)
Lo scrittore praghese dette lezioni di nascosto a 500 bambini ebrei nel blocco 31 ad Auschwitz dove era stato deportato. Venire scoperti significava la morte.

Delphine Horvilleur, Riflessioni sulla questione antisemita (Einaudi, pp. XVI – 104, € 14,00)
L’autrice, rabbino francese del Movimento ebraico liberale di Francia, indaga come si è propagato e come l’antisemitismo e l’odio verso gli ebrei possono essere interpretati attraverso testi sacri (parte da Abramo), la tradizione rabbinica e le leggende ebraiche in una traduzione di Elena Loewenthal. Delphine Horvilleur afferma che l’antisemitismo è diverso da razzismo e xenofobia. Al riguardo ha scritto Susanna Nirenstein su Repubblica: «Il razzismo, argomenta, esprime avversione all’altro per ciò che questi non ha (lo stesso colore della pelle, la stessa cultura), il suo “non come me” si configura per il razzista come un “meno di me”, e di lì a considerarlo inferiore è un attimo. Per contro, suggerisce, l’ebreo è odiato per quel che ha: lo si accusa di possedere ciò che spetta a noi, potere, denaro, privilegi, e anche del suo contrario, di essere un rivoluzionario, di camuffarsi o di essere troppo appariscente»

Valentina Pisanty, I Guardiani della Memoria (Bompiani, pp. 256, € 13,00)
La studiosa, docente di semiologia all’università di Bergamo che ha già affrontato il negazionismo, nel suo saggio tocca un tema spinoso evidenziato dalla domanda nella scheda editoriale della casa editrice: «Negli ultimi vent’anni la Shoah è stata oggetto di intense e capillari attività commemorative in tutto il mondo occidentale. E nello stesso lasso di tempo il razzismo e l’intolleranza sono aumentati a dismisura proprio nei paesi in cui le politiche della memoria sono state promosse con maggior vigore. Si tratta di due fatti scollegati, due serie storiche indipendenti, oppure un collegamento c’è, ed è compito di una società desiderosa di contrastare l’attuale ondata xenofoba interrogarsi sulle ragioni di questa contraddizione? La constatazione da cui trae avvio questo libro è il fallimento delle politiche della memoria, fondate sull’equazione semplicistica Per Non Dimenticare = Mai Più».
Il saggio, ha scritto Furio Colombo sul Fatto Quotidiano del 27 gennaio, «richiede grande attenzione, e alcune obiezioni. Interrogarsi è urgente e indispensabile (…). Ma è urgente e indispensabile rendersi conto del ritorno del fascismo quasi dovunque in ciò che chiamiamo l’Occidente, dagli Stato Uniti all’Europa. Pisanty ci chiede un impegno che va molto al di là dell’attività (dannosa, secondo lei) dei Guardiani. Occorre contrapporre, insieme al ricordo di allora, la politica di adesso, che è ampiamente macchiata di fascismo».

Stefano Bottoni, Orban. Un despota in Europa (Salerno, pp. 304, € 19,00)
Ne ha scritto Federigo Argentieri sulla Lettura di domenica 19 gennaio in una recensione in cui accorpa un altro testo, a suo parere però con carenze e omissioni anche gravi: Uno spettro si aggira per l’Europa. Il mito del giudaismo giudaico di Paul Hanebrink (Einaudi, pp. 307, € 30,00). Dice in sintesi Argentieri sul libro di Bottoni: «Orban in Ungheria e i suoi colleghi sovranisti polacchi sostituiranno il bolscevismo di Bela Kun e Trotsky con il cosmopolitismo multietnico del finanziere George Soros, percepito come ugualmente dannoso nei confronti dell’identità nazionale per il suo appoggio alle frontiere aperte e all’immigrazione. Si tratta di una deriva inquietante, bene illustrata da Stefano Bottoni che trova riflessi anche nel nostro Paese dove Greta viene derisa e Soros qualificato con il significativo epiteto di “usuraio” ».

Esther Béjarano, La ragazza con la fisarmonica (edizioni Seb27, pp. 152, € 20,00, a cura di Antonella Romeo)
La musicista, a Paolo Valentino sul Corriere della Sera del 24 gennaio, ha detto: «Dopo il 1945 la Germania non ha fatto alcuna denazificazione. Ci fu silenzio. Non fu fatta luce sui criminali, solo dagli anni ’70 si è cominicato a parlare di Olocausto grazie a un film americano. E questa è la ragione per cui oggi ci sono tanti neonazisti in giro. L’antisemitismo è in aumento: attacchi, aggressioni. Per questo io faccio questo lavoro, canto e vado nelle scuole per raccontare cosa ho vissuto». La Seb27 riassume così la sua biografia: «Nata nel 1924 in Germania, in una famiglia di musicisti di origine ebraica. Deportata ad Auschwitz è messa a suonare nell’orchestra femminile del Lager. Trasferita al campo di Ravensbrück viene impiegata nella manovalanza coatta alla Siemens. Dopo la Liberazione emigra in Palestina. In Israele lavora come cantante e insegnante di musica. Nel 1960, in dissenso con la politica israeliana, decide di tornare in Germania con il marito Nissim e con i figli Edna e Joram. Ad Amburgo insieme ad altri ex perseguitati fonda l’Auschwitz Komitee Deutschland. Tuttora attiva come cantante con il gruppo Coincidence, creato dalla figlia Edna nel 1988, e più recentemente anche con il gruppo rap Microphone Mafia e il jazz accordionist Gianni Coscia. Il suo repertorio spazia da Brecht a Theodorakis, dai testi contemporanei di denuncia sociale ai canti yiddish tradizionali e della Resistenza».

Giulio Busi, La pietra nera del ricordo (Il Sole 24 Ore, pp. 288, € 14,90)
«La vera fine, l’ultima catastrofe, è l’assenza del ricordo». Lo scrive Giulio Busi, ebraista, docente alla Freie Universität di Berlino, che qui raccoglie una sessantina di articoli scritti per il quotidiano finanziario, per lo più per l’inserto di cultura Domenicale: «Non solo nel ricordo della Shoah. Persecuzione dei rom, degli omosessuali, dei disabili, degli oppositori politici. I testi spaziano dalla storia alla letteratura, dalla poesia alla musica e alle arti visive, e cercano di catturare la complessità e le contraddizioni di questo esercizio di scavo collettivo», riferisce l’editore. Oltre agli articoli giornastici il volume raccoglie altri contribuiti tra cui anche un testo di Silvana Greco su Liliana Segre.

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