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Dai persiani a Kennedy, le strategie (spesso sbagliate) della politica

Perché gli spartani perdevano sempre? Come prese le sue decisioni Kennedy? "Lezioni di strategia" di John Lewis Gaddis ripercorre le scelte del potere nei conflitti

Dai persiani a Kennedy, le strategie (spesso sbagliate) della politica
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15 Aprile 2019 - 16.55


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di Enzo Verrengia

Sembra ormai finita l’epoca dei grandi testi di saggistica, che si affiancano ai classici della letteratura nel comporre la geografia interiore su cui leggere le coordinate della storia contemporanea. Si pensi a I nuovi mandarini, di Noam Chomsky, indispensabile per comprendere l’apporto colpevole dato all’imperialismo americano da certa classe intellettuale.
Dove trovare oggi altrettanta lucidità analitica, esercitata su un arco temporale che travalica quell’orrenda creatura mediatica che è l’instant history, come l’aveva definita già nel 1985 Philip Howard sul Times? Come sottrarsi a un processo di imbonimento collettivo definito narrazione, con una sfumatura impropria di questo termine che appartiene di diritto alla letteratura e non al cronachismo d’accatto e alla politica pretestuosa?

Si provi con Lezioni di strategia, di John Lewis Gaddis (John Lewis Gaddis, Lezioni di strategia (Mondadori, tr. di A. Piccato, pp. 360, euro 22,00), appena giunto in libreria e contendere l’attenzione di lettori frastornati dall’offerta isterica di best seller e minimalismo generazionale.
L’autore è un accademico di razza, militante di un sistema formativo che persino nell’era digitale salva le migliori università americane dal rischio della parcellizzazione nozionistica e mantiene in vita un umanesimo 4.0. Peraltro, le sue sono tutt’altro che lezioni. Semmai, si tratta di un excursus nutrito e lineare sulla necessità, ad ogni latitudine, di tornare a discernere il filo che lega passato, presente e futuro, per una finalità che sostituisce alle promesse ultramondane delle religioni la concretezza di un equilibrio planetario, quando il famoso orologio dell’apocalisse ci dà a qualche minuto dalla mezzanotte.

Da Serse alla Guerra fredda
Gaddis parte dalle guerre persiane per giungere alla geopolitica della Guerra Fredda, che conosce una recrudescenza prevedibile ma a lungo esorcizzata da chi sperava in un mondo pacificato dalla caduta del Muro. Serse sconfitto dall’incapacità di gestire il suo stesso esercito, ateniesi che passano dalla democrazia all’espansione imperiale, spartani che si esercitano di continuo al combattimento ma sul campo perdono sempre, anche se da eroi, come alle Termopili. È tutto materiale che va ripescato dai meandri degli studi superiori, per rapportarlo al vicende in corso di svolgimento.
Allora sì che le Lezioni di strategia di Gaddis acquisiscono quel valore di classico della saggistica ritenuto ormai estinto. I concetti informatori della vittoria in battaglia si applicano anche alla vita individuale. E Gaddis li scevera da Ottaviano, Antonio, Agostino, Machiavelli, Lincoln e Kennedy, fra gli altri.

Dio, Cesare, la volpe e il riccio
Il legame inscindibile tra potere spirituale e istituzioni, tra Dio e Cesare, pone di continuo la necessità di una visione strategica che ruota intorno alla celebre distinzione fatta da Isaiah Berlin tra la volpe e il riccio. La prima ha una capacità di visione e azione duttile, che la predispone a improvvisare. Il secondo è fermo nella sua pretesa egocentrica. Atene e Sparta, ma anche altri avversari nel corso dei secoli. Il tutto dinanzi a una sintesi mirabile che Gaddis estrinseca all’inizio del libro: «La prova del nove di una buona teoria è data dalla sua capacità di spiegare il passato, perché soltanto in tal caso possiamo fidarci che sia in grado di dirci qualcosa sul futuro».

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