Tracce di memoria

La rubrica del giovedì di Culture Globalist

Tracce di memoria
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27 Gennaio 2022 - 15.07


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di Marcello Cecconi

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Mattoncino su mattoncino…i novant’anni della Lego

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C’era una volta Billund, un paesino di qualche migliaia di abitanti in Danimarca, e un falegname  che si chiamava Ole Kirk Christiansen che proprio lì, esattamente il 28 gennaio del 1932, dette inizio alla storia dei mattoncini Lego. Ma questa non è una favola! C’era una volta e c’è ancora e, non a caso, alcuni di questi mattoncini sono a far bella mostra di sé presso la collezione permanente di design al Moma di New York. 

Ole Kirk da anni fabbricava manualmente articoli da arredo insieme a giovani apprendisti ma un incendio e la depressione del Ventinove mise in discussione il lavoro della sua azienda. Lui però era uno di quegli uomini che la pensavano come Engels: “Un’oncia di azione vale quanto una tonnellata di teoria”, e di fronte a una penuria di clienti per suppellettili, tavoli da stiro e scale, concretizzo immediatamente l’idea di allargare la sua produzione a oggetti di legno in miniatura per far giocare i bambini: camion, automobili e salvadanai. 

Un rivenditore scoprì questi suoi prodotti di qualità e ne fiutò l’affare, ne ordinò una grandissima quantità che fece impegnare Ole e il figlio dodicenne, Gotfried, che intanto l’aveva affiancato nel laboratorio. Il suo cliente però fallì, e Ole, che aveva lavorato giorno e notte per rispettare la consegna di quest’ordine non si abbatté, prese il suo furgoncino e visitò tutti i negozi di giocattoli di mezza Danimarca a offrire i suoi lavori.

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Le cose cominciarono a funzionare e due anni dopo, nel 1934, cercò un nome per la sua azienda.  Pensò: “Devo cercare una parola breve che faccia percepire il concetto di ‘gioca bene’, ecco sì … Lego… da Let Godt”. Proprio come si dice ‘gioca bene’ in danese non pensando anche quanto fosse nome premonitore per i futuri mattoncini visto che, in latino, Lego ha anche il significato di “metto insieme”. 

Nel 1947 iniziò la storia dei mattoncini assemblabili in celluloide, poi modificati nel 1958 nella forma ancora utilizzata, con quegli accorgimenti che permettevano maggiori opzioni di collegamento e stabilità dei pezzi. Nello stesso anno, Ole Kirk Christiansen morì e suo figlio Godtfred ereditò la guida della società. Fondò una divisione interna per lo sviluppo del prodotto creativo e il miracolo esplose a livello mondiale con quel sistema di gioco “Lego System of Play” che permetteva ai bambini di corroborare immaginazione e creatività.

Non a caso nel 1964 nacque a Billund l’aeroporto che facilitò questa espansione accompagnata qualche anno dopo dal primo parco giochi tematico, il Legoland. L’idea diventerà una catena internazionale con parchi in molti paesi compreso l’Italia con l’acquisizione, di non molto tempo fa, di Gardaland. Un’altra importante tappa fu quella delle “minifigures”, con il mondo Lego, fino ad allora statico, che si popolò di personaggi che lo dinamizzavano mettendolo, come si dice, in “azione”. Tutto ciò favorì il futuro ingresso a pieno titolo fra le grandi aziende culturali transmediali e aiutò a far superare le varie crisi economiche e la volatilità dei “modi di giocare” messi in discussione dall’arrivo del digitale. 

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La cultura d’impresa aiuterà la Lego a trasformarsi continuamente tenendo distinta la produzione tradizionale da quella in co-branding con marchi come Star Wars, Marvel, Harry Potter e altri, ma riuscendo a unificarla in un unico guscio narrativo di base. Si oltrepassano così i confini della produzione materiale fino ad arrivare alla produzione di video giochi, serie animate come Lego Legends of Chima, film come The Lego Movie fino alle app di Lego Life.

Il social building toy app di “Lego Life”

Tutto questo e la presenza invasiva sui social aiuta a costruire una comunità che punta a valorizzare forme di fruizione/partecipazione. Si persuade l’utente/cliente più appassionato a proporre idee e progetti realizzati con mattoncini attraverso una logica di prove di gamefication. Se superate l’utente puo arrivare anche a vedere realizzati e commercializzati i propri progetti con qualche beneficio economico e, soprattutto, la gratificazione di sentirsi un Lego designer.

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