di Marcello Cecconi
Quando Henry Ford introdusse la “catena di montaggio” riducendo l’orario di lavoro
Per chi ha iniziato a lavorare negli anni Sessanta resta un ricordo indelebile: si facevano, nella settimana, 44 ore. Da poco il sindacato era riuscito a farne riduzione di 4. Si lavorava 8 ore tutti i giorni e al sabato, per fortuna, solo 4. Intorno alla riduzione dell’orario di lavoro e alla settimana corta c’era intenso dibattito nel movimento operaio e in particolare da sinistra dove si sosteneva la necessità della “giornata corta” al posto della “settimana corta”.
La prima soluzione appariva più in linea per ridurre la fatica e difendere la salute del lavoratore mentre la seconda rischiava di assecondare solo il modello consumistico che si poteva nutrire del maggior tempo libero degli operai stessi. In realtà, i lavoratori, nella quasi totalità, premevano per la settimana corta tanto che anche un sindacato come la Cgil, a metà degli anni Sessanta, dichiarava che “deve considerarsi matura la possibilità di realizzare passi decisivi verso la prospettiva di un orario generale di 40 ore”, puntando comunque ai cinque giorni lavorativi. Con i contratti di categoria dei primi anni Settanta l’obiettivo fu raggiunto.
Per questo la traccia di memoria di questa settimana, mi spinge all’ulteriore passo indietro.Erano i primi giorni del gennaio 1914 quando veniva presa, negli Usa, una decisione sull’orario di lavoro che è diventata storica. Era proprio lunedì 5 gennaio, quando la Ford Motor Company stabilì di ridurre la durata della giornata lavorativa da 10 a 8 ore raddoppiando, nel contempo, la paga a cinque dollari giornalieri.
Fu una svolta importante per l’industria e per il capitalismo americano proprio mentre la vecchia Europa era intenta a ordire alleanze: i venti di guerra già soffiavano in ogni direzione, minacciando la fine della Belle Epoque. Henry Ford aveva fondata l’azienda da appena un decennio e questa era già diventata un vanto a stelle e strisce e un marchio tra i più importanti al mondo. Iniziava l’era detta del “fordismo” che implicava scelte originali nei modelli di produzione.
Ford sceglie, infatti, la catena di montaggio come metodo di lavorazione all’interno della propria azienda, mettendo in pratica l’organizzazione scientifica del lavoro che Taylor, ingegnere meccanico, aveva da poco teorizzato: un sistema di produzione mirante al massimo ma con il minimo della fatica e del tempo. Una soluzione che domanda al lavoratore di non pensare a quello che deve realizzare ma concentrarsi solo sui gesti sempre uguali legati alla tappa del processo produttivo che gli è stata assegnata.
La catena di montaggio alla Ford nel 1914
Ma Ford andò oltre la teoria del taylorismo, si preoccupò anche delle vendite del prodotto, e per questo con il suo raddoppiare la paga e ridurre l’orario di lavoro ottenne che la stessa classe operaia, fino ad allora esclusa, potesse diventare consumatrice del bene da loro stessi prodotto. Non fu un caso che la famosa auto Ford Model T trasformasse quello che era stato sino a quel momento un lusso per ricchi, in un diritto per quasi tutti gli americani, dando inizio alla cosiddetta motorizzazione di massa. Insomma con una sola mossa, Henry Ford, si assicurò la possibilità che gli operai acquistassero un’auto e che avessero più tempo libero per usarla.
La Ford Model T
E in Italia? Avvenne la stessa cosa, ma molto più tardi, quando la Fiat di Vittorio Valletta presentò al Salone di Ginevra del 1955 la Fiat 600. Iniziava il boom economico e di conseguenza l’operazione auto per tutti che sarebbe stata completata due anni dopo con l’altra utilitaria, la Fiat 500.