La frusta musicale -22 dicembre - di Lucia Mora

L'appuntamento del mercoledì di Culture Globalist

La frusta musicale  -22 dicembre - di Lucia Mora
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22 Dicembre 2021 - 17.36


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di Lucia Mora

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Se vi dicessi di chiudere gli occhi e di dirmi il primo nome che vi viene in mente pensando a una band metal, quasi sicuramente mi direste “Metallica”. Per quale motivo? Ve lo dico io: perché i Metallica sono iconici. Hanno fatto la storia del metal e si sono meritatamente guadagnati un posto nell’immaginario collettivo, anche in quello di chi non ama il genere.

È giusto che sia così, i ‘Tallica sono monumentali e chi crede il contrario è gentilmente invitato a recuperare la loro esibizione a Mosca nel 1991. Se non tutto il concerto, quantomeno i 6 minuti di Enter Sandman: una distesa di persone da far tremare i polsi e un’energia devastante. Ogni tanto vengono inquadrati anche dei giovani in tenuta militare che, invece di provare a mantenere l’ordine come dovrebbero, hanno i capelli scompigliati e saltano di qua e di là, ipnotizzati dalla grancassa di Lars Ulrich. Di solito i soldati russi sanno essere molto più convincenti di me, quindi fidatevi di loro.

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Enter Sandman – i Metallica in concerto a Mosca 1991

Comunque, neanche i Metallica sono perfetti. Due grandi dischi li devo citare per forza, ma poi toccherà ammettere una piccola falla nel grande ingranaggio di Los Angeles.

Master of Puppets (1986)
Dopo Kill ‘Em All e Ride the Lightning, il thrash metal raggiunge il suo apice con Master of Puppets. È un album aggressivo, spietato e particolarmente inviperito. James Hetfield si scaglia contro la tossicodipendenza (nella stessa title track), contro la guerra (Disposable Heroes) e contro i predicatori che lucrano sulle paure della gente (Leper Messiah), fino al climax finale di Damage, Inc. che è pura violenza. In questo girone infernale, c’è solo una nota dolceamara: l’instrumental Orion composta da Cliff Burton, il bassista che poco dopo l’uscita del disco morì in un incidente. È una canzone talmente densa e potente che venne suonata al suo funerale. Capolavoro.

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…And Justice for All (1988)
Un disco ancora più politico del precedente, in cui i Metallica incanalano la consueta rabbia nel desiderio di “giustizia per tutti”, appunto. Nascono così nove brani progressive-thrash senza scrupoli, contro la corruzione politica (la title track), la guerra nucleare (Blackened) o la censura (Eye of the Beholder). Punta di diamante dell’opera è per me One, che racconta il tormento di un soldato tetraplegico che spera di morire. Non esattamente un tema facile, ma i ‘Tallica possono tutto. «Eravamo al massimo della forma», ha detto in merito l’allora bassista Jason Newsted. Come dargli torto.

St. Anger (2003)
C’è un motivo se St. Anger non è un disco indimenticabile e credo risieda nel dietro le quinte della storia del gruppo. Il sopracitato Newsted aveva appena abbandonato la nave in seguito ad alcuni dissapori con i colleghi e il frontman Hetfield aveva dovuto lasciare temporaneamente il timone per via di un percorso di riabilitazione dall’alcol. St. Anger è lo specchio del periodo più caotico e complesso affrontato dalla band: testi scontati, assenza di assoli (cosa inaudita fino a quel momento), la batteria di Ulrich è a dir poco trascurabile e l’esperienza di ascolto complessiva è abbastanza noiosa. Un disastro, soprattutto per chi ama le sonorità originali dei Metallica. Chi le ama, però, conosce anche i retroscena di questo disco e, dopotutto, perdonare un passo falso non è poi così difficile.

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