Sciopero!

Noterelle sulla storia dell’astensione dal lavoro come strumento di lotta e della nascita della solidarietà tra i lavoratori.

Sciopero!
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Gabriella Piccinni Modifica articolo

9 Dicembre 2021 - 16.11


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Forse Dionigi di Alicarnasso, uno storico di età augustea, alludeva a una sorta di sciopero quando, mentre le carestie erano ricorrenti e la fame feroce, raccontava della strategia messa in atto dalla plebe per sostenere le proprie rivendicazioni contro i patrizi. Un’astensione dal lavoro (siamo nel 492), racconta, si sarebbe verificata tra l’equinozio autunnale e il solstizio d’inverno, dunque nel periodo della semina, proprio quando il lavoro nei campi è più richiesto.

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Se questo potrebbe essere il primo “sciopero agricolo”, il primo “sciopero operaio” è stato probabilmente quello organizzato nel 1245 a Douai, un importante centro manifatturiero fiammingo, dove molti lavoratori tessili indipendenti trasformati in salariati erano in sofferenza e lamentavano di essere sottopagati. A Reims, tra il 1220 e il 1226, i sottoposti del tessile avevano cercato di dare vita a un’embrionale associazione di operai, prima di essere accusati di cospirazione da parte dei maestri artigiani. 

 Il primo sciopero operaio italiano, invece, si ebbe a Firenze nel 1345. Protagonisti furono anche qui i lavoratori del tessile, una delle principali fonti della ricchezza della città, che abbandonarono il lavoro dichiarando che non lo avrebbero ripreso fino a quando non fosse stato liberato il loro capo, lo scardassiere Ciuto Brandini, arrestato per aver convocato un’assemblea di lavoratori con il programma di dar vita ad una “fratellanza” e di creare una cassa sociale per finanziarla con una tassa di immatricolazione. Ciuto aveva tentato di organizzare i più umili tra coloro che lavoravano per l’arte delle Lana “affinché così potessero più fortemente resistere a tutto” e, nonostante per ottenerne la liberazione “incontinente veruno non lavorò”, ne finì “impiccato per la gola”. Il giudice che lo condannò (il diritto di associazione era negato ai lavoratori dipendenti, lo avevano solo i maestri, cioè gli artigiani e i datori di lavoro) non gli risparmiò le espressioni del proprio disprezzo. Anche a Tournai nel 1425 fu capo dei tessitori a guidare i suoi compagni a uno sciopero e poi a un’insurrezione armata per protesta contro l’ennesimo caso di mala giustizia all’interno della corporazione. In tutta Europa, a seguito di fatti come questi, la condanna fu netta e la giurisprudenza dell’epoca definì come un reato contrario al bene comune ogni forma di accordo o di alleanza tesa a aumentare la remunerazione del proprio lavoro.

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I primi scioperi urbani, come si vede, riguardarono soprattutto il settore economico più avanzato, che era appunto nel Medioevo quello della manifattura tessile.  Aveva perciò probabilmente ragione Marc Bloch quando affermava che la storia dello sciopero è inscindibile da quella delle origini della grande impresa capitalistica. 

Ma la storia delle origini dello sciopero operaio è legata anche alla nascita delle solidarietà di mestiere, alla volontà di un agire collettivo che si manifestava quando i lavoratori sceglievano di ‘fare corpo’: di unirsi cioè per organizzare il proprio lavoro, anche in forme ‘protosindacali’, come ha mostrato la vicenda dello scardassiere fiorentino che voleva fondare un’Arte dei più umili. Del resto si usa ancora dire che una persona incapace, in quanto isolata e dunque senza sostegni, “non ha né arte né parte”. Dove “arte” sta per mestiere, “parte” per l’appartenenza a uno schieramento, a un gruppo. 

Lo sciopero è stato, però, un’arma adottata da varie altre categorie di lavoratori e in vari contesti, non solo nel mondo dei sottoposti. Nell’Università di Parigi, per fare un esempio, nel 1253, quando nel corso di una vivace polemica che vedeva contrapposti professori laici e professori appartenenti agli ordini Mendicanti, i primi sospesero le loro attività per protesta, mentre i professori che erano fratres francescani continuarono regolarmente a fare lezione. All’inizio del Trecento, a Siena giudici e notai bloccarono i tribunali ricavandone, per ritorsione, la soppressione per una ventina di anni della loro organizzazione autonoma. 

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Nel 1382 fu il turno dei pastori che conducevano le greggi a minacciare di disertare i pascoli della Maremma per protesta contro le multe che subivano quando i loro bestiami producevano danni alle coltivazioni. I macellai torinesi e milanesi, infine, tra gli ultimi anni del XIV secolo e i primi del XV, ricorsero al blocco delle macellazioni (nel caso dei torinesi lo minacciarono per tre anni addirittura!) contro l’imposizione di un calmiere dei prezzi.

 

 

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