Porry-Pastorel a Roma: ecco come è nato il fotogiornalismo italiano

Tra Mussolini e Matteotti, una mostra con filmati d'archivio, documenti e scatti dall'Archivio storico Luce per ripercorrere attraverso le immagini la storia del '900.

Porry-Pastorel a Roma: ecco come è nato il fotogiornalismo italiano
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1 Luglio 2021 - 21.15


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Dal 2 luglio al 24 ottobre Roma ospita, presso il museo Braschi, la mostra “L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia” dedicata al fotoreporter Adolfo Porry-Pastorel. La mostra, a cura di Enrico Menduni, ripercorre e spiega come sia nata e si sia evoluta la notizia per immagini in Italia, tra gli anni ’10 fino agli anni ’40 del secolo scorso, attraverso i lavori di Porry-Pastorel, considerato il padre del fotogiornalismo italiano e il precursore dei paparazzi. La mostra è stata ideata e organizzata dall’Istituto Luce Cinecittà con Roma Culture ed è la prima mai realizzata sul fotografo. Sono esposti filmati d’archivio, documenti e oggetti personali, oltre 80 scatti provenienti dall’Archivio storico Luce, da l’Archivio Fotografico Storico del Museo di Roma, e gli archivi Farabola, Vania Colasanti, Fondazione Turati.Per maggiori informazioni su giorni, orari e biglietti consultare il sito: http://www.museodiroma.it/it/mostra-evento/adolfo-porry-pastorel-l-altro-sguardo-nascita-del-fotogiornalismo-italia
 
Porry-Pastorel, classe 1888, aveva intrapreso la carriera giornalistica nel 1906. I suoi articoli si distinguevano per l’arguzia della penna ma soprattutto per l’originalità delle sue foto. A soli vent’anni era infatti il fotogiornalista più in voga della capitale. Ottorino Raimondo, vicedirettore del Messaggero, notò il suo talento e lo ingaggiò come fotografo nel nuovo giornale “Vita” e successivamente ne “Il Giornale d’Italia”. Nel 1908 fondò l’agenzia Vedo: Visioni Editoriali Diffuse Ovunque, e così per Porry-Pastorel iniziò una lunga carriera nel mondo del fotogiornalismo che lo porterà a diventare il maggior testimone della vita romana e nazionale dagli anni ’10 sino al primo dopoguerra. 
I suoi lavori non erano mai foto ufficiali ma sempre spontanee, imprevedibili ed autentiche che catturavano i retroscena con la capacità di stare sempre “nel posto giusto al momento giusto” e dunque con un fiuto infallibile. Attraverso le sue fotografie raccontò il Paese in quegli anni difficili, catturando gli istanti di vita quotidiana dei cittadini, le nuove abitudini, i fatti di cronaca, i grandi personaggi con creatività, ironia, temerarietà. Con i suoi reportage abbracciò più generi: dalla politica all’attualità, dal costume allo sport, alla cultura e agli spettacoli. Durante la prima guerra mondiale, come inviato al fronte, Porry-Pastorel sperimentò l’uso innovativo della didascalia. Sui giornali comparvero così le prime foto accompagnate da una sintetica spiegazione dell’avvenimento. Memorabili gli scatti sui tragici scenari dei bombardamenti, sulla fine della guerra con l’entrata dei bersaglieri a Vittorio Veneto il 30 ottobre 1918, proprio nella città dove era nato.
 
Il fotogiornalista è conosciuto anche per essere stato il “fotografo di Mussolini”. Più volte ha immortalato il Duce in scatti anche di vita quotidiana e per questo tenuto sotto controllo dal regime che lo riteneva scomodo in quanto vero testimone del suo tempo e capace di fotografare il potere nella sua veste più ufficiale. Come il servizio che apparve sulla prima pagina del Giornale d’Italia il 12 aprile 1915, nel quale venne pubblicata una foto scattata da Porry-Pastorel che mostrava in esclusiva l’arresto di Benito Mussolini, durante il raduno interventista a favore dell’entrata in guerra dell’Italia. Una fotografia che il futuro duce non gli perdonò mai: «Sempre il solito fotografo!», così lo apostrofò sarcasticamente Mussolini in più occasioni; «Sempre il solito presidente del Consiglio!» fu spesso la replica ironica di Porry-Pastorel.
 
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