Energia giovanile e disperazione: dieci anni dopo la "primavera araba" è solo un ricordo

Dopo la fiammata sono tornati i regimi totalitari. I casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki in Egitto ne sono la dimostrazione più drammatica. In Tunisia almeno c'è il multipartitismo

Energia giovanile e disperazione: dieci anni dopo la "primavera araba" è solo un ricordo
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16 Dicembre 2020 - 19.20


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di Marcello Cecconi

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Sono trascorsi dieci anni da quando Mohamed Buoazizi, nel profondo interno della Tunisia, il 17 dicembre 2010 si trasformò in una torcia umana. Si dette fuoco perché esasperato dalle vessazioni di una polizia corrotta. Fu la scintilla per quella che sarà chiamata la Primavera Araba, un miscuglio di energie e disperazione giovanile, straordinariamente condivise in un progetto creativo e spontaneo, che dette origine a proteste e poi rivoluzioni che hanno coinvolto e sconvolto il Nordafrica e il Medio Oriente.

Dieci anni forse non sono ancora sufficienti per dare un significato definitivo al gesto eroico di Mohamed. Del resto per la precedente “primavera” politica simboleggiata anch’essa da una torcia umana, Jan Palach, ci sono voluti più di dieci anni per capire il vero senso del sacrificio del giovane cecoslovacco del Sessantotto praghese. E’ stato lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, più di vent’anni dopo, a dimostrare come il gesto di piazza Venceslao fosse stato una parte del meccanismo che ha impresso velocizzazione al processo che ha portato alla caduta della cortina di ferro.

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E proprio per questo, di certo, ci vorranno ancora anni per capire i veri effetti della Primavera Araba, la prima rivoluzione che si è strutturata spontaneamente sui social media grazie alla creatività condivisa dei giovani arabi. Una rivoluzione sbocciata sotto lo sguardo sorpreso e quasi incredulo degli europei che hanno sempre avuto difficoltà a guardare al continente al Sud senza appetiti smodati e occhi darwiniani.

Oggi a distanza di dieci anni in Tunisia si è instaurato un multipartitismo che ha portato il paese ad un regime che può essere considerato la prima vera democrazia del mondo arabo e che, comunque, non ha ancora risolto i problemi per i quali si è scesi in piazza nel 2011.
In Egitto nel 2012 i Fratelli Musulmani hanno vinto le elezioni e portato alla presidenza Mohammed Morsi, oggetto di ulteriore ondate di proteste che nel luglio del 2013 chiedevano l’intervento dell’esercito contro di lui. Dal 2014 il Paese è retto dall’ex generale Al Sisi, il quale nelle elezioni ha sempre ottenuto oltre il 90% dei consensi. Insomma poco è cambiato in generale nei due Paesi da cui è partita la primavera araba. In altre nazioni le manifestazioni hanno portato a delle guerre ancora in corso, in altre ancora ,invece, molte rivendicazioni non sono state ascoltate.

Una cosa sono i ricordi, come si vede, altra cosa è la realtà. In queste ore altre immagini scorrono sui nostri schermi: le drammatiche immagini e i sonori dell’assassinio di Giulio Regeni e le invocazioni di aiuto che ci invia Patrick Zaki e che sono inascoltate anche dai vertici dei paesi democratici tant’è che il presidente della Repubblica di Francia Macron si permette di conferire la legion d’Onore al presidente egiziano che queste colpe porta con sé.

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clicca qui per l’intervista sul tema a Giovanni Gozzini

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