Narodni dom: i fascisti iniziarono lì le persecuzioni degli sloveni

Il 13 luglio 1920 gli squadristi incendiarono la casa slovena a Trieste. L’atto di riconciliazione di Mattarella il presidente Pahor in una storia di sangue che include le foibe

Narodni dom: i fascisti iniziarono lì le persecuzioni degli sloveni
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13 Luglio 2020 - 14.53


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Narodni dom: quanti di noi, al di fuori da Trieste o dal Friuli Venezia Giulia, conoscono queste parole? O le conoscevano prima della giornata di oggi 13 luglio, prima che il presidente della Repubblica Sergio Matterella rendesse omaggio a questo luogo insieme al presidente sloveno Borut Bahor parallelamente al ricordo delle foibe, vittime italiane dei soldati di Tito? “Narodni dom” in sloveno significa Casa del popolo o Casa nazionale, era un edificio liberty costruito dal 1901 al 1904 su progetto di Max Fabiani. Il palazzo fu incendiato il 13 luglio 1920 dagli squadristi fascisti dopo una violenta campagna anti-slovena. Perché in quel palazzo nel centro storico di Trieste avevano sede associazioni commerciali e culturali slovene, un teatro, una banca, un albergo (l’hotel Balkan), un caffè e lo storico Rendo De Felice descrisse quel rogo “il vero battesimo dello squadrismo organizzato”. Fu l’inizio di sofferenze per la minoranza slovena, che dovette lasciare la città, non poteva parlare la sua lingua, chi aveva un libro in sloveno finiva in carcere, chi cantava rischiava, un testimone ricorda una bambina appesa a scuole per le trecce da un maestro perché aveva detto qualcosa in sloveno. Il fascismo represse con ferocia. Il tutto avveniva in una città che nell’impero austroungarico era stata città come diremmo oggi multietnica.

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Prima di Trieste, Mattarella e Pahor hanno deposto una corona corona davanti alla lastra di bronzo su uno dei pozzi dove i partigiani jugoslavi gettarono qualcosa come duecentomila “infoibati” italiani fra il 1943 e il 1945. Ma non facciamoci illusioni sulle gesta degli italiani, dei fascisti: il rogo del Narodni dom fu l’inizio di una repressione spietata che rivendicava la presunta supremazia italiana rispetto agli slavi, fu l’inizio delle persecuzioni contro sloveni e croati. I nazionalisti sloveni, riferiscono le cronache, oggi sono ancora accesi e minacciosi. Mattarella e Pahor compiono un gesto di riconciliazione storica ed umana, ma ai nazionalisti sloveni (specchio di quelli nostrani) “riconciliare” è un verbo indigesto, crescono sull’odio.

Sull’incendio, che provocò vittime, lo scrittore triestino di lingua slovena Boris Pahor ha scritto il racconto Il rogo nel porto nel libro eponimo. Pahor assistette di persona all’incendio del Narodni dom quando aveva sette anni: oggi ne ha 107.

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