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Morto Arrigo Levi, decano del giornalismo che emigrò per le leggi razziali

Aveva 94 anni. Diresse la Stampa, fu conduttore e commentatore molto seguito del Tg Rai. Ha scritto 26 libri. Laico, era vicino alla comunità ebraica

Morto Arrigo Levi, decano del giornalismo che emigrò per le leggi razziali
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24 Agosto 2020 - 12.32


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A 94 anni se n’è andato Arrigo Levi, tra i principali giornalisti italiani, un professionista che si considerava, ed era, cittadino del mondo. Con la famiglia nel 1942 dovette fuggire dall’Italia fino a Buenos Aires per le leggi razziali emanate dal fascismo contro gli ebrei e dove iniziò il mestiere e finì anche in prigione per aver manifestato contro Peron. Ha diretto la Stampa dal 1973 al 1978 (nel 1977 le Brigate rosse uccisero il suo vice Casalegno), dove inventò l’inserto “Tuttolibri”, è stato corrispondente dall’estero per testate come il Corriere della Sera e il Giorno (esordì per la Gazzetta di Modena da Gerusalemme). Tra i tanti incarichi, è stato consulente per le relazioni esterne della presidenza della Repubblica prima con Carlo Azeglio Ciampi e poi, fino al 2013, con Giorgio Napolitano. Laureato in filosofia, parlava quattro lingue.

Alla metà degli anni ’60 condusse il telegiornale della Rai diventando il primo giornalista professionista a raccontare le notizie dal piccolo schermo e un commentatore molto seguito del Tg tanto che lo imitava il re degli imitatori, Alighiero Noschese. È stato redattore a Londra per la Bbc, editorialista per il Times, è stato columnist per il settimanale statunitense Newsweek, ha lavorato a Canale 5 come responsabile del rotocalco “Tivù Tivù” negli anni ’80. Laico dichiarato, confessò che perfino “un laico miscredente come me, è tentato talvolta di rimettere piede in sinagoga”. Forte è stata la sua presenza nella comunità ebraica.

Arrigo Levi ha scritto 26 libri. Tra i titoli: Dialoghi sulla fede (2000), America Latina: memorie e ritorni (2004), Cinque discorsi fra due secoli (2004), Un paese non basta (2009), Da Livorno al Quirinale. Storia di un italiano (2010, su Carlo Azeglio Ciampi) (tutti editi da Il Mulino), e Gente, luoghi, vita (Aragno, 2013).

Il giornalista era nato a Modena nel 1926. Ricoverato per problemi della vecchiaia, in vista della fine era stato portato a casa. Le agenzie riportano che in ultimo ha cantato l’inno di Israele e una filastrocca modenese. I funerali si terranno in forma privata nella città natale nei prossimi giorni.

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