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Un’epidemia di complottisti? Difendiamoci con qualche libro da Defoe a Cipolla

Mentre gli attacchi pseudo-scientifici a virologi e medici impazzano, i saggi sulla stupidità, la peste nel '600 o le teorie complottarde sono un toccasana

Un’epidemia di complottisti? Difendiamoci con qualche libro da Defoe a Cipolla
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22 Aprile 2020 - 15.55


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di Marco Buttafuoco

In molti di noi, soprattutto se di parte progressista, dorme un Pangloss, il filosofo iper ottimista e stolido, immortalato nel Candide di Voltaire, secondo il quale tutto quello che accade di male nel mondo (guerre, carestie, pestilenze, dolore individuale, crudeltà umana) ha uno scopo rivolto a un bene, magari non individuabile nell’immediato, ma certo. Così anche ognuno di noi ha pensato, forse anche per poco tempo, che tutto sarebbe andato per il meglio e che saremmo usciti tutti più limpidi e lindi dalla sofferenza di questi giorni. Invece, si è già manifestata violenta, aggressiva e poderosa la risposta della canea anti scientifica.

I nomi sono sotto gli occhi di tutti, sulle nostre pagine dei social; sono i Massimo Mazzucco, i Diego Fusaro, i Stefano Montanari a sparare alzo zero contro i virologi e i medici, a ipotizzare complotti (Bill Gates ha scatenato l’epidemia per vendere un vaccino già progettato nei suoi laboratori; le librerie sono state riaperte per permettere la vendita dell’instant book di Roberto Burioni e via delirando). A peggiorare ulteriormente la situazione sono certe prese di posizione di politici anche di primo piano, anche in Italia, che attribuiscono la pandemia a un esperimento, tesi ovviamente non dimostrabile, sfuggito al controllo di un laboratorio cinese.

Naturalmente assunti simili sono circolati sempre. Ai tempi della prima guerra mondiale, l’epidemia spagnola, che poi spagnola non era, fu definita dai paesi belligeranti a seconda delle convenienze il morbo tedesco per i francesi, bolscevico per gli ucraini, brasiliano per i senegalesi etc. Il governo spagnolo chiuse le frontiere con il Portogallo individuando nel paese lusitano l’origine della pandemia, ma permise al tempo stesso gigantesche manifestazioni religiose che decimarono città come Zamora. In Spagna l’epidemia fu chiamata “Il soldato napoletano”, dal nome di un’operetta programmata a Madrid i cui spettatori furono falciati dal morbo. Nessuno voleva essere identificato con la malattia (che poi fu giustamente attribuita a un virus formatosi molto probabilmente negli USA).

Inutile farsi illusioni; i no vax, i no 5G, i difensori del metodo Stamina, i politici che ammiccano ai complottisti non sono un portato distorto della comunicazione di massa. Così scriveva Daniel Defoe nel suo Diario dell’anno della peste, bellissima cronaca dell’epidemia che devastò Londra nel 1655. “Ma per tornare al popolo, che dal proprio smarrimento era predisposto a essere suggestionato da qualsiasi sorta di ciarlatani, e da qualunque medicastro, non v’è dubbio che questa genia d’impostori ricavò grossi guadagni dai malcapitati; giacché si notava ogni giorno che le folle, le quali correvano loro dietro, erano infinitamente più grandi, e che le porte di costoro erano più affollate di quelle del dottor Brooks, del dottor Upton, del dottor Hodges, del dottor Berwick o d’altri, sebbene fossero gli uomini più famosi del tempo; e mi fu detto che alcuni di quegli imbroglioni guadagnavano, con le loro medicine, cinque sterline al giorno”.

Defoe istituiva già una distinzione fra medicina “ufficiale” e non, ma la distinzione netta fra i due campi, avvenne probabilmente solo nel ‘900, probabilmente dopo il disastro della spagnola, che portò nei decenni successivi alla nascita dell’Oms. La medicina accademica e quella parallela hanno sempre convissuto (e convivono) e anche nella grande pandemia non mancarono persone fantasiose che vendettero, bene, i rimedi più improbabili. Suona così datato questo passo tratto da Pandemie d’Italia del prof Guido Alfani (Egea 2010, ebook €11,99) in cui si parla di una voce che voleva la diffusione della spagnola come “obbedienza a un piano del governo Orlando finalizzato a ridurre le dimensioni della popolazione per risparmiare alimenti e altre risorse da inviare al fronte. In Sicilia, vari prefetti segnalarono una situazione di grave diffidenza nei confronti dell’autorità pubblica, che induceva molti a rinunciare all’assistenza medica nel sospetto che i farmaci prescritti servissero ad avvelenare, e non già a guarire, i contagiati. D’altra parte, le gravi incertezze riguardo all’identificazione della malattia (minavano) la fiducia della popolazione nelle prescrizioni della medicina ufficiale. L’oggettiva inefficacia dei farmaci disponibili induceva allora a prestare ascolto a ciarlatani o a farmacie e laboratori chimici con pochi scrupoli, che tappezzarono i giornali con annunci d’innumerevoli rimedi efficacissimi contro la malattia”.

Il problema è che siamo largamente indifesi contro queste “teorie”, soprattutto quelle complottarde ; come scrive  Tom Nichols nel suo imprescindibile La conoscenza e i suoi nemici  (Luiss, 2018, ebook € 9,99): “Le teorie del complotto e il ragionamento fallace su cui si basano … Diventano particolarmente seducenti in qualsiasi società che abbia subito un trauma epico, percepito in modo collettivo. Dopo l’evento, milioni di persone si trovano a cercare una risposta all’antica domanda del perché accadono cose brutte a persone buone. Questo è il motivo per cui le teorie del complotto hanno avuto picchi di popolarità dopo la Prima guerra mondiale, la Rivoluzione d’ottobre, l’assassinio di John F. Kennedy e gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, tra gli altri eventi storici”. Inutile obbiettare che un complotto non si può dimostrare: ti verrà sempre risposto che è questo è la conferma stessa della cospirazione, dal momento che i congiurati hanno ben nascosto le prove.

Probabilmente l’unica arma, forse più consolatoria che acuminata è la rilettura dell’immortale libello di Carlo Cipolla Le leggi fondamentali della stupidità umana (in Allegro ma non troppo”, il Mulino 1988, pagg 83 non disponibile in ebook) dove si dimostra con ironia somma che “in un paese in declino, la percentuale d’individui stupidi è sempre uguale a … Tuttavia, nella restante popolazione, si nota, specialmente tra gli individui al potere, un’allarmante proliferazione di banditi con un’alta percentuale di stupidità e, fra quelli non al potere, una ugualmente allarmante crescita del numero degli sprovveduti. Tale cambiamento nella composizione della popolazione dei non stupidi, rafforza inevitabilmente il potere distruttivo della frazione σ degli stupidi e porta il Paese alla rovina”. Il paese, ovviamente, va inteso oggi come il Globo.

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