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Andrea Cegna: «Racconto gli zapatisti contro il capitalismo neoliberale»

In un libro l’organizzatore di concerti e redattore radiofonico descrive il Messico del 2019. Qui parla del potere, dell’esperienza zapatista «simile ma diversa da quella dei curdi», di chi emigra

Andrea Cegna: «Racconto gli zapatisti contro il capitalismo neoliberale»
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23 Ottobre 2019 - 12.24


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Giordano Casiraghi

Un libro che vuole approfondire le dinamiche sociali e politiche del Messico del Presidente Andrés Manuel Lopez Obrador. Lo ho scritto Andrea Cegna, organizzatore di concerti, redattore di Radio Onda d’Urto, ma non è questo il suo primo libro. Nel tempo ha infatti già editato altri volumi tra cui Vent’anni di zapatismo e liberazione oltre a Strade strappate. Storia rappata dell’hip hop italiano. Con questo nuovo approfondimento attorno alla storia del Messico dal titolo Por la vida y la libertad (Agenzia X, 195 p., ill., € 15,00), Cegna offre una visione caleidoscopica del Messico di oggi e una tesi, ovvero che nulla come l’insurrezione zapatista e la firma di Nafta (l’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio, North American Free Trade Agreement), entrambi nel 1994, hanno determinato una radicale trasformazione del paese.
Il 2019 è un anno cruciale per capire i nuovi rapporti di forza che si stanno sviluppando tra il potere costituito e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale – EZLN, tra Obrador e tutte quelle voci fuori dal coro che non hanno alcuna intenzione di illudersi. In questi anni l’autore ha collezionato numerosi viaggi nel paese centroamericano; le opinioni qui raccolte rappresentano alcuni punti di vista critici, un insieme di riflessioni da diversi profili intellettuali, artistici e militanti che garantiscono al lettore una straordinaria immersione nella contemporaneità messicana.

Cegna, un argomento impegnativo, trattato con un libro. Perché questa storia merita di essere conosciuta?
Perché è esemplificativa, esempio di due mondi diversi che si contrappongono. Da una parte il sistema egemone e omologante del capitalismo neo-liberale (entrato in crisi si sta scontrando con diverse pulsioni di capitalismo differenti ma che “godono” dei risultati del neoliberismo”), dall’altra l’esperienza di libertà dell’autonomia zapatista che parte da un concetto: poter degnamente vivere con usanze e modi diversi da quelli omologanti. Il Messico è così un laboratorio che vive di questo scontro. La rivoluzione zapatista è anche di più, è certamente esempio capace di creare immaginario in tutto il mondo a tanti movimenti sociali.
Vogliamo sommariamente riassumerla?
Eh, non è semplice. Ci proviamo così: L’EZLN nasce come continuazione di una guerriglia, Fuerzas de Liberación Nacional – FLN, repressa nel sangue negli anni ’70 in Messico. Alcuni militanti, sopravvissuti, alla violenza di stato creano il nuovo soggetto. Era il 17 novembre del 1983. Per 10 anni si è preparata la sollevazione, in clandestinità, e modificando la direzione: l’EZLN nasceva con l’idea di creare una guerriglia e prendere il potere. Il mondo indigeno, pur essendo disposto a lottare e alzarsi in conflitto, non era interessato al potere ma a costruire una società democratica dove il loro essere indigeni non fosse elemento di esclusione. La storia così si è mescolata ed è nato il neo-zapatismo, una formula spuria tra tradizione marxista-leninista, sogno cubano, teologia della liberazione, femminismo e cosmogonia indigena. Il tutto senza perdere radicalità, anzi diventando tra i più influenti movimenti anti-capitalisti al mondo. Poi il 1° gennaio del 1994, in contemporanea dell’entrata in vigore del Trattato di Libero Commercio, inizia la parte pubblica di questa storia, che in questi 25 anni è passata, con una costante critica al capitalismo, da 12 giorni di guerra guerreggiata con l’esercito messicano, tentativo di accordi di pace traditi dal governo Zedllo, dall’attacco militare, paramilitare e poi dalla guerra di bassa intensità e resistendo a tutto questo a costruire un territorio auto-organizzato, dove giustizia, istruzione, economia. e sanità sono costruite autonomamente e creano una possibilità di vita migliore, e in crescita, rispetto al passato.
È stato questo un caso isolato o ve ne sono altri di simili?
Un caso simile ma diverso è quello del popolo curdo. Oppresso da centinaia di anni, tanto da vedersi vietato anche l’uso della lingua e la pratica delle proprie tradizioni. L’esperienza curda ha creato la meraviglia del confederalismo democratico che a ben vederlo è simile all’autonomia zapatista, confrontando il sistema valoriale e le ideologie che attraversano queste due meravigliose esperienze. Poi a dire il vero l’esperienza zapatista ha influenzato e ibridato una grande fetta del mondo indigeno messicano, e latino americano. Per esempio i Mapuche e gli zapatisti si confrontano, cercano, riconoscono.
Come si è svolto il lavoro di ricostruzione dei fatti. Ha trovato delle difficoltà nel cercare notizie?
Mah, la storia messicana è facilmente ricostruibile. Certo dentro le tante posizioni occorre osservare con calma le teorizzazioni, giustificazioni, sensazioni. Per esempio il massacro del 2 ottobre del 1968 se osservato con gli occhi del potere o di chi vuole un mondo diverso è fatto molto diverso. Spesso, troppo spesso, il potere impone una visione: sta a chi guarda e prova a raccontare il mondo cercare di andare oltre, e mostrare le complessità e, la “verità” per quanto questa sia una parola di parte. Oppure più recentemente il caso dei 43 studenti di Ayotizanapa è emblematico no? La “verità storica” descritta dalla Procura e dall’ex presidente Pena Nieto serve a coprire un sistema di violenza, corruzione e potere che è forma di governo del territorio, raccontare le bugie di quella presunta verità significa raccontare un paese diverso. Ecco, farlo spesso è un rischio.
Un Messico osteggiato nei confini con gli USA, perché in tanti vogliono scappare?
Le persone scappano dal Messico, così come da tutto il continente. Perché? Perché il capitalismo distrugge la società e lascia macerie sociali, culturali, umane. Le persone cercano di vivere al meglio, e se un paese, per garantire il bene di pochi, viene depredato e contestualmente si impongono sistemi violenti per garantire la depredazione allora non si può non pensare che le persone scappino. Chi genera le condizioni materiali che determinano le migrazioni alza i muri, vuole bloccare le persone e furbescamente alimenta la guerra tra poveri. Si indica chi scappa dai disastri del sistema come causa dei disastri del sistema. E questo “sistema” essendo, volutamente, entità spesso gassosa, infatti spesso non si capisce dove vengono prese alcune decisioni, diventa un qualcosa contro cui è meno immediato accanirsi rispetto a chi trovi di fianco… e in una fase di impoverimento generale viene percepito come “competitor” e non alleato. Tutto questo non è accaduto per caso, è stato teorizzato e costruito. Va rifiutato in Messico come in Italia, pretendendo come fanno giovani di Friday For Future che quello che deve cambiare è proprio il potere, il sistema, il maledetto capitalismo.
Nel libro quindici personaggi entrano a dire la loro sulla base di domande ricorrenti, riassumendo cosa ne esce, come si vive in Messico oggi? Quali sono le cose che funzionano e quali ancora i grossi problemi?
Non esiste un riassunto. E volutamente il libro ha tante voci perché la semplificazione non è mai foriera di alternativa. Le posizioni sono tante ed articolate. Ma certo un filo rosso lo si trova. Il nemico dell’uomo si chiama capitalismo, e noi tutti siamo chiamati a restare umani, ridefinire il concetto di umanità destrutturato dagli interessi del capitale, e costruire un mondo diverso da quello di oggi. Che certo va prima immaginato.

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