Sentenza della Corte Ue: "Il matrimonio gay contratto in altro Paese va riconosciuto"

È quanto stabilisce una sentenza della Corte di giustizia dell’UE relativa al caso di due cittadini polacchi, sposati in Germania, che avevano chiesto la trascrizione del loro certificato di matrimonio nel registro civile polacco

Sentenza della Corte Ue: "Il matrimonio gay contratto in altro Paese va riconosciuto"
Corte di Giustizia Ue
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25 Novembre 2025 - 12.56 Globalist.it


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“Uno Stato membro ha l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso che è stato legalmente contratto in un altro Stato membro in cui hanno esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno”. È quanto stabilisce una sentenza della Corte di giustizia dell’UE relativa al caso di due cittadini polacchi, sposati in Germania, che avevano chiesto la trascrizione del loro certificato di matrimonio nel registro civile polacco, così da ottenere il riconoscimento delle nozze nel loro Paese.

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Le autorità polacche avevano respinto la richiesta, sostenendo che la legge nazionale non consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La Corte di giustizia, rispondendo a una questione pregiudiziale sollevata da un tribunale polacco, ha affermato che rifiutare il riconoscimento di un matrimonio legalmente contratto in un altro Stato membro da due cittadini dell’Unione che hanno esercitato la loro libertà di circolazione è contrario al diritto dell’UE, poiché viola tale libertà e il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

“Gli Stati membri sono quindi tenuti a riconoscere, ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, lo stato coniugale legittimamente acquisito in un altro Stato membro”, precisa la Corte, che si è pronunciata su un caso risalente al 2018. Il tribunale di Lussemburgo ricorda inoltre che, pur restando le norme sul matrimonio di competenza nazionale, gli Stati membri devono comunque rispettare il diritto dell’Unione nell’esercizio di tale competenza.

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I due coniugi, in quanto cittadini europei, godono del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio dell’UE e di condurre una normale vita familiare durante l’esercizio di tale libertà e al momento del ritorno nel loro Paese d’origine. “In particolare, quando creano una vita familiare in uno Stato membro ospitante, in particolare in virtù del matrimonio, devono avere la certezza di poter proseguire tale vita familiare al momento del ritorno nel loro Stato membro di origine”, sottolinea la Corte.

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