In un’operazione che ha sollevato pesanti interrogativi sulla legalità internazionale, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno intercettato in acque internazionali la Flottiglia Global Sumud, diretta a Gaza con un carico di aiuti umanitari. Le imbarcazioni, battenti bandiera di diversi Paesi europei tra cui Italia e Spagna, trasportavano cibo, medicinali e materiali per la ricostruzione. A bordo si trovavano parlamentari, attivisti e persino Greta Thunberg, a conferma del carattere pacifico e trasparente della spedizione.
Nonostante si trovassero oltre le 12 miglia nautiche dalla costa – dunque in acque internazionali regolate dal principio di libertà di navigazione sancito dalla Convenzione ONU sul diritto del mare (UNCLOS, 1982) – le navi sono state costrette a dirigersi verso il porto israeliano di Ashdod. Un intervento che giuristi ed esperti di diritto marittimo definiscono una chiara violazione delle norme internazionali.
Il blocco navale di Gaza: legalità contestata
Israele ha giustificato l’operazione richiamandosi al blocco navale imposto a Gaza dal 2009. Ma, come sottolineano i giuristi, un blocco marittimo non può estendersi arbitrariamente alle acque internazionali, e deve rispettare regole precise stabilite dal Manuale di Sanremo: notifica preventiva, proporzionalità e, soprattutto, la non interdizione di beni essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile.
A Gaza, invece, la crisi umanitaria è cronica: l’ONU documenta scarsità di cibo, farmaci e infrastrutture distrutte. La Quarta Convenzione di Ginevra (1949) obbliga Israele, come potenza occupante, ad assicurare il sostentamento della popolazione protetta. Il blocco, che ha ridotto fino al 70% le importazioni vitali rispetto al periodo pre-2007, contraddice apertamente questi obblighi.
I precedenti e il fantasma della Mavi Marmara
L’incidente richiama alla memoria la tragedia della Mavi Marmara nel 2010, quando un abbordaggio in acque internazionali costò la vita a dieci attivisti. Anche allora l’ONU stabilì che l’intervento violava il diritto internazionale e che l’uso della forza era sproporzionato. Nel caso della Global Sumud, Israele ha accusato i partecipanti di contiguità con Hamas, ma senza presentare alcuna prova concreta. La presenza di parlamentari e figure pubbliche internazionali dimostra l’infondatezza di tali accuse.
Violazione della legalità internazionale e responsabilità
Secondo esperti di diritto internazionale, l’operazione israeliana integra una responsabilità statale per atto illecito ai sensi degli Articoli sulla responsabilità degli Stati (ILC, 2001). Potrebbero aprirsi ricorsi presso la Corte Internazionale di Giustizia o il Tribunale del Diritto del Mare. Ma oltre agli aspetti legali, il caso mette a nudo una gestione del blocco di Gaza che non solo è illegittima, ma rischia di configurarsi come un crimine contro l’umanità ai sensi dello Statuto di Roma.
La comunità internazionale – si legge in diverse analisi – non può più limitarsi a dichiarazioni di condanna: servono sanzioni mirate, missioni di monitoraggio neutrali e un’azione diplomatica capace di ristabilire il principio della libertà dei mari e il rispetto dei diritti umani.