A 41 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi un sit-in per chiedere verità e giustizia

Un centinaio di persone si sono radunate in Piazza Cavour a Roma. In un' intervista Pietro Orlandi, subito dopo la manifestazione, ci racconta gli ultimi sviluppi della vicenda.

A 41 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi un sit-in per chiedere verità e giustizia
In foto: Pietro Orlandi in Piazza Cavour a Roma durante il sit-in del 22 giugno 2024
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24 Giugno 2024 - 15.43


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di Luisa Marini

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Ieri sera c’è stato il sit-in in piazza Cavour a Roma, come ogni anno. Com’è andata?

Eravamo qualche centinaio di persone. Sono sempre molto colpito dal fatto che metà di queste arrivino da fuori Roma: vengono da Torino, Napoli, Venezia… Addirittura uno da Praga! Hanno investito tempo e soldi per essere presenti, per manifestare la loro vicinanza alla storia di Emanuela e al fatto che ancora non ci sia chiarezza su quello che è avvenuto veramente. Se la storia di Emanuela è viva; lo è non solo per il sostegno dei media ( Rai News ha trasmesso il sit-in) ma anche a tutte queste persone che mi affiancano per chiedere verità e giustizia, aiutandomi a tenere alta l’attenzione sul caso.

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Anche sui social le persone ti dimostrano la loro vicinanza: la tua pagina conta quasi 34.000 follower, e il tuo gruppo su Facebook ha più di 23.000 iscritti.

Sì, ricevo molti messaggi, anche dall’estero, e questo mi aiuta molto.

Cosa hai detto nel tuo intervento ieri?

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Ho toccato vari punti, ripercorrendo i fatti salienti accaduti negli ultimi anni. Per la prima volta ho spiegato com’era la nostra vita all’interno del Vaticano. Ho fatto anche l’ennesimo appello a Papa Francesco perché prenda una posizione definitiva sulla vicenda. Come anche negli interventi che faccio non mi preparo mai prima: il mio discorso viene sempre fuori fluido, come se avessi una sorta di suggeritore interiore.

In foto: Pietro Orlandi, durante il sit-in in Piazza Cavour a Roma

Come sta procedendo il lavoro della Commissione bicamerale d’inchiesta?

Stanno ascoltando i vari testimoni secondo un programma studiato. Le audizioni sono divise per categorie: la nostra famiglia, i magistrati (Martella e la Rando, che curarono la prima inchiesta) e Capaldo, che verrà ascoltato prima dell’estate, gli avvocati, le amiche di Emanuela presso la scuola di musica. Ho molta fiducia in questa Commissione perché con loro c’è dialogo e confronto sugli argomenti d’indagine.

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È una caso straordinario, questo. Sono in piedi ben 3 commissioni parallele che ci lavorano: oltre alla Bicamerale (istituita con Legge di Stato e dedicata anche al caso di Mirella Gregori, n.d.r.) anche quella del Vaticano e la Procura di Roma, che hanno riaperto le indagini. La Commissione Bicamerale ha consegnato tutti i documenti che ho fornito loro anche alla Procura.

Quando sono usciti alcuni articoli polemici, in particolare quello che titolava “Pietro Orlandi è insoddisfatto del lavoro della Commissione”, grazie alla collaborazione e al dialogo instaurato col Presidente, Andrea De Priamo, hanno capito come fosse tutto inventato. Un altro titolo riportava che “La Commissione comincia ad avere dei dubbi su Pietro Orlandi”, insinuando addirittura che bramassi una candidatura politica! Questa storia è apolitica, ho sempre rigettato le manipolazioni in questo senso.

De Priamo doveva telefonare in diretta durante il sit-in – non ha potuto – ma comunque ha inviato un messaggio di vicinanza, che ho letto ai presenti, affermando, tra l’altro, che “la nostra volontà è di esaminare a 360 gradi ogni possibile elemento di indagine, in quanto riteniamo che fossilizzarci su un’unica pista potrebbe essere dannoso e deleterio”. Infatti, ne stanno seguendo 2-3, al momento, e sono state ascoltate varie persone.

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Tu pensi che la pista di Londra sia quella più probabile?

Questa pista si è rafforzata da quando mi ha contattato un ex-NAR (organizzazione terroristica neofascista, attiva tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta, n.d.r.) fornendomi moltissimi elementi di riscontro, tra cui informazioni e lettere tra i Cardinali Poletti e Ruini. Il primo è morto, ma il secondo è ancora vivo. Quest’uomo afferma di essersi trovato a Londra per gestire situazioni per conto del Vaticano, dove poi avrebbero portato Emanuela. Ho fatto il suo nome alla Commissione: lo dovrebbero chiamare, è una persona che conosceva troppe situazioni.

Riguardo invece alla commissione del Vaticano ci sono novità?

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Alessandro Diddi, il promotore di “Giustizia vaticano”, non ha ancora ascoltato Francesca Chaouqui (legata allo scandalo Vatileaks), che aveva dichiarato di aver visto e letto il famoso fascicolo vaticano aperto su mia sorella.

Cosa hai detto nel tuo appello a Papa Francesco?

Papa Francesco, se vuole, ha il potere di far tirare fuori la verità. Si deve impuntare, perché ci sono persone in Vaticano che sono a conoscenza di tutto. La scomparsa di Emanuela non è un fatto marginale: ha creato nelle persone coinvolgimento e voglia di giustizia, in tutto il mondo. Bisogna distinguere la religione dall’istituzione vaticana, che è una cosa separata dalla fede ed è molto criticata. Se il Papa obbliga a tirare fuori la verità, per brutta che sia, sono sicuro che il suo gesto sarebbe apprezzato, e molte persone sarebbero disposte al perdono.

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Svelare la verità quale impatto positivo avrebbe? Se fosse il Vaticano a farlo, ne gioverebbe la sua immagine nel mondo. Se, invece, fino all’ultimo mantengono la segretezza sui fatti e a scoprila fossero altri, tutto ciò avrebbe un impatto negativo deflagrante.

Sarebbe, certo, un gesto forte da parte del Papa. Adesso vanno molto di moda le petizioni online: ce n’è mai stata una su Emanuela?

Sì, ce ne sono state 3: quella a Papa Ratzinger nel 2010, quella al Cardinal Bertone che raggiunse in pochissimo tempo più di 200.000 firme, e l’ultima a Papa Francesco. Sono state l’ennesimo segnale di un interesse diffuso e sentito su Emanuela, hanno creato attenzione mediatica lì per lì, ma nulla più. Ora, invece, nutro molta fiducia che finalmente si possa arrivare a un punto importante grazie al lavoro che sta conducendo la Commissione bicamerale.

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