Don Pappagallo, l'unico sacerdote antifascista ucciso alle Fosse Ardeatine

In occasione del 25 aprile, l'ANPI ha scelto di pubblicare le biografie delle vittime delle Fosse Ardeatine. Noi ne abbiamo scelte alcune, per testimoniare la diversa provenienza culturale, religiosa e politiche dei caduti sotto la rappresaglia nazista.

Don Pappagallo, l'unico sacerdote antifascista ucciso alle Fosse Ardeatine
In foto il Mausoleo in memoria delle vittime delle Fosse Ardeatine
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redazione Modifica articolo

24 Aprile 2023 - 11.40


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Ha ispirato la figura di Don Pietro Pellegrini nella pellicola Roma città aperta di Rossellini, passando alla storia come l’unico prete martire delle Fosse Ardeatine. Don Pietro Pappagallo, figura intimamente legata alla resistenza italiana che, nel corso del periodo fascista, ha offerto asilo e salvato decine di dissidenti politici e non.

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Pietro, quinto di otto fratelli di un’umile famiglia di Terlizzi, in provincia di Bari, iniziò il suo percorso episcopale nel seminario vescovile di Molfetta, celebrando l’eucarestia dapprima nelle parrocchie del suo paese per poi diventare vicedirettore del convitto “Vito Fornari” di Molfetta. Ben presto il trasferimento a Roma, nel 1925, al fine di studiare diritto ed esercitare la sua attività pastorale in un contesto urbano.

La sua naturale propensione a schierarsi dalla parte degli svantaggiati lo portò, a seguito della nomina nell’assistenza pastorale degli operai della società tessile Cisa Viscosa, nel quartiere Prenestino di Roma, a schierarsi dalla parte dei lavoratori nelle lotte operaie. Don Pietro prese senza indugio le parti dei 2500 operai, appartenenti ad una rete aziendale con capitali anche statunitensi, denunciando le dure condizioni di lavoro della fabbrica. A seguito della sua partecipazione alle contestazioni dovette lasciare l’incarico.

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Nel 1928 divenne viceparroco della basilica di San Giovanni in Laterano e l’anno seguente cappellano e direttore spirituale delle suore Oblate del Bambino Gesù. L’incarico più importante arrivò nel 1930, quando il cardinale Bonaventura Cerretti lo nominò suo segretario personale, carica che mantenne fino alla sua morte.

Fu nel corso del secondo conflitto mondiale che Don Pappagallo, ben conscio delle ingiustizie del regime nazifascista, aprì le porte a disertori, perseguitati politici ed ebrei, fornendo inoltre aiuto a soldati italiani sbandati e partigiani. Fu per tale ragione che, ben presto, venne denunciato da un delatore delle SS e in seguito, il 29 gennaio 1944, condotto nella sede della polizia fascista di via Tasso, ove ora ha sede il Museo Storico della Liberazione.

Ripetutamente torturato affinché rivelasse i suoi contatti nella resistenza, don Pappagallo mantenne il silenzio, mostrandosi sempre gentile coi compagni di cella. Vista la sua riluttanza nel voler parlere, il 25 marzo del ’44 venne condotto, assieme agli altri 334 prigionieri della caserma, nelle cave delle Fosse Ardeatine, e lì ucciso. Per la sua eroicità, nel 1998, l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro gli ha conferito la medaglia d’ora al valore civile alla memoria. In seguito, Papa Giovanni Paolo II lo ha incluso nel Giubileo del 2000, tra i martiri della Chiesa del XX secolo e nel 2018 è stato anche riconosciuto tra i Giusti tra le Nazioni dallo Yad Vashem.

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