"Made in Italy"

Bisogna saper leggere sotto la crosta e cercare di capire qual è l'uso che in questo caso viene fatto nella dizione di "Ministero per le imprese e il Made in Italy"

"Made in Italy"
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redazione Modifica articolo

2 Novembre 2022 - 12.38


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di Manuela Ballo

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La dizione Made in Italy ha iniziato a essere usata con insistenza a partire, in particolare, dagli anni Ottanta. Con questa espressione di origine inglese si voleva indicare il processo di difesa e valorizzazione dei prodotti italiani nel mondo. Era il periodo della prima grande globalizzazione ed è per questo, anche, che fu adottata un’espressione inglese che stava per “fatto in Italia”.  

Da allora in poi è diventata d’uso comune specie in alcuni settori trainanti delle esportazioni dei prodotti di qualità italiana nel mondo, tra questi la moda, l’alimentazione, le automobili di pregio e tante altre merci. Prodotti che hanno fatto conoscere l’Italia nel mondo facendola apprezzare per alcune sue eccellenze. Dunque, nulla di nuovo sotto il sole nel fatto che questa espressione sia usata anche nel definire le attività di un ministero del governo italiano. Ma spesso bisogna saper leggere sotto la crosta e cercare di capire qual è l’uso che in questo caso viene fatto nella dizione di “Ministero per le imprese e il Made in Italy”.

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Proprio nell’accostamento tra la parola Industria e l’espressione Made in Italy sta, se lo si vuol comprendere, la novità di questo ministero. Non solo più un ministero che faciliti l’esportazione dei beni nazionali, ma anche a produrre in Italia tutto ciò che fino ad oggi viene importato da altri continenti e paesi. Per esempio, quando si parla di transizione ecologica l’intento è quello di non passare da una dipendenza russa ad una dipendenza cinese. Il che vuol dire avere la capacità di produrre droni, batterie e microchip.

Se così fosse significherebbe che il Paese si avvierebbe verso una capacità non solo di produzione di beni da esportare (che rappresenta fra l’altro uno dei pochi dati positivi del nostro sistema economico), ma di diminuire il peso e la dipendenza nell’ importazione dei materiali di pregio con un rilevante beneficio per la nostra bilancia dei pagamenti.

Come si vede, dunque, dietro il cambiamento delle parole spesso sta il cambiamento delle cose e delle politiche. Alcuni di questi cambiamenti possono essere positivi, altri purtroppo negativi. L’obbiettivo è ambizioso e per questo suona un po’ come propagandistico.

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