Il primo Giro d'Italia

La Gazzetta dello Sport lo organizzò nel 1909 bruciando sul tempo il Corriere della Sera. Luigi Ganna se lo aggiudicò grazie all'aiuto di un casellante. Il premio: 5325 lire.

Il primo Giro d'Italia
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Marcello Cecconi Modifica articolo

12 Maggio 2022 - 12.19


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Era Il 13 maggio 1909 quando partì il primo Giro d’Italia. E lo fece da una città italiana, Milano. Ovvio direte! Non tanto, visto che nell’ultimo decennio l’abbiamo visto partire dalla Danimarca, dall’Irlanda, dall’Olanda, da Israele e proprio quest’anno dall’Ungheria. Invece, 113 anni fa, tutto ebbe inizio dalla rotonda di Piazzale Loreto in Milano in un’Italia che stava godendosi uno dei periodi più floridi dall’unificazione e con il triangolo industriale del Nord che stava producendo il primissimo miracolo italiano.

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Erano gli anni in cui Giovanni Giolitti pareva aver anticipato il motto andreottiano “il potere logora chi non ce l’ha” con la sua ennesima compagine governativa e Filippo Marinetti lanciava nella Parigi della Bella Epoque il manifesto del “Futurismo”, contrapponendo al passatismo mieloso e mellifluo della borghesia italiana l’ebbrezza giovanile della modernità rombante dell’automobile.

Checché ne pensasse Marinetti la bicicletta, lenta e vecchiotta, restava il mezzo di trasporto individuale più popolare. Grazie all’uso sempre più diffuso fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, questo mezzo aveva permesso l’avvicinamento allo sport delle due ruote delle classi sociali non elitarie con un interesse popolare sempre più coinvolgente che favorì anche la nascita di giornali sportivi come Il Ciclista e La Tripletta. Non fu un caso, dunque, che il Giro d’Italia rappresentasse la concretizzazione di un’idea de La Gazzetta dello Sport, il giornale voluto da Raffaelo Sonzogno alla fine dell’Ottocento e nato proprio dalla fusione dei due giornali suddetti.

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Il “giornale rosa” aveva nella propria mission la pianificazione di corse ciclistiche e ad agosto del 1908 presento il Giro battendo sul tempo Il Corriere della Sera che da qualche tempo stava progettando qualcosa di simile. Il “Corrierone” però non si offese e partecipò all’assegnazione di un premio di 3000 lire per il vincitore insieme a Vincenzo Lancia che ne mise a disposizione 1000.

Questo primo percorso di una lunga serie, interrotta solo per le due guerre (195-18 e 1941-45), fu differente da quello a cui siamo abituati oggi. Le tappe furono soltanto 8 ma lunghissime e soprattutto su strade che richiedevano un enorme impegno fisico. Alla partenza notturna, le 2,53, in Piazzale Loreto c’erano 127 atleti dei 166 iscritti. Il numero 1 non poteva essere assegnato, come al solito, al campione uscente e toccò così al bresciano Felice Peli. Erano tanti i tifosi che alle 2 di notte si assieparono alla partenza illuminata da nuovissime e tecnologiche luci al magnesio. A dare il via c’era Gilbert Marley, un asso dell’era dei bicicli e ad accompagnare la carovana tre auto ufficiali, una Züst per la giuria, una Bianchi per le case ciclistiche e un’Itala per i giornalisti.

L’agenzia di viaggi Thomas Cook famosa per essere stata la prima, nel 1841, ad aver dato inizio al concetto di turismo di massa, promuoveva gite in partenza dal capoluogo lombardo per assistere agli arrivi nelle varie città. Vedere l’arrivo di Genova costava 23 lire con viaggio in treno in seconda classe. I km totali erano 2448 suddivisi in otto tappe che toccarono Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova e Torino con frazioni tanto lunghe da necessitare uno o due giorni di riposo fra l’una e l’altra. Il record di lunghezza fu per la tappa inaugurale da Milano a Bologna, 397 km, ma non era uno scherzo nemmeno quella successiva che portò la carovana a Chieti in 378,5 km.

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L’ultima tappa, la Milano-Torino, di 206 chilometri era la più breve e Luigi Ganna, che aveva accumulato più piazzamenti e quindi punti in classifica generale, vedeva il proprio successo vicino e correva solo per cercare di controllare gli avversari. Dovette però fare i conti con il destino, prima avverso e poi favorevole. L’evento sfortunato a Borgomanero, a 75 chilometri dall’arrivo, quando forò perdendo contatto dalla fuga di testa che comprendeva anche il secondo della classifica, Galetti, che a quel punto poteva superarlo. La fortuna gli venne in soccorso invece grazie all’aiuto del casellante di un passaggio a livello di Rho che abbassò le sbarre davanti ai fuggitivi impendendo loro di continuare e rialzandole solo dopo quattro minuti senza che il treno fosse passato. Ganna poté così rientrare nel gruppo di testa anche se poi fu Beni a vincere la tappa davanti a Galetti e allo stesso Ganna.

Galetti e Ganna al primo Giro d’Italia

Il successo finale andò dunque a Luigi Ganna che quello stesso anno aveva vinto anche la Milano-Sanremo e che faceva parte della squadra Atala. Secondo si piazzò Galetti della Rudge Whitwort e terzo Giovanni Rossignoli della Bianchi. Allora i tempi complessivi di percorrenza non contavano perché la classifica generale veniva stilata con i piazzamenti delle singole tappe ma se, come oggi, fosse contato il tempo di percorrenza avrebbe stravinto Giovanni Rossignoli.

E i ciclisti che guadagnavano allora? Ci viene in soccorso l’archivio de La Gazzetta dello Sport che ci dice che la prima maglia rosa Luigi Ganna guadagnò 5325 lire e l’ultimo classificato 300 lire. Per semplificarci il confronto, la “rosa” ci ricorda che lo stipendio di Armando Cougnet, primo Direttore del Giro oltre che caporedattore della rubrica ciclismo del giornale, percepiva allora 150 lire al mese.

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