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Flash-mob per le patologie croniche pelviche femminili

Manifestazione nelle città italiane il 23 ottobre per il riconoscimento delle malattie invisibili da parte del sistema sanitario. Nelle piazze la sofferenza e il coraggio

Flash-mob per le patologie croniche pelviche femminili
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21 Ottobre 2021 - 10.23


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di Lavinia Beni 

 

“Non una di meno”, l’associazione femminile nata dal movimento di qualche anno fa, torna in piazza. E lo fa per una causa particolare e nobile: difendere tutte quelle donne che sono affette da vulvodinia, endometriosi, neuropatia del pudendo, dolore pelvico cronico, fibromialgia e dalle tante altre malattie croniche invalidanti e che, purtroppo, a oggi non sono state ancora riconosciute dal sistema sanitario nazionale. L’invito a scendere in piazza è fissato per il 23 ottobre con assemblee che si svolgeranno in 17 città che hanno aderito all’iniziativa “Presidio sensibile invisibile”.

Alcune patologie “femminili” intime invisibili

Malattie ignorate e sconosciute da molti, troppi professionisti del settore ginecologico, nonostante siano piuttosto frequenti (ad esempio, si calcola che il 12-15% di donne soffrono di vulvodinia). A causa di tale disinformazione la diagnosi arriva in ritardo (5 anni per la vulvodinia, 7 anni per l’endometriosi). Ma analizziamo meglio queste due malattie appena citate, tanto per dare alcuni esempi concreti sulla gravità del problema.

 

L’endometriosi non è solamente un disagio percepito durante le mestruazioni, è molto di più: dolore pelvico cronico, dolore alla minzione, malessere nei rapporti, infertilità e tanto altro. La Vulvodinia è la sensazione di avere le parti intime in fiamme, di sentire spilli, tagli, scariche elettriche in modo continuo (si parla in questo caso di vulvodinia spontanea) oppure in certi specifici momenti della giornata, come durante o dopo un rapporto sessuale (vulvodinia provocata). Purtroppo, non finisce qui, i sintomi possono essere anche molti di più di quelli elencati.

 

Il folle ingiusto trattamento

Le donne colpite rimangono all’oscuro di tutto per mesi, addirittura anni e si sentono a disagio con il loro corpo che non riconoscono più. Aspettano e si contorcono dal dolore, un dolore che nessuno riesce ad identificare, un dolore che richiede lunghe cure mediche, che spesso non portano alla risoluzione del problema. Ma la straziante infinita attesa non cessa nemmeno una volta individuata la patologia. Trovare un appuntamento disponibile per quel/quella professionista specializzato/a (e sono veramente pochi in tutta Italia) è un’impresa ardua.

 

La disponibilità è poca e si è costrette ad attendere mesi per un consulto con lo specialista, consulto che tra l’altro ha costi esorbitanti. Alcuni chiedono più di 500 euro per una visita soltanto. Considerato che sono malattie che prevedono cure a lungo termine e l’assunzione di numerosi farmaci, anch’essi molto cari, non tutte possono permettersi tali cure. Su molti forum, dove le donne affette parlano delle loro esperienze e dolori quotidiani, queste patologie sono state spesso appellate come “malattie per ricchi“. Come se non bastasse già il male accusato ogni giorno, le donne sono inoltre costrette a pagare cifre spropositate per essere curate (e molte volte curate anche male). Si paga caro per riuscire a vivere anche le più piccole cose del quotidiano: stare a sedere sulla sedia, andare in bicicletta, portare un paio di jeans aderenti, avere rapporti sessuali sereni. Questi sono solo alcuni esempi delle infinite complicazioni che hanno queste donne ogni giorno.

 

Rabbia, sconforto, frustrazione, ansia, astenia, perfino depressione. Sono tante coloro che non intravedono la fine della malattia e confessano di aver pensato al suicidio. Tante si sentono prese in giro dai medici che le hanno in cura, perché questi tendono a sminuire il loro dolore o lo trasformano in disagio mentale o di coppia. Frasi ricorrenti ripetute da presunti specialisti: “è tutto nella sua testa”, “un po’ di dolore duranti i rapporti è normale”, “provi a cambiare partner”, “è troppo stressata”.

Il dolore è reale ed è fisico. Troppo facile scaricare sul lato psicologico e lavarsi le mani. Sicuramente la componente psicologica c’è, ma il dolore fisico per certo non lo si inventa.

Per un maggior approfondimento delle patologie e dei dati citati si consiglia di consultare la pagina ufficiale dell’associazione no-profit, Cistite.info APS, che si occupa di promuovere e di sensibilizzare sulle problematiche femminili uro-genitali. Il sito predispone di un forum in cui è possibile parlare delle proprie esperienze personali e condividere il disagio con altre donne, allo scopo di aiutarsi e supportarsi reciprocamente.

 

Una battaglia sociale

Fin da piccole ci hanno insegnato che è normale avere dolore durante le mestruazioni, siamo state abituate a normalizzare il dolore: mestruazione, rapporto, parto. Il dolore non è normale, mai. È importante distruggere questo falso mito, solo così potremo avere più consapevolezza di noi stesse e del nostro corpo, in modo da riconoscere gli eventuali problemi e prenderli in tempo. Quello che manca è l’educazione, quello che invece abbonda sono i tabù legati alla sfera femminile. Per questo non è da molto che sono venute alla luce queste patologie e gli studi sono ancora pochi.

Questa è la battaglia del 23 ottobre: far riconoscere al sistema sanitario l’evidente problematica ignorata da troppo tempo e combattere un’educazione sbagliata.

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