La battaglia per il clima? La generazione del "boom" e i paternalisti contro Greta e i giovani

La battaglia per il clima può essere divisiva da un solo punto di vista: quello generazionale

La battaglia per il clima? La generazione del "boom" e i paternalisti contro Greta e i giovani
Preroll AMP

redazione Modifica articolo

19 Ottobre 2021 - 15.42


ATF AMP

di Lucia Mora

Top Right AMP

A chi desidera capire per quale motivo Greta Thunberg scateni a tal punto l’astio dell’opinione pubblica, consiglio di osservare una fotografia: quella che la ritrae insieme al Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, nel dietro le quinte della conferenza sul clima “Youth4Climate” di Milano. Greta indossa (correttamente) sul viso una mascherina FFP2, il dispositivo di protezione più efficace; al contrario, il ministro le si avvicina con una mascherina chirurgica tenuta sotto il naso.
Mi si potrebbe domandare: che cosa c’entra quella istantanea con la battaglia per il clima? C’entra, invece. C’entra perché la battaglia per il clima è quasi esclusivamente una faccenda generazionale. Da una parte una generazione (quella di Thunberg) che chiede, esige maggiore attenzione per un cambiamento climatico destinato a rendere sempre più difficile la vita di chi abiterà la Terra; dall’altra una generazione (quella di Cingolani) che è la principale responsabile del disastro ambientale, in quanto artefice di un sistema produttivo e sociale del tutto insostenibile.
Dunque, piuttosto che riconoscere i propri errori, i figli e le figlie del baby boom preferiscono accanirsi contro le nuove generazioni, in una specie di contorta elaborazione del lutto per ideali che hanno visto spegnersi da un pezzo. Se a questa interpretazione dei fatti vogliamo aggiungere anche una prospettiva intersezionale, allora dobbiamo considerare che Greta Thunberg non solo è giovane, ma è pure donna. Il che aumenta del 120% le probabilità di doversi confrontare con un atteggiamento paternalistico.
Non a caso, tra i contestatori più accaniti di Thunberg figurano Donald Trump e Vittorio Feltri, due soggetti che incarnano, seppure in latitudini diverse, proprio quel paternalismo orgoglioso e maschilista. Mi basterebbero i nomi di certi detrattori per capire da quale parte stare, ma la verità è che non ci dovrebbero essere delle parti. Quantomeno non su un tema che ancora non capisco come possa essere divisivo.
Si possono mettere in discussione determinati toni (forse il “bla bla bla” di Greta non è abbastanza istituzionale?), ma a questo proposito mi vengono in mente dei versi dell’immenso Giorgio Gaber: «La mia generazione ha visto / migliaia di ragazzi pronti a tutto / che stavano cercando / magari con un po’ di presunzione / di cambiare il mondo. / Possiamo raccontarlo ai figli / senza alcun rimorso / ma la mia generazione ha perso».
Ecco che cosa vedo nelle piazze gremite di “Fridays for Future”: migliaia di giovani che stanno cercando, magari con un po’ di presunzione, di cambiare il mondo. La generazione di Gaber ha perso, perciò non vedo perché ignorare le voci di chi ha ancora voglia di rivoluzione.

FloorAD AMP
Exit mobile version