Lo psicologo Ciappi: "Giovani e alcol, perché da un rituale di convivialità si passa alla dipendenza"

L'esperto ci spiega perché nella pandemia è aumentata la vendita online di bevande alcoliche proprio tra i ragazzi: "Soli anche in famiglia, incertezza nel lavoro, si anestizza la sofferenza"

Lo psicologo Ciappi: "Giovani e alcol, perché da un rituale di convivialità si passa alla dipendenza"
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20 Maggio 2021 - 09.00


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di Alice Muti Pizzetti

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I canali di vendita online e di consegna a domicilio di bevande alcoliche sono aumentate del 250%. Questa cifra allarmante è stata rivelata da una ricerca dell’ l’Istituto Superiore di Sanità. Una vera e propria impennata negli acquisti. Sono aumentate anche le ricadute nell’uso sistematico di alcol: le persone che erano dipendenti ci sono ricascate. A dirlo sono i dati dell’ Osservatorio nazionale alcol dello stesso Istituto che sono stati incrociati con quelli della Società Italiana di Alcologia: le persone che già consumavano alcol in maniera notevole sono aumentato del 63% dall’inizio della pandemia rispetto all’anno precedente. Ma a preoccupare ancor di più è il coinvolgimento sempre più rilevante dei giovani e dei giovanissimi a questi modelli e stili di vita. In che modo la pandemia ha fatto crescere l’acquisto di sostanze alcoliche? Quando il corretto uso sfocia in abuso e perché accade questo? Perché i giovani e i giovanissimi sono sempre più coinvolti nell’uso e nell’abuso di alcol? Per rispondere a questi interrogativi abbiamo rivolto alcune domande a Silvio Ciappi, psicologo e criminologo molto stimato.  

Perché i casi di alcolismo sono aumentati in seguito alla pandemia? Cosa induce le persone a consumare una grande quantità di alcol?

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La maggior permanenza in casa ha sicuramente contribuito a un maggior uso degli alcolici così come ci confermano i dati. L’abuso di alcol è associato, da un punto di vista psicologico, solitamente a un quadro di natura depressiva. Attraverso l’alcol, infatti, si anestetizza una sofferenza più profonda. Durante il periodo di pandemia, tra i dolori più acuti che hanno coinvolto le persone, ritroviamo l’incertezza sul futuro. L’uomo, quindi, è incapace di programmarsi, di poter fare piani o di veder naufragare progetti che avevano. Questa mancanza di obiettivi porta a vivere un orizzonte assolutamente nichilistico, nel senso che tutto può accadere senza che esista la possibilità di intervenire. L’uomo deve avere un progetto, un’idea di futuro come sosteneva Heidegger. Dunque questo crea e alimenta di per sé un quadro depressivo e di solitudine esistenziale. L’alcol riesce a dare la sensazione di star meglio in un periodo in cui, durante il primo lockdown, le persone erano costrette a stare dentro le quattro mura. Questo benessere è qualcosa di assolutamente momentaneo e le conseguenze sono ancor peggiori.

I ragazzi che ne soffrono sono sempre più piccoli. Perché l’età media di chi consuma alcol è scesa negli ultimi anni?
Sono saltate le regole di una volta, dalla famiglia, la prima forma d’istituzione che dovrebbe impartire un certo tipo di educazione. La famiglia, per come l’abbiamo conosciuta, non esiste più. Non è un discorso solo pessimistico: c’è stata un’evoluzione nella società che a fatto saltare alcune regole famigliari importanti. Il grande cambiamento l’ha portato la tecnologia con effetti positivi ma anche con aspetti negativi. Prima, la sera, la famiglia si ritrovava sul divano a guardarsi la televisione. Oggi ognuno sta per conto suo, c’è chi si guarda una serie sul telefonino, chi gioca al computer o chi si chiude nella propria cameretta. A cosa porta questo? A perdere il dialogo famigliare che è essenziale e che consente ai genitori di educare in un certo modo i figli. Quando parliamo di abuso dell’alcol da parte dei giovani, non stiamo parlando della bottiglia scolata il sabato sera, bevuta in compagnia, ma della necessità di bere a qualsiasi ora del giorno e in solitudine. Vuoi perché si sentono soli, vuoi perché hanno bisogno di provare quel brivido in più, vuoi perché manca quel rito che prima condivideva con i compagni. Questi sono solo alcuni dei motivi che spingono un ragazzo a consumare bevande alcoliche durante questo periodo di Pandemia.   

Una mancanza di progettualità può indurre alla depressione anche i giovani?
Soprattutto loro. Ritorniamo un po’ al ragionamento fin qui fatto. Intanto, l’idea di non riuscire a far programmi sul futuro, i ragazzi italiani lo avevano già da prima. La pandemia ha accentuato tutto questo. Nelle giovani generazioni ritroviamo lo slancio, la voglia, la motivazione, l’impeto a fare cose nuove a vedersi proiettati nel futuro. Questa mancanza sia nell’adulto sia soprattutto nel giovane crea una base depressiva che, come dicevamo, può essere anestetizzata momentaneamente con l’alcol. Sono in realtà tanti i piaceri verso i quali tendono queste persone: dal cibo alle droghe, dalla dipendenza d’internet a molte altre di dipendenza. Un giovane di trent’anni fa sapeva che, con il suo diploma, avrebbe potuto trovare un lavoro. Oggi non è più così. Spesso non basta neppure la laurea ed è costretto a ricercare master, corsi vari, stage non retribuiti prima di poter intravvedere una speranza di lavoro, che spesso è anche precaria. Noi siamo ciò che facciamo. È difficile costruirci una nostra identità se ciò che facciamo cambia ogni sei mesi, ogni anno, oppure è basato sulla disoccupazione. Tutto questo crea un enorme senso nichilistico. In questo tragico quadro certi comportamenti disfunzionali, come abuso di alcol, in realtà assolvono una funzione: ovvero darsi una pseudo identità che prima non si trovava. Molto meglio pensare che sia alcolista piuttosto che vedermi come un disperato senza un futuro. Sappiamo, però, quanti siano i danni cui porta l’abuso di sostanze alcoliche.

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Come si comporta un alcolista? Cambia la sua personalità? Come interagisce con gli altri?
Sicuramente ha ripercussioni sul rapporto con gli altri. Tramite l’alcol si è portati a rinchiudere il piacere dentro il” fortino” di se stessi. Non si trova più il beneficio nella relazione con l’altro potendolo trovare nell’alcol. Un piacere che è dato per immediato. Piacere agli altri invece non è così scontato e immediato ma va conquistato sia si parli di amore o di amicizia. L’alcol oltre a causare danni fisici va a tranciare l’idea di relazione. Stiamo perdendo dunque un po’ anche il piacere dell’incontro con l’altro. L’antidoto più forte per la depressione non è dunque l’alcol ma riuscire a riallacciare rapporti con l’altro. 

Quanto è importante il ruolo dello psicologo per curare l’alcolismo?
Molto importante. Lo psicologo dovrebbe andare alla radice dei motivi che spingono verso una dipendenza. I motivi spesso non riusciamo da soli a capire quali sono, perché nascosti nel nostro inconscio. Come diceva Freud è una parte del nostro io di cui non abbiamo dimestichezza, che non si manifesta, dove si trovano pensieri che abbiamo soppresso. Lo psicologo deve riportarli alla luce per capire cosa spinge una persona ad arrivare ad avere una qualche dipendenza. Come prevenire il problema dell’alcolismo? Si dovrebbe sensibilizzare sull’argomento? E in che modo? Informazione, scuole e famiglia principalmente. Informare i cittadini sui i danni irreversibili psicologici e fisiologici da un punto di vista neurologico e psicologico. L’importante è non  demonizzare l’alcol ma far capire soprattutto ai giovani la distinzione importante tra l’uso e l’abuso che come dicevo riguarda più dipendenze dal cibo ad internet alle droghe. Perciò ricondurre l’uso di sostanze alcoliche alla sua vera funzione, quella di convivialità e non utilizzarlo come farmaco. L’alcol non cura la depressione e i miei dolori più profondi.

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