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Voci di Camerino: quotidianità e arte in esilio a due anni dal sisma

Viaggio nella zona rossa terremotata del centro storico. Dal portavoce del Comune alla direttrice dei musei, dal direttore di giornale al presidente della "Gran Fondo Terre dei Varano", parlano i camerti

Voci di Camerino: quotidianità e arte in esilio a due anni dal sisma
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22 Ottobre 2018 - 15.18


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Silenzio fra le crepe sui muri. I passi rimbombano. Nella zona rossa, deserta, vuota, le parole rimbalzano tra le case e i palazzi incrinati. Nel centro storico di Camerino, a due anni dal terremoto che dopo agosto colpì le Marche con più virulenza il 26 e 30 ottobre 2016, dove le scosse hanno continuato a martellare fino a poco tempo fa, le macerie sono state sgombrate. Nel cocuzzolo da cui si vedono valli, colline e i Monti Sibillini nel secondo ‘400 Giulio Cesare da Varano rese la vivace corte uno dei centri d’arte e cultura rinascimentale più vitali. Con umanisti e artisti di vaglia la pittura camerte è esemplificata dalla “Annunciazione” di Giovanni Angelo d’Antonio del 1455-56, un dipinto dalle audaci prospettive architettoniche dove gli studiosi vedono influssi padovani, di Piero della Francesca e Domenico Veneziano: il dipinto era nella Pinacoteca e Museo civico, inagibile come ogni edificio nel perimetro storico.

Da metà ottobre il quadro alloggia nella chiesa del Seminario giù da basso, moderna, degli anni ‘60: non è affatto un bell’edificio, resta tuttavia l’unica chiesa aperta e qui alloggia provvisoriamente un quartetto di capolavori del centro storico: oltre alla “Annunciazione”, stanno come rifugiati una pala del Tiepolo del 1740 circa dalla chiesa di San Filippo, un’icona bizantineggiante del ‘200 e la scultura della Madonna della Misericordia del 1480 circa, mentre le altre opere d’arte del centro sono nei depositi marchigiani o vengono esposte in mostre allestite altrove.
Il nodo dei depositi d’arte: il Mibac vuole aprirli
Legambiente Marche, in un documento del 24 agosto, ha contestato con durezza la dispersione di tante opere marchigiane in depositi lontani dal luogo d’origine. Sull’argomento il sottosegretario ai Beni culturali Gianluca Vacca, incaricato di seguire recuperi e sistemazioni post sisma nel centro Italia, ha promesso che a inizio 2019 il ministero, d’accordo con la Regione e con i vari enti, aprirà al pubblico un gruppo di depositi comprendendo attività e laboratori per un progetto che poi estenderà alle altre zone del cratere. Nel frattempo molti camerti si rallegrano perché il nuovo commissario al terremoto nominato dal governo è il docente all’università di Camerino Piero Farabollini: nato a Treia, presidente dei geologi marchigiani, 58enne, viene descritto come tecnico competente e capace. Scelto dai 5 Stelle, è già al centro di uno scontro perché potrà emanare ordinanze senza l’accordo con i governatori di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio, i quali vedono un accentramento deleterio nelle mani di Palazzo Chigi. Intanto l’Università, una delle più antiche d’Europa, con una bella reputazione e molto frequentata, è ripartita con efficacia fuori dal perimetro antico ma senza le sedi nell’antico perimetro martoriato.
De Rosa: bloccati da lacci invisibili
La piazza del Duomo ha un silenzio desolante, le chiese sono puntellate e ingabbiate, un negozio di casalinghi ha scatole rosse tra qualche calcinaccio e il nulla, dalla Casa dello studente non risuona una singola voce. Alle entrate del borgo i militari controllano ogni ingresso anche per prevenire atti di sciacallaggio. Sembra una zona di guerra. “Globalmente tutto appare in ritardo, sottoposto a lacci invisibili”, esclama Giuseppe De Rosa, avvocato, giornalista, direttore del settimanale “Orizzonti della Marca”. Appena fuori dalla zona rossa osserva sconsolato il retro di Santa Maria e, nel parco, un ex convento antico puntellato. Colpa della burocrazia? “Va riconosciuta la quantità di scosse altissima, però spesso la burocrazia è un alibi, penso più a incapacità e impreparazione della classe dirigente. Non sarebbe difficile semplificare le procedure. L’ufficio del Commissario del terremoto ha emesso 60 ordinanze difficili da leggere anche per un giurista come me e scoordinate tra loro. Il nuovo commissario può far fare un unico testo chiaro, intelligibile, non contraddittorio”. De Rosa non risparmia le amministrazioni locali: “Mancano di creatività. Invece di inventarsi redditi di cittadinanza come fa il governo si potrebbe sopperire alle tante carenze ricorrendo alla deprecata globalizzazione, visto che all’Aquila hanno affidato il finanziamento per restaurare alcuni singoli monumenti a Paesi come Francia o Russia”. Sul patrimonio artistico cosa pensa? “Pur se a macchia di leopardo, c’è stato un interessamento lodevole e una discreta efficacia, sui beni ecclesiastici soprattutto. Il punto dolente nei beni culturali qui è la Biblioteca valentiniana: istituita nel 1802, è una delle più preziose nella Marca. Dal terremoto del 1997 era in un capannone attrezzato in periferia, perfettamente idoneo. Ha subito danni leggeri e basta pochissimo per sistemarla. Il Comune non dovrebbe trascurarla. Ma non interessa”.
Pieroni portavoce del sindaco: “Psicofarmaci alle stelle e burocrazia”
L’avvocato auspica l’abbattimento di alcuni palazzi moderni che non stanno più in piedi e non è l’unico. Ma non è permesso. “Vorremmo demolire il tribunale, brutto e moderno, vorremmo togliere il brutto dal centro storico, ma non possiamo. La burocrazia non incide? Chi lo dice dovrebbe provarla”, commenta Emanuele Pieroni, portavoce del sindaco Gianluca Pasqui, “moderato di centro destra”, mentre fa da guida fra pietre e vie prive di vita. “Per avviare una messa in sicurezza e pagare le ditte devi inviare la rendicontazione a cinque uffici diversi. Le autorità presuppongono che siamo tutti ladri? Nel 2019 vorremmo riaprire il teatro Marchetti di metà ‘800, ma chissà se potremo. Servono anni per commissionare il progetto, bandire la gara per il progetto esecutivo, poi quella per le ditte… Non possiamo commissionare progetti, soprattutto se superano certe cifre, non possiamo stornare fondi. Eppure non siamo in una situazione ordinaria. Siamo la città con più sfollati del Cratere, circa settemila, più altrettanti studenti che non possono vivere in centro, senza dire che nel perimetro storico avevamo 220 attività commerciali e studi professionali”. Anche i tecnici a disposizione scarseggiano: “Con il più grande centro storico abbiamo appena quattro tra ingegneri e architetti e prima erano cinque. Come possono bastare quattro tecnici? Dall’esterno molti non si rendono conto dell’impegno e delle battaglie quotidiane”. Pieroni viveva fra queste strade, in un appartamento con mutuo a 25 anni. Rammenta un dato indicativo: “Le separazioni sono aumentate del 60 %, i suicidi del 50 %, il consumo di psicofarmaci dell’80 %”.
Barbara Mastrocola: “Non vogliamo carità ma altre regole”
“C’è una certa rassegnazione fra i camerti – interviene la direttrice della Pinacoteca civica e del Museo diocesano, naturalmente inabigile, Barbara Mastrocola – Non vivere tra queste case provoca sofferenza. Non vogliamo carità. Come musei ecclesiastici vorremmo qualche deroga e agevolazione, per esempio sull’8×1000 alla Chiesa, ma sembra difficile trovare ascolto”. La storica dell’arte indica la facciata in mattoni di San Filippo Neri di metà ’700 (dove alloggiava il Tiepolo) retta da una puntellatura particolare di travi d’acciaio color porpora. Numerose città, marchigiane ed extra marchigiane, si sono candidate a esporre le loro testimonianze artistiche quale gesto di solidarietà. “Le abbiamo prestate volentieri al Comune di Rotella, nell’ascolano, perché in cambio le restaurano, ma in altri casi è sempre vera solidarietà?”. Ogni prestito, suggerisce, dovrebbe portare ricavi economici per l’arte di Camerino. A ogni modo reputa già un risultato il mantenere nel loro borgo le quattro opere ospitate nella chiesa del Seminario.
Santacchi: “Il mio negozio avamposto sul niente”
Sul lato meridionale del borgo arroccato, dietro Santa Maria in via e vicino alla Rocca, appena fuori dal nucleo antico, restano le ultime macerie con pezzi di valigia e altri oggetti: su quella casa è crollato il campanile della chiesa, per fortuna quando gli abitanti erano già sfollati da un pezzo. Tranne la camionetta militare di sorveglianza 24 ore su 24, a sera fra le ombre non si muove nulla. A pochi metri Sandro Santacchi tiene aperto con tenacia il suo bel negozio di ferramenta, ultimo avamposto prima della zona rossa. Santacchi presiede l’associazione Avis Freccia Azzurra (non è quella dei donatori di sangue) che gestisce la Gran Fondo “Terre dei Varano”, gara ciclistica amatoriale che a ogni inizio d’estate richiama amatori delle due ruote fra paesaggi d’incanto. Nel 2019 la correranno il 14 luglio mentre preparano per marzo una gara di mountain bike. “I clienti qui devono venire apposta”, rimarca. E come valuta la gestione del post sisma? “A macchia di leopardo. Manca un senso logico complessivo. Dopo il terremoto del 1997 la gestione fu diversa, razionale. Certo, il cratere era meno esteso, però funzionò e se le norme erano corrette funzionano sempre. Il cratere non è stato suddiviso in base ai danni reali, mentre andrebbe tracciato in cerchi in base a gravità e priorità diverse. A Camerino – aggiunge – la nostra comunità è scissa, la vita sociale è rimasta sconvolta, è difficile anche farsi una pizza con gli amici. Quanto dipende dall’università è stato gestito in modo rapido e veloce e ne siamo contenti, però il centro storico sembra abbandonato al suo destino. Programmare un futuro dignitoso qui per una famiglia è difficile”. Il negoziante-ciclista invoca incentivi affinché le attività commerciali restino e salvino “prospettive di lavoro”. La voce si incrina. Poi Santacchi riprende con fierezza: “La ‘Gran fondo’ è diventata anche un legante tra noi e un mezzo per far conoscere il problema del terremoto. Riusciamo a rovesciare le nostre energie in positivo e ci rende felici far sentire benvenuti i partecipanti”. È un segno: i camerti non si sono arresi.

Il sito: capolavori di Camerino nella chiesa del Seminario
Il sito: la Gran Fondo Terre dei Varano
Il reportage: Montagne verdi e rovine, il terremoto nei Sibillini non è finito

 

 

 

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