I viaggi mentali nel tempo ravvivano i ricordi sbiaditi

Uno studio tedesco rivela come la rievocazione contestuale possa ripristinare la vividezza e agire sulla curva dell'oblio delle memorie.

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1 Agosto 2025 - 14.34


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di Lorenzo Lazzeri

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I ricordi, con il passare del tempo, tendono a sbiadire e a diventare sempre più difficili da rievocare. Una nuova e affascinante ricerca, tuttavia, suggerisce che potrebbero non essere irrecuperabili come si pensava. Uno studio condotto dall’Università tedesca di Ratisbona e pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) ha dimostrato che i “viaggi mentali nel tempo” – ovvero la capacità di riportare alla mente il contesto temporale in cui un ricordo è stato originariamente immagazzinato – possono effettivamente ringiovanire le memorie.

Il potere della reintegrazione contestuale sembra essere la chiave di questo fenomeno. Le memorie sono profondamente legate all’ambiente e alle sensazioni provate al momento della loro formazione. Richiamare odori, suoni, altri segnali ambientali, ma soprattutto le emozioni vissute quando il ricordo è stato codificato può favorire l’azione mnemonica, riconvocando la memoria stessa. Tale pratica è attualmente al centro della “ipotesi del ringiovanimento”.

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Secondo tale ipotesi viaggiare mentalmente indietro nel tempo annulla gli effetti dell’invecchiamento sui ricordi. Il procedimento sembra migliorare l’immediata recuperabilità delle memorie dopo il viaggio mentale e ne ripristina anche il futuro tasso di oblio, creando di fatto una “copia” di queste e dei relativi ricordi. Normalmente si tende a dimenticare un evento più rapidamente nei primi giorni o settimane, con il tasso di oblio che poi si stabilizza su periodi più lunghi a causa del consolidamento della memoria. Il “viaggio mentale nel tempo” riporta tale processo di oblio allo stato iniziale, come se la memoria fosse stata appena formata.

Per testare questa ipotesi i ricercatori hanno reclutato 1.216 volontari per due esperimenti distinti. Nel primo è stato chiesto ai partecipanti di memorizzare una lista di parole e nel secondo è stato chiesto di leggere un brano. In seguito questi sono stati divisi in quattro gruppi per ogni esperimento. Un gruppo ha richiamato il materiale senza alcun “viaggio mentale nel tempo” o reintegrazione del contesto. Gli altri gruppi hanno utilizzato la reintegrazione, richiamando pensieri e sentimenti sperimentati durante la codifica, e sono stati testati a intervalli di 4 ore, 24 ore o 7 giorni dall’apprendimento iniziale.

I risultati hanno dimostrato e confermato dell’ipotesi del ringiovanimento. La traiettoria dell’oblio dei partecipanti, dopo la reintegrazione del contesto, si è invertita e ha corrisposto strettamente alla curva di oblio originale subito dopo che la memoria era stata codificata. Gli autori anticipano che effetti simili potrebbero verificarsi in situazioni quotidiane, come contesti educativi, casi di testimonianza oculare o quando le persone cercano di ricordare dettagli di avvenimenti assai distanti temporalmente, aprendo nuove strade per la comprensione e il potenzialmente il miglioramento della memoria umana.

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