Il bikini: l’emancipazione a due pezzi

La coppia Bikini-Social Media ha prodotto per troppo tempo immagini stereotipate di corpi scultorei. È arrivata l’ora di cambiare direzione, tornare a vedere il bikini come simbolo di emancipazione per ogni tipologia di fisico.

Il bikini: l’emancipazione a due pezzi
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Irene Perli Modifica articolo

10 Luglio 2023 - 12.08


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Il bikini, l’indumento da bagno che ha rivoluzionato il concetto di moda estiva, ha una storia affascinante e controversa. L’idea di un costume da bagno a due pezzi risale all’antichità, con raffigurazioni di donne che indossano indumenti simili risalenti all’era romana e greca. Tuttavia, il bikini moderno che conosciamo oggi ha fatto la sua comparsa solo nel XX secolo: risale infatti al 1946, quando il sarto francese Louis Réard ha presentato al mondo questo capo “esplosivo”.

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Perché questo aggettivo? Per due ragioni: la prima è che Réard chiamò così il costume due pezzi in onore delle Isole Bikini, bombardate dagli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale; la seconda si riferisce alla scia di indignazione che seguì il bikini fin dalla nascita: insomma, è stato forse il “neonato” più discusso della storia. Fu dopo qualche anno che questo capo d’abbigliamento iniziò a riscontrare successo, diventando un’icona di libertà, audacia e autostima, anche grazie agli scatti del 1948 di Marylin Monroe.

Con l’avvento dei social media, il bikini ha acquisito una nuova rilevanza nella società contemporanea. Nuovo, però, non è sempre sinonimo di positivo. Piattaforme come Instagram e Facebook hanno amplificato l’influenza del bikini, rendendolo un simbolo di bellezza standard e desiderabilità di corpi perfetti: che sia stato un ritorno al canone policleteo? Probabilmente sì.

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Le celebrità e gli influencer hanno inoltre contribuito a diffondere l’immagine del bikini come sinonimo di successo economico e felicità. Durante le vacanze estive il soggetto principale degli scatti è proprio il costume da bagno che, come la scarpetta di cristallo di Cenerentola, calza a pennello e cade nei punti giusti, generando un’aspirazione di perfezione fisica.

Fortunatamente, il fenomeno ha anche portato a una crescente consapevolezza dell’effetto negativo dei modelli irrealistici di bellezza, sollevando questioni sul body shaming e l’autostima delle persone. Essendo, infatti, il bikini un indumento che mostra gran parte del corpo, le fotografie con indosso questo capo di abbigliamento hanno aumentato la pressione sociale per conformarsi a determinati standard estetici.

Innumerevoli sono state le persone oggetto di critiche, giudizi e commenti negativi sul loro aspetto fisico, soprattutto con indosso un bikini. Ogni rivoluzione, però, ha un punto di partenza: la famosa goccia che fa traboccare il vaso. Sono stati questi commenti e queste fotografie a farci capire che ogni fisico ha la sua bellezza in quanto unico e autentico (a differenza di molte foto sui social che grazie a luci, prospettiva e qualche ritocchino, creano fisici longilinei). È fondamentale, quindi, promuovere il body positivity, ovvero l’accettazione e la celebrazione di tutti i tipi di corpi; il bikini dovrebbe essere un indumento che incarna l’autostima e la sicurezza, un simbolo di libertà individuale e di sentirsi bene con sé stessi.

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Per concludere, il bikini non è solo un indumento da bagno, ma rappresenta una storia di emancipazione, celebrazione del corpo e autostima. Ognuno di noi dovrebbe sentirsi libero di indossare un bikini senza timori, abbracciando la nostra unicità e apprezzando la bellezza di ogni tipo di corpo.

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