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Petrolio, il libro che contiene la verità sulla morte di Pasolini

David Grieco, amico e aiuto regista di Pier Paolo e autore del film 'La macchinazione', ci dà conto degli atti del convegno di Pisa sul mistero che circonda il romanzo incompiuto, 'sparito per 17 anni'

Petrolio, il libro che contiene la verità sulla morte di Pasolini
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10 Aprile 2018 - 12.18


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di David Grieco

In questo convegno intitolato “Petrolio 25 anni dopo” è successo qualcosa che aspettavamo da tanti anni. Qualcosa di abbastanza straordinario.
Tanto per cominciare, voglio dire che la penso come Walter Siti. Sottoscrivo ogni parola che Siti ha pronunciato in questa sede e vi confesso che sono sconvolto da questa improvvisa identità di vedute con lui. Walter Siti è l’autore del Meridiano dedicato a Pasolini, e pertanto rappresenta una voce estremamente autorevole per parlare di Pier Paolo Pasolini.
Sono sconvolto perché, per quanto mi riguarda, in 42 anni io non mi sono mosso di un centimetro. È lui, Walter Siti, che si è spostato direi di circa 360 gradi.
In tutti questi anni, Walter Siti è stato uno dei principali oppositori e sfottitori dei cosiddetti “complottisti” – di cui io faccio certamente parte – cioè di tutti coloro che hanno visto nel Delitto Pasolini un assassinio politico organizzato nei minimi particolari e portato a termine grazie a un’impressionante rete di complicità.
Improvvisamente, oggi trovo Siti accanto a noi, in mezzo ai “complottisti”, e lo saluto cordialmente. Quella di cambiare idea così, di colpo, è una pratica tutta italiana, ma stavolta la accetto senza riserve.
Quando Riccardo Antoniani ha chiesto a Walter Siti se gli fosse capitato di vedere “La Macchinazione”, il film che ho realizzato per raccontare la morte di Pasolini, sembrava che gli chiedesse se avesse avuto modo di vedere la Madonna. Questo film, purtroppo, non gli è apparso. Eppure, il DVD si trova in commercio da quasi un anno. L’argomento, presumo, avrebbe dovuto interessarlo.
Un’altra cosa che trovo nuova e importante di questo convegno è che non si parla più in maniera ossessiva (e “complottistica”) di Appunto 21, il famoso capitolo scomparso di Petrolio, che era stato scritto o forse no da Pier Paolo Pasolini. Tra l’altro, abbiamo qui tra noi Giovanni Giovannetti che da molto tempo sta indagando sulle scoperte friulane di Pasolini nell’immediato dopoguerra e forse sarà lui a raccontarci nel libro che sta scrivendo, e che attendiamo tutti con ansia, cosa poteva contenere quel fantomatico capitolo scomparso di Petrolio.
Il punto è che non è sparito l’Appunto 21, non sono sparite le ultime foto di Pasolini fatte da Dino Pedriali, non sono spariti i discorsi di Eugenio Cefis che ritroviamo nella nuova edizione di “Frocio e basta”, il libro di Carla Benedetti e di Giovanni Giovannetti che io considero il libro più importante che sia stato scritto a proposito di Pasolini da quando è morto Pasolini.
Ora tutti questi argomenti mi sembrano improvvisamente dei dettagli di scarso interesse.
La vera notizia è che è sparito Petrolio. È sparito tutto il libro. Per ben 17 anni. Provate ad immaginare se questo libro fosse uscito, come sarebbe dovuto uscire, nel 1976, nel 1977 o nel 1978, cioè in anni in cui è stata impressa una svolta epocale, molto violenta, alla strategia della tensione di cui parlava Pasolini. Come sapete, ci fu una vera e propria escalation in quegli anni, che culminò nel rapimento e nell’assassinio di Aldo Moro.
Se Petrolio fosse uscito allora, io non arrivo a dire che alcuni degli episodi più spaventosi della storia del nostro paese non si sarebbero verificati, perché purtroppo non riesco ad avere fiducia nel mio paese, ma se il libro fosse uscito allora provate ad immaginare quanta gente avrebbe capito, con estrema immediatezza, cose che noi in questi decenni andiamo ricostruendo come se stessimo parlando di Tutankamen e delle piramidi. Pensate che fatica stiamo facendo per capire cosa è veramente accaduto a distanza di tanti anni. E rendetevi conto che razza di impresa può rappresentare il tentativo di far capire ciò che abbiamo capito di quegli anni agli italiani di oggi, che vivono o credono di vivere in un’altra epoca e in un altro mondo.
Ma accanto a questo, come ricordava l’avvocato Stefano Maccioni, c’è dell’altro. C’è il fatto, gravissimo ed inspiegabile, che venne ritirata la parte civile al processo di appello del delitto Pasolini. Una decisione della famiglia Pasolini. Una decisione inspiegabile che ha reso possibili due sentenze che fanno a schiaffi l’una con l’altra. Perché la sentenza del primo processo sull’assassinio di Pasolini che venne celebrato presso il Tribunale dei Minori dal giudice Carlo Alfredo Moro, fratello di Aldo Moro, è una sentenza impeccabile. È una sentenza in cui il giudice Moro dice senza mezzi termini di non credere alla confessione di Pino Pelosi, il presunto assassino di Pasolini. Moro afferma che all’Idroscalo c’erano altri assassini, rimasti ignoti, e si spinge fino ad ipotizzare che forse, fra tutti quegli assassini, l’unico che potrebbe non aver materialmente partecipato alla mattanza di Pasolini è senz’altro Pino Pelosi. Pino Pelosi che forse, conclude Moro, quella notte non si trovava neppure sul luogo del delitto.
Dopo una presenza importante della parte civile a quel processo, rappresentata dagli avvocati Guido Calvi e Nino Marazzita, cosa succede? Succede che la parte civile in appello si dissolve. Io stesso seppi soltanto alle porte del processo di appello che la parte civile aveva deciso di fare un passo indietro. E cosa determina questo passo indietro? Il ritiro della parte civile consente una sentenza di appello scritta in fretta e furia, una sentenza del tutto inverosimile che ribalta completamente la prima sentenza, e che verrà poi burocraticamente ratificata in Cassazione.
Questo processo di appello sembra essere stato fatto con un unico, preciso scopo: quello di far sparire gli ignoti complici di Pino Pelosi per lasciare sulle spalle di questo ragazzino gracile tutta la responsabilità dell’assassinio di Pasolini. Quegli ignoti tornano in scena, purtroppo soltanto 39 anni dopo, grazie all’iniziativa dell’avvocato Maccioni che riapre il caso e riesce a far rivenire nuovi DNA sui reperti del delitto che non appartengono né a Pasolini né a Pelosi. Ma ci sono voluti ben 39 anni. Un’eternità. Nel frattempo, tanti protagonisti di allora sono scomparsi. E poco più avanti, anche Pino Pelosi è passato a miglior vita.
Torniamo per un attimo a quelli che poc’anzi definivo dettagli. Dov’è finito il famoso dossier su un potente notabile democristiano (con ogni probabilità Andreotti) che Pasolini aveva con sé nel 1974, come testimonia nel suo libro Dario Bellezza? Quel dossier era tra le carte di Pasolini. Ma tra le carte di Pasolini c’erano tante altre cose, c’erano tutti i materiali che aveva raccolto nella sua lunghissima indagine. Dove sono finiti tutti questi documenti? Erano in casa di Pasolini. Cosa risponde la famiglia Pasolini a questa semplicissima domanda? La famiglia Pasolini, vale a dire Graziella Chiarcossi, Nico Naldini e Vincenzo Cerami, semplicemente non ha mai risposto a questa domanda. E come si spiega la sufficienza di Alberto Moravia quando gli chiedono di Petrolio e Moravia sentenzia lapidario che il libro “non aggiunge nulla all’opera di Pier Paolo Pasolini”? Come si spiega che la fotocopia del manoscritto di Petrolio che Pasolini invia a Moravia con una lettera di accompagnamento risulti scomparsa già dal 2 novembre del 1975? Eppure la lettera di Pasolini esiste ancora e la conosciamo tutti. Ma la fotocopia di Petrolio no, e noi siamo ancora qui, 42 anni dopo, ad arrovellarci su quante fossero le pagine del manoscritto, e sulle ipotesi che Appunto 21 vi fosse o non vi fosse.
Come si spiegano tutte queste cose? Si spiegano purtroppo col fatto che Pier Paolo Pasolini, che è stato tradito un’infinità di volte nella sua vita, è stato tradito in primo luogo dalla sua famiglia, dai suoi migliori amici, da chi gli era più vicino. Questi tradimenti in qualche modo Pasolini li aveva anche provocati, perché Paolo “testava” continuamente le persone. La sua diffidenza derivava dalle drammatiche vicende della sua vita, come l’assassinio di suo fratello Guido a Porzûs, senza contare la persecuzione giudiziaria di cui è stato sempre fatto oggetto, ma anche da quell’aspetto “cristologico” della sua personalità che esiste, è indubbio, e non è soltanto il frutto della fantasia del suo amico Giuseppe Zigaina, che avrà senza dubbio esagerato non poco in questa tesi, ma ha pur sempre raccontato qualcosa che un suo fondamento lo possiede.
Sono felicissimo di aver partecipato a questo convegno e do atto all’Università di Pisa, ma soprattutto a Carla Benedetti – che in questi anni ha fatto un lavoro straordinario – di averci finalmente dato l’opportunità di contestualizzare Petrolio. Perché Petrolio, senza il suo contesto, non esiste. E voglio anche aggiungere che nell’ultimo periodo della sua vita Pasolini faceva tante cose allo stesso tempo ma, come direbbe Shakespeare, usava sempre la stessa stoffa.
Gli editoriali per il Corriere della Sera, Petrolio, il film “Salò”, e anche il discorso che Pasolini avrebbe dovuto pronunciare al congresso del Partito Radicale pochi giorni dopo la sua uccisione, sono tutti pezzi dello stesso mosaico.
Quel film, Salò o le 120 Giornate di Sodoma, come sapete Pasolini non lo doveva fare. Era Sergio Citti che doveva realizzarlo. Sergio chiede aiuto a Pasolini perché si ritrova smarrito alle prese con un testo come Le 120 Giornate di Sodoma di Sade, non ha gli strumenti culturali per comprenderlo, e Paolo gli risponde che ci vuole un’idea, un’idea forte per far sì che lui possa appropriarsi di quel testo. Ma quell’idea Pasolini ce l’ha già, ed è la metafora “Salò come Sodoma”. Quando Paolo la propone a Citti, Sergio poveraccio va definitivamente in confusione e Pasolini allora si impossessa del film promettendogli di intercedere presso il produttore per sostituire quel progetto con un altro film più adatto a Citti.
L’intera esistenza di Pier Paolo Pasolini è fatta della stessa stoffa. Pasolini era un uomo che pensava 24 ore su 24. In ogni momento, potevi sentire il rumore del suo cervello che ruminava. Quando ho fatto il film La Macchinazione, ho voluto una musica per il suo cervello, una sorta di ronzio permanente che è stato realizzato non dai Pink Floyd ma da un sound designer francese di grande talento che si chiama Frederic Le Louet. È da questa incessante attività mentale che nascono le cosiddette profezie di Pasolini, come quella premonizione della strage alla Stazione di Bologna che è stata evocata anche da Walter Siti e che fa sembrare Pasolini una sorta di Nostradamus. Pasolini non era un veggente. Pasolini era un intellettuale che metteva in collegamento tutte le cose che accadevano, perché questo è il dovere di un intellettuale, come spiegava egli stesso nel famoso editoriale noto col titolo di “Romanzo delle stragi”. Pasolini viene assalito da questa intuizione sulla strage di Bologna perché non gli è sfuggito che il treno Italicus, fatto esplodere a pochi chilometri da Bologna, sarebbe dovuto probabilmente esplodere alla Stazione di Bologna per il semplice fatto che Bologna era la madre di tutti gli obiettivi del terrorismo fascista, essendo la “capitale del comunismo italiano”. Tutto qui. Nessuna profezia. Pasolini deve aver pensato che quello era lo scopo, che ci avrebbero sicuramente riprovato, e che molto probabilmente prima o poi ci sarebbero riusciti.
Improvvisamente, per la prima volta, sento che tutti quanti stiamo guardando la stessa cosa. Questo mi fa un immenso piacere ma mi fa anche tanta, tanta rabbia. Perché se Petrolio non fosse stato gestito come è stato gestito dalla famiglia Pasolini ora noi non saremmo qui, probabilmente non ci sarebbe nemmeno questo convegno, e avremmo sviscerato tutto da tempo, con risultati molto concreti non soltanto sulla morte di Pasolini, ma sulla morte di tutti noi. Perché è di questo che parlava Pasolini, avendo spesso ragione e avendo altrettanto spesso torto. Perché Pasolini era un istintivo, prendeva anche delle grandi cantonate, però anche questo secondo me fa di lui una persona straordinaria come poche altre.

(dagli atti del convegno “Petrolio 25 anni dopo” tenutosi all’Università di Pisa il 9 e il 10 novembre 2017)

 

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1/ Pasolini, di nuovo  archiviato di nuovo ammazzato

 
2/ Petrolio, censurato in mille modi

 

3/ Petrolio il sangue di Pier Paolo

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