Francesco Palmieri torna sugli scaffali con un volume dedicato al mandolino

Raccontare la storia di uno degli strumenti a corde più interessanti e versatili della tradizione europea. È la sfida che lo scrittore e giornalista affronta in "Elogio del mandolino" (Langella), un tributo allo strumento che unisce musica colta e popolare

Francesco Palmieri torna sugli scaffali con un volume dedicato al mandolino
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27 Settembre 2025 - 19.07


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Per questo libro Palmieri ha raccolto e studiato informazioni sullo strumento in letteratura, cinema, teatro e pittura per poi unire i vari pezzi e dare vita a un testo che non si rivolgesse in primis a un pubblico specialista ma a tutti. Palmieri ripercorre le radici del mandolino, ricordando la sua importanza nelle opere di compositori del calibro di Vivaldi, Paganini, Beethoven o Mahler e come a questo uso erudita ci fosse a fare da contraltare una vastissima produzione popolare imperniata su di esso.

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Nel corso dell’Ottocento e Novecento si sviluppano le orchestre a plettro (liuti, chitarre, mandolini…) che oggi stanno tornando alla ribalta, con nuove composizioni e riletture di opere già note (dal punto di vista puramente tecnico, il mandolino è accordato per quinte come il violino e suona nella stessa chiave. È perciò facile rileggere col mandolino opere nate per violino). 

Il mandolino oggi è uno strumento dal grande potere emozionale-evocativo, sinestetico, immediatamente il suo suono viene ricondotto a luoghi e situazioni tipo e la nuova produzione fa appello anche a questo. dice Palmieri, intervistato da Agi “Quando il maestro Vessicchio dice che il suo suono rappresenta Napoli rievoca il contributo del mandolino all’ambiente emozionale urbano con posteggi e serenate, oltre che il suo ruolo fondamentale nella canzone classica partenopea: un patrimonio alimentato da musicisti eruditissimi quali Tosti, Costa e Denza, ma anche da talentuosi compositori a orecchio.” –e aggiunge- “Mi è parso curioso che uno strumento così spesso citato, anche in termini denigratori, come un topos oleografico, in binomio con la pizza, non avesse ispirato una specifica narrazione”

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Nello scrivere questo libro, racconta “ho voluto provvedere i lettori di argomenti per controbattere quella retorica negativa, che ha ingenerato quasi un complesso di colpa. Molti italiani si offendono se associati al mandolino, – e puntualizza – ma è il Giappone il paese con più cultori al mondo dello strumento, mentre in Europa primeggia la Germania. Il discorso vale, ovviamente, per molti napoletani, eppure nell’istituzione di una cattedra di mandolino in Conservatorio Napoli fu storicamente preceduta prima da Padova e poi da L’Aquila”. 

A metà tra la cultura aristocratica e quella popolare, il mandolino è un filo rosso tra le culture dei diversi ceti sociali nel corso della storia. “A Napoli, a Cagliari, in Sicilia, le barberie furono ambienti fertili per la crescita di artisti che sarebbero diventati famosi come Pippo Anedda, il più grande mandolinista del secolo scorso. – spiega – O E. A. Mario, che aveva imparato a suonare il mandolino da autodidatta nella barberia del padre, per poi comporre innumerevoli canzoni di successo, compresa la celeberrima ‘Leggenda del Piave’, con questo strumento”. Ma la celebrità del mandolino non si limita all’universo musicale, travalica questo confine venendo citato da Giuseppe Ungaretti, T. S. Eliot, Matilde Serao e altri ancora. Ad aprire il libro, le poesie di questi tre autori che lo citano. 

L’attenzione di Palmieri per questo strumento non è nuova, e spiega “ho raccontato ne ‘Il libro napoletano dei morti’ la passione per il mandolino del più famoso guappo di Napoli, Teofilo Sperino. Immaginare che le sue mani impugnassero con la stessa disinvoltura plettro e coltello disorienta, ma forse quest’idea di incompatibilità nasce da un pregiudizio perbenista. I due libri condividono comunque alcune considerazioni sulle vicende seguite all’unità d’Italia: non bisogna essere borbonici per convenire sull’evidenza del fatto che il processo di formazione nazionale doveva essere realizzato meglio. Fu, forse, anche per porvi rimedio che alcuni anni dopo il personaggio sabaudo più popolare, la regina Margherita, da assidua cultrice di mandolino divenne una sorta di madrina delle orchestre a plettro in tutta la penisola. E a Napoli le dedicarono anche la pizza che porta il suo nome. Pizza & mandolino, riemerge l’immancabile binomio”.

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