Il giallista John Harvey: «Sentirsi vivi e vicini in quarantena da Londra» | Culture
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Il giallista John Harvey: «Sentirsi vivi e vicini in quarantena da Londra»

La testimonianza dello scrittore: «Siamo tutti uniti, qui in Gran Bretagna, voi italiani, in Spagna ... »

Il giallista John Harvey: «Sentirsi vivi e vicini in quarantena da Londra»
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27 Marzo 2020 - 17.33


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Regno Unito, patria di grandi giallisti. Nel passato come oggi. Uno dei migliori autori del genere, malgrado in Italia non sia mai riuscito a sfondare, per qualche oscuro mistero dell’editoria che meriterebbe un’indagine di Sherlock Holmes o Hercule Poirot, è John Harvey. La sua serie dell’ispettore Charlie Resnick della polizia di Nottingham è un “must” per gli appassionati di noir. “Anestesia Letale” (Oltre Edizioni, 440 pp.) è il suo ultimo, splendido romanzo apparso in Italia. Quelle che seguono sono le sue riflessioni sul difficile momento del suo come del nostro paese.
(a cura di Rock Reynolds)

di John Harvey

Dapprima, è stato solo un suono metallico sordo e persistente, difficile da riconoscere. Qualcuno in strada che sbatteva un cucchiaio sul fondo di una padella. Dentro casa, abbiamo smesso di fare quello che stavamo facendo e abbiamo controllato che ore fossero: già, le otto. I portoni hanno iniziato ad aprirsi.

Inizialmente in modo casuale e poi sempre più all’unisono: gente alle finestre, sui balconi, che batteva insistentemente le mani, gente anziana, gente più giovane, bambini. E, da case più lontane e da strade più trafficate, il rintocco delle campane, i clacson delle automobili, tutti insieme in una cacofonia rauca e gioiosa di suoni, di rumori, di celebrazioni per il sempre fatto di essere ancora vivi e per rendere grazie a coloro che lavoravano a tempo pieno per far sì che tutto ciò fosse possibile. E, quando quei suoni, alla fine, hanno balbettato e si sono spenti, ho pensato a quelle persone che sono intrappolate come noi, in quarantena, in altre nazioni – Italia e Spagna – dove questa cerimonia serale ha avuto inizio, e mi sono reso conto quanto, in qualche modo, tutto ciò ci abbia uniti, ben sapendo che, applausi a parte, c’è poco che la maggior parte di noi possa fare a parte questo: sperare, attendere, magari pregare, lavarci le mani.

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