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“Dottore, è esperto di topless?”. Le gag dei pazienti narrate dal medico Bartolo

L’angiologo romano in “Dottore le giuro che era morto” racconta le vicissitudini di un medico nella sanità. Con un esilarante campionario su cosa si chiede al dottore

“Dottore, è esperto di topless?”. Le gag dei pazienti narrate dal medico Bartolo
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18 Marzo 2020 - 12.35


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di Antonio Salvati

Si parla e si scrive tanto sulla crisi del Sistema Sanitario Nazionale, soprattutto nelle ultime settimane dominate dall’epidemia del coronavirus. Tanti libri disquisiscono su di essa. L’ultimo libro di Michelangelo Bartolo, angiologo in forza presso l’ospedale San Giovanni di Roma, Dottore le giuro che era morto (2020 Infinito Edizioni, 175 pagine, 13,00 euro) non è l’ennesimo volume in cui esperti e dirigenti del sistema sanitario si confrontano sullo stato della sanità italiana e, in particolare, sui tagli che avrebbe ricevuto negli ultimi decenni (basti pensare alle polemiche di questi giorni). Tutt’altro.

Come nei precedenti libri, Bartolo con spiccato senso dell’humor ci accompagna, attraverso le vicissitudini del dottor Clementi (alias Michelangelo Bartolo), in un viaggio nella sanità pubblica. Un modo originale e decisamente efficace per raccontare la sanità italiana, rimarcando l’umanità e le difficolta dei medici e dei pazienti. Non è neanche un libro sulla “malasanità”, di cui ciascuno di noi potrebbe fornire diversi episodi che spesso contribuiscono a offuscare gli innumerevoli casi di buona sanità e di eccellenza che esistono nel nostro paese. È il caso di ribadirlo: il nostro sistema sanitario è uno dei migliori del mondo; molti ce lo invidiano e spesso tale eccellenza è il risultato dello sforzo che medici, infermieri, tecnici, ausiliari compiono giorno dopo giorno con passione e dedizione.

Quelli che … “Mi consiglia il suo pedofilo di fiducia?”
È un libro per tutti grazie ad una narrazione con uno stile discorsivo spesso ironico e con aneddoti divertenti di pazienti che chiedono: “Dottore, ho saputo che lei è un grande esperto di topless”, “Dottore, mi hanno tolto la vena safena nel ‘97 e nel ‘99 me l’hanno rimessa”, “Dottore, ho la minima più alta della massima”, “Dottore, mi può dare il nome del suo pedofilo di fiducia?”, “Dottore, ho sempre sofferto di vene vanitose”. Il medico protagonista ad una signora con uno stato clinico assai problematico e alla quale avevo comunicato la sua decisione di ricoverarla, si sente rispondere come se l’avesse invitata a teatro: “Dottore, volentieri, ma sto male…”.
Divertente anche la variegata tipologia dei pazienti raggruppabili in categorie del tipo: Quelli che…, per dirla con il compianto Enzo Jannacci. Quelli che… non vogliono assolutamente farmaci perché sono terrorizzati degli effetti collaterali della terapia. Il medico risponde rassicurando ma in maniera veritiera: “Non esistono farmaci che fanno soltanto bene; le medicine che non hanno nessun effetto collaterale, in genere, non hanno neanche alcun potere terapeutico”.

Dottor Google
Per converso ci son Quelli che… vogliono assolutamente qualche farmaco perché convinti che è sufficiente trovare la molecola giusta per risolvere il loro problema. Quelli che… parlano in continuazione e “ti ricoprono di particolari insulsi tralasciando le cose veramente importanti”. Del resto, la diffusione di internet e l’interpellare in continuazione il “dott. Google” ha fatto cambiare anche l’atteggiamento dei pazienti che spesso sono già documentati sulle ultime novità riguardo la loro presunta patologia e spesso espongono con convinzione al medico di turno fake new sanitarie che però non considerano tali.

La terminologia dei pazienti è cambiata
La terminologia dei pazienti è cambiata. Una volta ti raccontavano i loro sintomi, ma dopo la visita si affidavano al clinico attendendo uno straccio di diagnosi e magari anche una prescrizione terapeutica. “Oggi no. Oggi si siedono davanti a te e ti spiattellano tutto in un fiato anamnesi, sintomi, diagnosi, prognosi e terapia con le varie controindicazioni”. Anche la terminologia dei medici continua ad essere incomprensibile (non solo nella grafia) e piena di parole altosonanti che talvolta spaventano inutilmente i pazienti. Del tipo sgabello flebologico che altro non è che una semplice pedana, il mal di testa diviene cefalea, la mancanza di appetito disappetenza, il mal di schiena rachialgia e via dicendo. E poi ci sono Quelli che… sono taciturni; in genere sono soggetti un po’ depressi che vengono alla visita per l’insistenza di qualcun altro. Infine, Quelli che… sono amici o parenti. Solitamente dopo essere stati visitati e aver ascoltato la tua diagnosi e qualche suggerimento terapeutico, ti dicono candidamente: “Ma sei sicuro? Ma non è meglio che faccio altri accertamenti? E se mi vedesse quell’altro tuo collega?”.

Ai pazienti bisogna “mettere le mani addosso”
Si dibatte da tanto tempo – in tempi di spending review – dell’aumento eccessivo del ricorso ad esami strumentali, spesso inutili, “ma che vanno di moda”. Negare un esame diagnostico a un paziente sembra quasi di fargli uno sgarbo. In realtà, come ripeteva un medico, “ai pazienti gli devi mettere le mani addosso”. E aveva ragione. Specialmente in campo angiologico – sostiene l’autore-protagonista del libro – a volte basterebbe veramente poco per evitare inutili e dispendiosi esami strumentali e fare brillanti diagnosi usando soltanto le mani e gli occhi.

In questi giorni di reclusione forzata, causa emergenza Coronavirus, in cui molti di noi si trovano costretti tra le mura domestiche, il libro di Bartolo rappresenta un’ottima compagnia nonché un modo per ricordarci dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori in campo per affrontare l’emergenza.

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