Migranti o madri fino alla morte, le donne del mito riviste da Murgia, Ciabatti e altre

“Le nuove eroidi”: da Valeria Parrella a Chiara Valerio: otto autrici rivisitano Medea, Didone, Fedra e altre figure con letture sorprendenti

Migranti o madri fino alla morte, le donne del mito riviste da Murgia, Ciabatti e altre
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21 Ottobre 2019 - 11.42


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Medea è una delle figure più terribili della mitologia greca. Maga, per amore di Giasone uccide il fratello; ancor peggio, arriverà ad assassinare i propri figli per vendicarsi dell’eroe amato quando questi non la vorrà più. Nelle Metamorfosi di Ovidio è una donna più complessa, tormentata. Con la penna di Teresa Ciabatti Medea acquista un’altra lettura: oggi è una delle eroine in cui otto autrici italiane in altrettanti racconti reinterpretano miti classici dal punto di vista femminile e del nostro tempo. E Medea oggi si trasforma in una donna disposta a qualunque cosa per salvare i figli arrivando a opzioni radicali, estreme.

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Le nuove Eroidi (HarperCollins Italia, pp. 208, €17.50) è una riscrittura delle epistole in versi di Ovidio in cui varie eroine scrivevano ai loro mariti e compagni. Stavolta scrivono direttamente otto scrittrici italiane nate negli anni Settanta. Antonella Lattanzi riscrive la storia di Fedra, Valeria Parrella interpreta Didone, la regina abbandonata da Enea, Ilaria Bernardini rilegge Ero, Veronica Raimo affronta Laodamia, Chiara Valerio interpreta Deianira,  Caterina Bonvicini vede la Penelope per Omero impegnata in altro e non più in eterna attesa. Michela Murgia rivisita la storia di Elena, la bellissima che nel mito avrebbe causato la guerra di Troia, e Teresa Ciabatti si concentra appunto su Medea e ambienta la storia in Maremma. È un’operazione editoriale e narrativa molto stimolante e rammenta tra l’altro che i miti anche nella classicità sono material in perenne mutazione e reinterpretazione.

Con Antonella Lattanzi Fedra, regina inamorata del figliastro, scrive ai figli un’ultima lettera in cui confessa il proprio amore e dove “verità”, “amore” e “libertà” sono parole emblematiche.

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La Didone di Valeria Parrella, regina abbandonata da Enea che deve andare a fondare Roma sulle coste tirreniche, manifesta disprezzo per un eroe che si dimostra invece vigliacco di fronte a lei e alle leggi dell’amore.

Ero, sacerdotessa. La riscrive Ilaria Bernardini dove lei e Leandro sono una coppia di migranti in fuga su due barconi diversi sul Mediterraneo con finale tragico come spesso accade. “Quando ho letto di Ero e Leandro, un uomo che ogni notte attraversa a nuoto un tratto del Mediterraneo per incontrare la sua amata sull’isola opposta, mi è subito venuta in mente l’immagine del Mediterraneo ora: un mare attraversato da migranti che perdono la vita”, ha detto l’autrice all’Ansa. Ilaria Bernardini ha spiegato di aver letto testimonianze della ong Oxfam e di aver fondato la propria storia sulle “parole vere di Ada Moussa, Amadou, Idrissa Diallo, Jamal, Kaba”, di migranti in carne e ossa, anche per ricordare che dal 2014 al 2019 finora sono morti in mare almeno “quindicimila migranti”.

Il tema dei migranti nel Mediterraneo torna con Penelope secondo Caterina Bonvicini: invece di essere la moglie in paziente attesa di Ulisse a Itaca è cuoca a bordo di una nave ong che soccorre appunto migrant: lei si è imbarcata per mare e salva rifugiati mentre Ulisse la attende a Itaca.

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Laodamia ha perso il marito nella Guerra di Troia. In mano a Veronica Raimo il soldato ucciso, Protesilao, è trasformato in un reporter di Guerra e invece di una statua di bronzo a ricordarlo sarà una chat erotica della donna con il fantasma dell’amato.

Deianira, principessa di Caleidone, è anch’essa una figura tragica. Nella versione più nota del mito (molti miti hanno più versioni, anche radicalmente diverse) viene salvata dal tentato stupro del centauro Nesso da Ercole, o Eracle nel mito greco. La donna però si impiccherà dopo aver visto le conseguenze di una tunica datale dal centauro morente, tunica che credeva un incantesimo d’amore e invece era una vendetta ai danni dell’eroe. La vicenda viene rivisitata da Chiara Valerio la quale affida la parola alla serva Eubea e immagina un’altra spiegazione alla follia di Ercole.

Infine Elena secondo Michela Murgia. Su di lei gli uomini ne hanno dette tante. Qui la donna si rivolge a Paride mentre dorme accanto a lei e nelle sue parole emerge come l’essere la più bella delle belle sia non una scelta quanto una condanna: “Quando bellezza e guerra diventano sinonimi, non c’è più differenza tra ammirare e prendere di mira”.

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