Fin dove può arrivare un tifoso? McIlvanney ce lo racconta così

Pubblichiamo un brano dalla raccolta "Chi si rivede!" dello scrittore scozzese William McIlvanney. Sui sogni infranti o che rinascono nella vita quotidiana

Fin dove può arrivare un tifoso? McIlvanney ce lo racconta così
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14 Dicembre 2018 - 11.01


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William McIlvanney (1936-2015) è stato apprezzato poeta, romanziere e saggista scozzese. Le edizioni Paginauno, nella collana “Il bosco di latte” (titolo di una magnifica e immaginifica raccolta di racconti del poeta gallese Dylan Thomas) ha pubblicato una raccolta di sei deliziosi racconti di McIlvanney, “Chi si rivede!” (Edizioni Paginauno, traduzione e postfazione di Clara Pezzuto, pp. 120, € 13), ambientati nell’immaginaria cittadina scozzese di Graithnock tra persone dalla vita comune che spesso hanno rinunciato ai loro sogni ma una qualche luce arriva lo stesso a baluginare nella quotidianità.

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Su concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto da “Un saluto con la mano”. Qui Bert Watson, dirigente in una maglieria dai sogni di giovinezza sepolti da commerci, fatture che non quadrano e un matrimonio che non brilla, riceve un lavoratore dell’impresa, Duncan. Il quale chiede un prestito di cinquecento sterline, siamo nel 1978, e tre mesi di aspettativa per raggiungere un obbiettivo alquanto speciale. Otterrà quanto chiede da Watson, ma in un modo imprevedibile e scaturito da un sentimento di paterna tenerezza. Il primo a parlare (sul prestito) è Duncan.

 

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«Lo restituirei, ovviamente.»
«In che modo?»
«Dalle mie buste paga. Quando riprenderò a lavorare.»
«Duncan, è un mucchio di soldi. Ce la faresti appena in tempo prima di andare in pensione.»
«Ho fatto i miei calcoli» disse Duncan. «Diciamo dieci sterline a settimana. Entro un anno è fatta.»
«Ah ah. Sempre che la denutrizione non ti tenga lontano dal lavoro.»
«Scusi?»
«Duncan, sei nei guai?»
Duncan era perplesso.
«Guai?»
«Perché hai bisogno di questi soldi e dell’aspettativa?»
«Vuol dirmi che non lo sa?»
«Te lo sto chiedendo, Duncan.»
Duncan sorrise meravigliato di fronte all’innocenza di Bert Watson.
«Argentina» disse.
Bert Watson consultò di nuovo Samantha (la ragazza nel calendario Pirelli nell’ufficio, ndr). Era come se il suo braccio alzato indicasse l’anno sopra la sua testa: 1978. Capì. Rimise a fuoco Duncan. Non era pazzo. Almeno non così eccentricamente pazzo come si stava figurando. Era sì pazzo, ma di una pazzia naturale. Bert Watson guardò Duncan e sorrise. Duncan ricambiò il sorriso. Bert Watson scosse il capo, guardò la scrivania e sorrise ancora.
Era interessante avere nel proprio ufficio il primo caso, a lui personalmente noto, di quella follia che stava dilagando nel Paese. Da qualche settimana si era accorto della spaventosa morsa epidemica che sfidava la Scozia, un bubbone psichiatrico. Tutti quanti volevano andare in Argentina. Pareva che improvvisamente gli uomini si fossero alzati in piedi nella completa tranquillità delle proprie case annunciando alle famiglie: “Voglio andare in Argentina”, come se avessero captato strani messaggi presenti nell’aria. Per di più, alcuni di loro stavano cercando di soddisfare quell’impellente desiderio. Un giorno sì e uno no, sui giornali o alla televisione, venivano a galla nuove storie di piani sfrenati, orditi su come arrivare lì. Erano state menzionate imbarcazioni a remi. Correva voce che due uomini provenienti da Tarbert, sul Loch Fyne, ci stessero andando in bicicletta. Si diceva che un allibratore della costa orientale stesse noleggiando un sottomarino. Da quando la Nazionale Scozzese si era qualificata per la fase finale della Coppa del Mondo in Argentina, un desiderio di viaggiare verso quell’unica meta era divenuto l’infermità mentale della nazione. Bert Watson sorrise di nuovo.
«Vuoi andare in Argentina?»
«Perché, lei no?»
Lo stupore di Duncan colpì nel segno. Bert Watson voleva andarci, o meglio, gli sarebbe piaciuto. Seppur in forma lieve, era stato colpito da uno stadio iniziale di quel tipo di febbre. Aveva sognato a occhi aperti di prendere le ferie in anticipo e partecipare all’ingresso trionfale degli scozzesi a Buenos Aires per la fase finale. Ma il disprezzo di Marie (la moglie di Bert, ndr) nei confronti del calcio era stato un antidoto ad azione immediata. Non avrebbe mai preso in considerazione l’idea e lui non avrebbe mai potuto eguagliare la brutalità maschilista di un suo amico che sognava da dodici anni la sola vacanza che avesse mai realmente voluto fare, e che un giorno era tornato a casa annunciando alla moglie: “Ho prenotato le vacanze.”
“Ho sempre sognato che mi facessi una sorpresa del genere” aveva detto lei. “E dove andiamo?”
“Tu andrai nel villaggio turistico Pontin con i bambini” aveva detto lui. “Io farò un safari nell’Africa Orientale.”
Bert Watson si era curato da solo, senza aver mai menzionato il fatto a Marie. L’unica azione che aveva concesso alla smania che lo circondava era stata la produzione della linea con il leone rampante. Tutti gli altri stavano approfittando della situazione, con bandiere, sciarpe e poster. Perché lui non avrebbe dovuto? I maglioni stavano andando bene. Il che era già qualcosa. Sii ragionevole, pensava, guardando Duncan.
«E come ci andresti Duncan?» gli chiese.
«Attraversando l’America» rispose Duncan in modo risoluto.
«Attraversando l’America? In che senso?»
«Prima vado a New York. Poi passo per l’America.» Duncan vi si riferiva come a una strada principale.
«Ma l’America non confina con l’Argentina, Duncan. Ti rimarrebbe ancora una certa distanza da percorrere.»
«Cosa? Intende l’America centrale e tutto il resto? Eh certo.»
«E il Sud America? L’Argentina è piuttosto in fondo nella carta geografica.»
«Questo è vero.»
«Stai parlando di almeno settemila miglia.» I sogni abbandonati hanno una loro utilità.
«Così tanti?»
Duncan socchiuse le labbra e annuì. Aveva l’aria di uno che si stava chiedendo se non fosse il caso di portarsi dietro altre cinque sterline.
«Settemila miglia. Sei mai stato fuori dalla Scozia?»
«Blackpool» disse Duncan. Poi aggiunse un dato significativo: «Due volte.»
«Blackpool in Inghilterra?»
«Cioè? Ne esiste un’altra?»
«Non saprei, Duncan. Era solo una domanda. Tutto qui?»
«Vede, con mia madre e tutto il resto, non è che me ne vado molto in giro.»
«Mi sembri intenzionato a rimediare. E vorresti andarci via terra?»
«Esatto. America, Centro America. Tutto.»
«Hai mai sentito parlare del Darien Gap?»
«Del che?»
«Giungla. A Panama. Non ci sono mezzi di trasporto lì.»
«Dev’esserci qualcosa.»
«Ah ah. E con chi ci andrai?»
«Ecco, a Danny Wright piacerebbe venire. Se riesce a liberarsi.»
«Chi è Danny Wright?»
«Un mio amico. Beh, non propriamente un amico. Lo conosco. È entusiasta all’idea di partire.»
«Anche lui è di Graithnock?»
«Di origine. Ma adesso lavora a Coventry. Ne abbiamo parlato a lungo al telefono. Ci vorremmo incontrare a Londra. Aeroporto di Heathrow.»
«E che mi dici di Danny Wright?»
«In che senso?»
«È uno che ha viaggiato?»
«È stato in vacanza in Spagna. Ma ancora non c’è niente di sicuro.»
«Quindi potresti andarci da solo?»
«Vediamo.»
Lo stupore di Samantha era in aumento. I suoi occhi, e non solo quelli, debordavano. Il pensiero di Bert Watson andò al padre di Duncan. Ebbe la vaga immagine di una tomba in subbuglio. Gli sovvenne una frase in latino dai tempi della scuola: in loco parentis [nota dal libro: locuzione latina che indica il prendersi la responsabilità di una persona facendo le veci del genitore].
«Duncan» disse, «questa è una maglieria, non la Clydesdale Bank. Sii onesto. Come posso farlo? Sono soltanto un dirigente qui. Mary Simmons dice di volere una pelliccia. Jackie Stevens mi parla del suo debole per le automobili. Dovrei forse dare un anticipo anche a loro?»
«Ma questo è un caso eccezionale» disse Duncan.
«Caso eccezionale? Ogni uomo o ragazzo e molte delle donne in Scozia ci vorrebbero andare.» Eccetto Marie, pensò. «Sii onesto, Duncan, non si può fare.»
«Insomma, non capita tutti gli anni di entrare nella fase finale della Coppa del Mondo.»
«Inizio a pensare che sia una fortuna. Non posso farlo, Duncan. È un’idea folle. Comunque sia, non possiamo fare a meno di te in fabbrica per tre mesi. Dobbiamo uscire con le nuove linee estive.»
Duncan ci rifletté sopra.
«Questo è quanto?»
«Questo è quanto, Duncan.»
Bert Watson provò pena per Duncan ma al contempo era felice. Lo stava salvando da se stesso. Da qualche parte in una tomba nel sottosuolo, la pace si era ristabilita.
«Beh, a ogni modo, grazie per averne parlato.»
Duncan si alzò in piedi.
«Figurati, Duncan. Puoi vedere tutto il mondiale alla tv, comunque. Con buona probabilità, avrai una visuale migliore.»
Il prezzo dei maglioni era corretto. Il che significava che l’errore stava nell’aver calcolato il costo di due dozzine di abiti in lana.
«Le farò sapere quando comunicherò la settimana di preavviso.»
Quando Bert Watson sollevò lo sguardo, Duncan si era già avviato verso la porta.
«Duncan, cosa hai detto?»
«Non so ancora quando farò i bagagli. Vede, devo cercare di tirar su quanto più possibile. E devo darmi il tempo per arrivare lì. Potrebbero volerci sei o sette settimane, a quanto dicono.»
«Così rinunci al tuo lavoro.»
«Pazienza.»
«Duncan, non farlo.»

 

 

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