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Dario Argento mette i brividi anche da scrittore: lo dimostra Horror

Il regista pubblica per Mondadori una raccolta di racconti. All'interno tutte le inquietudini che animano il cinema del nostro 'maestro' del terrore

Dario Argento mette i brividi anche da scrittore: lo dimostra Horror
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11 Aprile 2018 - 13.03


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di Enzo Verrengia

I racconti che Dario Argento propone in Horror sono una silloge delle inquietudini magistralmente espresse dal regista sul grande schermo. E, non certo paradossalmente, per iscritto acquisiscono una valenza notevole nel panorama squallido dell’odierna narrativa non solo di genere italiana. Si prenda l’attacco. Argento trascorre una notte agli Uffizi di Firenze per sopralluogo in vista del film Non ho sonno. Ecco allora che le sembianze elusive di un guardiano dal curioso tatuaggio sul collo vengono trasposte dalla fantasia sovraeccitata del regista in quelle di una figura demoniaca fra le tanti dei quadri esposti. Più che di un incubo, si tratta, nelle stesse parole di Argento, di «un contesto speciale e magico», dove il suo amore per l’arte e la conoscenza di pittori e opere lo porta a rivivere sotto forma di allucinazione uditiva, fra l’altro, lo stupro di Artemisia Gentileschi da parte di Agostino Tassi.
Nel successivo Rosso porpora alla Biblioteca Angelica, viene detronizzato tutto quanto di sia pur lontanamente angoscioso aleggia fra i thriller vaticani che ingombrano gli scaffali delle librerie. Qui Leonardo Giuliani, studioso newyorkese di origini peninsulari, incappa nelle grinfie di un killer che agisce per conto di chissà quale occulto potentato. Tutto scaturito dall’incanto di una misteriosa mulatta che ammalia il protagonista dinanzi a un bar del centro storico di Roma. Oltre a Dan Brown, echeggia Il segno del comando, upgradato a 4.0.
Villa Palagonia si ambienta nella Sicilia solare di Bagheria. Ma l’edificio del titolo nasconde orrori atavici in pieno sole. “Villa dei Mostri”, è soprannominato. Il perché lo scopre a spese della ragione e dell’incolumità fisica il mite Enrico, che viene avviluppato da maledizioni familiari tornate a esigere sangue, statue animate, aristocratici spettrali e l’intero repertorio del gotico. Con un impagabile conclusione. La signora che fa da guida nella Villa dei Mostri si rivolge al povero Enrico, reduce da un sabba di terrore: «Lei doveva aspettarmi, ero stata chiara, ricorda? Ci sono delle parti della villa non visitabili, non sarà mica entrato nelle stanze private?»
«E tu ci credi ai fantasmi?» domanda Michela a Carlo nel finale de Le segrete di Merano. Lui risponde: «Certo che sì, ne ho anche visto uno…» A quel punto i lettori non possono che solidarizzare con il malcapitato, nelle pagine precedenti vittima dell’infestazione sotterranea di una residenza già teatro di un antico delitto.
Situazioni analoghe nei due pezzi che completano il libro, Alchimie macabre al castello di Gilles e Demoni a Singapore.
Afferma Dario Argento nell’introduzione: «Ho scritto questi racconti, così diversi gli uni dagli altri, racconti che scaturiscono dalla mia parte oscura, dai miei sogni proibiti, dalle fantasie più morbose profonde del mio animo». Una verità all’incrocio tra invenzione e autobiografia interiore. Chi credeva di avere esaurito il proprio culto di Argento con la visione anche ripetuta dei suoi film, scoprirà che le scaturigini del genio visionario hanno radici ben salde nella capacità evocativa della prosa. Passando alla letteratura, uno dei più grandi autori per immagini del panorama culturale contemporaneo, nasce a nuova vita sulla carta stampata.

 

Dario Argento, Horror (Mondadori, pp. 162, Euro 17,00)

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