Siamo tutti gay, ovvero libertini, parola di Freud

Sergio Benvenuto interpreta cosa è essenziale del grande viennese in “Leggere Freud, dall'isteria alla fine dell'analisi” (Orthotes)

Siamo tutti gay, ovvero libertini, parola di Freud
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18 Marzo 2018 - 16.58


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di Delia Vaccarello

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Perché leggere Freud oggi? Per toccare con mano ciò per cui ciascuno vive o muore, saggezza più comune alle colf dell’epoca freudiana che agli scienziati coevi.
Freud si è occupato di cose ritenute “basse” essendo basilari, di sessualità e di desiderio, ha dato nuova credibilità a un certo sapere popolare sui sogni e non solo. Ma oggi cosa resta? Resta l’attenzione posta sulla sessualità che non serve, piuttosto che a quella riproduttiva. A dirci dove siamo è l’eccesso, l’in più e non la struttura, l’inutile per cui siamo disposti a gettarci nel fuoco. Con leggibile e raffinata narrazione Sergio Benvenuto in “Leggere Freud, dall’isteria alla fine dell’analisi” (Orthotes edizioni) si colloca nella terza fase della storia della psicanalisi, delimitando la seconda alla quale appartengono tra gli altri Lacan e Winnicot. “Essere freudiano oggi significa separarsi da un certo Freud, se i manuali parlano di Edipo, scena primaria, apres coup, non è questo l’essenziale. Allora cosa è essenzialmente freudiano?”, si è chiesto l’autore intervenendo a Roma presso Iprs per parlare del libro con Cristiana Cimino, Luciano De Fiore, Raffaele Bracalenti, Arturo Casoni.
E ha segnalato la grande sfida sia metafisica che etica. Per Freud la sessualità che conta è la plus sessualità, quella perversa, mancata, eccessiva. Non funzionale. Il resto è adattività.
Il terreno è scabroso, l’occasione inquietante e allettante, le ricadute molteplici. Se è disposto a indagare e a scoprire ciò che lo ritrae “fuori norma”, l’analizzante ha la possibilità di mostrarsi, nonché di reggere la vertigine di essere unico. Ma la sfida è anche per l’analista, che deve sfuggire alla palude, alla tentazione di divenire omologante.
Uno dei rischi è la retorica, ringalluzzita di questi tempi.
Prendiamo l’argomento della Gpa (Gestazione per altri), che c’entra non poco visto che parliamo di sessualità non adattiva. Di retorica ha dato prova il dibattito. Abbiamo assistito alla rivendicazione da posizioni insospettabili, incluse alcune voci della psicanalisi, dell’essere “Madre” biologica come destino intoccabile della donna. La surrogacy sarebbe nell’ottica di un certo femminismo (ce n’è più di uno) uno “scippo” del grembo da parte degli uomini, e per le forze conservatrici un pericolo. Insomma: la maternità non si potrebbe “spacchettare”, distinguendo i ruoli della portatrice di ovuli, della portatrice di grembo, e della “madre” divenuta funzione, che viene espletata dalla figura femminile o maschile che crescerà il neonato.
Diversa e pratica la posizione di Elisabeth Roudinesco, la quale ha invitato a considerare la gestazione per altri innanzitutto un fatto, dal volto legittimamente disordinante, affrontabile con regole.

Già, il disordine. E’ evidente che da quando la tecnologia ha separato la riproduzione dalla sessualità, da quando cioè le nascite non sono conseguenza necessaria di un atto sessuale, si sono creati spazi nuovi. Da una parte diventano a tutti gli effetti padri e madri i genitori “intenzionali” e dall’altra la sessualità si presenta dimensione “libera” ma anche possiamo dire “parallela” (nel senso di due rette che non si toccano) alla procreazione . Così oggi una coppia gay (spesso non chiusa e senza nascondimenti) può aspirare ad essere coppia genitoriale. E una coppia etero può riprodursi senza fare sesso, scegliendo il sesso per il godimento.
Le cose cambiano. Sul piano dei fenomeni sociali emerge, nel senso che diventa visibile, proprio quella sessualità dell’eccesso, dell’oltre misura, che Benvenuto individua come il nocciolo della proposta freudiana. Ma dell’eccesso si può parlare? E’ dicibile? Non resta per sua natura refrattario? “la sessualità, come la morte, è al di là di ogni interpretazione” chiosa Benvenuto
Altra cosa è intercettare l’area che precede il dire, simile all’area perinatale laddove gli inconsci comunicano della quale ha parlato, anche a proposito del legame amoroso e del godimento femminile, Cristiana Cimino nel suo ultimo libro. Area delicatissima, da maneggiare con cura per non cadere nel collasso tra analista e analizzante. Al contrario, a furia di provare a dire, molta psicanalisi sembra aver tradito se stessa, abusando del linguaggio, stilando come dei bignami delle parole chiave di chi l’ha fondata o continuata. Non leggendo i vuoti del discorso, tradendo le inedite strade espressive. E questa è, per Benvenuto, la psicanalisi senza talento, agli antipodi della flessibilità che modula e mescola principi per cogliere la specificità di ciascun essere umano.
Benvenuto chiama in causa anche la psicanalisi istituzionale. E la provocazione c’è tutta. L’operazione è politica. Che fare di Freud oggi? “La sessualità così importante per Freud è quella che non mira alla riproduzione ma al godimento. E che quindi può avere sbocchi omosessuali, o perversi, o sintomatici, o di annullamento della sessualità stessa (alcuni individui sono di fatto privi di impulsi sessuali)”, scrive. La valutazione della sessualità non adattiva come l’unica che conti davvero “sdogana” le singolarità, i percorsi di ciascuno, le soggettività, con il tesoro e il carico dell’imprevisto, e le sgancia dalla legge universale della riproduzione. Un tratto teorico che ritroviamo in un certo stile dell’autore, del Benvenuto che nel corso della presentazione ha ringraziato i relatori della lettura, ma non della comprensione, perché “ognuno capisce a modo suo”. Giusto. E vitale, oggi che siamo circondati dall’incalzare degli atteggiamenti rifiutanti, dalla ricerca del nemico individuato in tutti coloro che “non sono normali”, ovvero sono migranti, hanno famiglie non canoniche o non ne hanno per scelta, sono donne e riempiono le piazze, per fare solo qualche esempio. Salvo poi accorgerci che i paladini della normalità e del “nero a casa sua” hanno vite relazionali fantasiose, come diversi tra i leader del family day. E sarebbe meglio per tutti che predicassero come liberamente razzolano.
In questo clima relazionale e politico, Benvenuto tiene fermo di Freud il principio anti-normalizzante per eccellenza, quello del desiderio-godimento. E leggendo fino in fondo la postilla, nella quale l’autore parla di sé come psicanalista, si intende che tale principio gli è molto familiare: “la mia pratica è frutto di una preferenza inscindibilmente legata alle mie attitudini, bisogni spirituali, esigenze personali, preferenze filosofiche…”. Avendo fatto diverse analisi e di diversi indirizzi, Benvenuto si è smarcato da una scuola, diversamente da quanto avviene di solito, visto che ogni analista tende a scegliere la scuola del proprio analista. Così si conferma figura multitasking che appare in tutta la sua originalità. Di Freud non dà una lettura che si professa la più obiettiva, ma citando Wittgenstein ci offre una rappresentazione perspicua, vale a dire parlante, in grado di mettere elementi noti in un ordine illuminante, e lavorando soprattutto con le intuizioni.
E veniamo al libro che dedica una prima parte molto ampia all’isteria, alla tragedia di chi gode a livello inconscio nel perseguire un godimento impossibile, di chi sfiora le relazioni, molte, e si pone in eterna fuga. E fa suo il vuoto. Nevrosi femminile, diffusa anche tra i maschi, terreno di nascita della psicanalisi, e oggi dice Benvenuto “attraente”. “Così l’isterica attrae tanti – in particolare donne – perché mette in scena paradigmaticamente il viaggio della donna oggi, in un’epoca in cui essa è costretta – per il cambiamento storico del modo di vivere – ad abbandonare la confortevole e chiusa Casa del Padre, e a marciare verso una casa sconosciuta, che sarà comunque un risveglio dal sogno”. E’ facile cogliere, grazie all’isteria, il senso di quell’essenziale freudiano che Benvenuto vuole trasmetterci. “Possiamo dire che Freud, attraverso le isteriche, ha scoperto la parte gay che è in noi. Oggi gay indica l’omosessuale, ma nell’inglese più antico significava libertino. Il libertino è chi pratica liberamente la propria sessualità – è chi non la asservisce al fine di formare una famiglia”.
Ma davvero l’isterica “attrae”? Sì, attrae tanto quanto abbandona o diviene oggetto di rabbia. Nel caso della isteria il non assoggettamento della sessualità non vuol dire libertà, l’isterica sfiora le relazioni, eppure recita il contrario. Non va dimenticata la facilità della isterica alla iper-rappresentazione. Da brava attrice l’isterica si sa vendere. Nelle relazioni sessuali adesca, resta quanto basta per legare, e scappa. E se resta di più,  se si lega, diventa inconsistente. Non potendo mantenere ciò che promette, inganna, e sfugge alla presa anche degli analisti (nonché delle analiste). Nell’era delle immagini e delle fake news è possibile che l’isterica attragga anche per questo: siamo circondati da falsi corpi come da false notizie, e spesso non abbiamo o non vogliamo cercare le fonti per “verificare”, come diciamo in gergo giornalistico.
Il tema dell’isteria del primo lungo capitolo non è distante dall’argomento dell’ultimo capitolo, la fine dell’analisi. Benvenuto ci porta, come recita il sottotitolo dell’opera a cui tiene molto (dall’isteria alla fine dell’analisi), a indagarne l’annosa questione. Per l’autore, Freud dice che l’analisi non si conclude piuttosto si interrompe, giunge a un punto non analizzabile, e cioè cozza contro la “roccia” del rifiuto della femminilità in entrambi i sessi: per la donna il desiderio del pene, per l’uomo il rifiuto di essere sodomizzato da un altro uomo. Ma ci sono fini e fini. La fine accettabile si darebbe quando i soggetti afferrano che si tratta di desideri impossibili, quando accolgono la cosa nel profondo, smontando in un certo qual modo l’impalcatura nevrotica che si regge su questo rifiuto. Insomma, ad un certo punto l’analizzante lo sa, sa qual è il suo gioco, sa che vuole la luna.

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Qui Benvenuto risponde ad una delle letture femministe di Freud che ha puntato il dito contro l’immagine freudiana della donna come maschio castrato e contro la sopravvalutazione dell’orgasmo vaginale rispetto a quello clitorideo. Ed infatti negli anni ruggenti, fino agli 80 e ai 90, l’analisi freudiana è stata vista come mortificante dell’“io sono mia” incarnato in tutte le varianti dell’orientamento sessuale. Il Freud dell’invidia del pene è stato odiato dalle donne etero, bisessuali, lesbiche che non ci stavano a vedersi definite “mancanti”. Ma, dice Benvenuto, solo in poche hanno valutato che “mancanti” nel senso della castrazione siamo tutti, maschi compresi. Tutto sta a reggerne l’angoscia. “Eppure stranamente ben pochi hanno fatto caso a quel che Freud, alla fine della propria opera e della propria vita, esprime in modo quasi esplicito: che tutto il malessere oggi – quello con cui un analista ha a che fare – deriva proprio da un rigetto costitutivo, epocale, forse storicamente determinato, della femminilità…… Come se questo esser femminili che ci costa tanto, oggi, fosse un rassegnarsi ad amare, dato che amare è sempre una forma di accoglienza dell’altro, ma anche di soggezione all’altro”. Optando sempre per un amore maschile e conquistatore, l’umanità si scontra contro la roccia del rifiuto della femminilità, senza realizzare che al fondo c’è sempre un desiderio impossibile, e paga il prezzo altissimo del malessere e della nevrosi. Visione pessimista? Chi è freudiano non può non tenere conto che la pulsione di morte è sempre al lavoro. E dunque che la coazione a ripetere, corredo della nevrosi, è sempre pronta a scattare. Ma Benvenuto ci dice che il Freud essenziale è quello della sessualità fuori struttura, in eccesso. Cioè del desiderio/godimento.
Se il finale è aperto – “sembra un thriller” ha fatto notare Cristiana Cimino, “che facciamo? La cura è possibile o no?” – le proposte si possono trovare proprio nel desiderio di ciascuno di noi, presi uno a uno, come singolarità, di artigianare le nostre vite per approdare a godimenti parziali dissolvendo l’inseguimento del fallo immaginario e di alcune delle sue varianti – l’essere moglie e madre per le donne, e per i maschi non accettare altro pene che il proprio ritenuto potente. “Ci affidiamo all’esilità di eros” ha sottolineato Cimino “sperando abbia la meglio”. Mentre Luciano De Fiore ha osservato: “sentirsi desideranti aiuta a non morire”. Lettura tra tante letture questa di Freud, dichiara Benvenuto, eppure perspicua. Lettura che si rivela provocatoria e illuminante, ogni capitolo con lunghezze asimmetriche affronta questioni fondamentali compresi il narcisismo e il legame sociale. Lettura di Freud che, giunti alla postilla, mette all’opera l’essenziale. 

A questo punto mi sono chiesta: perché un autore che ha avuto tutto un libro per dire la sua sceglie di intervenire con argomenti molto interessanti che lo riguardano direttamente nella postilla? In quella che in un libro può essere un “in più”? Una nota a margine?
Perché entra nel quadro e lo fa senza smanie. Si muove come l’artista che dipinge se stesso tra la folla, rappresentandosi dopo aver analizzato a lungo l’altro, il suo Freud. Nella postilla Benvenuto dichiara le sue preferenze, il proprio godimento. Non a caso fa l’elogio del talento e tratteggia l’identikit dell’analista bravo, dal volto umano.

 

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