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Vade retro accattone, Pasolini non abita più qui

I sindaci di Potenza e Como multano chi fa l’elemosina. Solidarietà e sicurezza equazione impossibile? Da Charlot in poi, quali film e libri suggeriscono altre vie

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5 Febbraio 2018 - 17.22


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Enzo Verrengia

“Accattone” è il film con cui Pier Paolo Pasolini esordisce alla regia nel 1961. Il titolo riacquista attualità con l’ordinanza del sindaco di Potenza, Dario De Luca, che dal 1° febbraio vieta «qualsiasi forma di accattonaggio e di mendicità, specie se effettuati con modalità ostinate, moleste e minacciose», oltre a «qualsiasi forma di mendicità e accattonaggio, ancorché non molesti, bivacco o utilizzo improprio di beni pubblici quando rechino intralcio alla circolazione o alla regolare fruizione e al decoro degli spazi e luoghi pubblici e aperti al pubblico. I divieti riguardano anche le aree di pertinenza dei trasporti pubblici e i mezzi di pubblico trasporto nonché le aree private aperte al pubblico». Le multe previste vanno da 25 a 500 euro e contestualmente si provvederà a intensificare i controlli per prevenire lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione e l’impiego di minori e di disabili come questuanti.
Conoscendo il capoluogo lucano, si pensa alle scale mobili che ripropongono le figurazioni di Escher, il grafico e incisore olandese celebre per i camminamenti a gradini dove l’alto si perde in basso e viceversa.
Alla fine del secondo decennio del terzo millennio è sempre più difficile individuare luoghi sicuri nei centri urbani, dove l’abbandono e il degrado allignano dovunque e ogni angolo può diventare l’habitat della disperazione. Anche se nelle scale mobili di Potenza la musica soffusa sortisce un buon effetto rilassante.
Comunque l’ordinanza del sindaco De Luca rimanda a quella del collega di Como, Mario Landriscina, che emise un analogo provvedimento nelle scorse festività natalizie e subì per questo l’attacco di organizzazioni del volontariato e di rappresentanti religiosi.
Ai capi opposti di quello che gli arabi definirono un Paese troppo lungo si pone l’identico problema: conciliare la solidarietà e la sicurezza. Un’equazione che sembra impossibile, con l’aumento di persone in difficoltà, di perdita delle garanzie assistenziali, di sfaldamento dei valori di convivenza e non ultimo di un flusso migratorio rispetto al quale l’accoglienza rivela inadeguatezze e sconfitte delle migliori intenzioni.
L’accattonaggio ha già un inquadramento normativo in Italia. L’articolo 670 del codice penale stabiliva l’arresto per chiunque mendicasse in luogo pubblico. Due successive sentenze della Corte Costituzionale, entrambe del 1959, stabilivano che la legge era in contrasto con l’articolo 38 della Carta, ossia la liceità dell’assistenza privata in concorso con quella pubblica. Dopo ulteriori passaggi si è giunti all’abrogazione dell’articolo 670, fatte salve eccezioni che concernono, fra l’altro lo sfruttamento dei minori. Inoltre, la materia è ripetutamente oggetto di iniziative delle amministrazioni locali, come nei casi di Como e ora di Potenza.
Al quadro legislativo, tuttavia, va sovrapposta la percezione e il radicamento del fenomeno nel costume, nella cultura, nell’arte e nell’immaginario. Primo a sfilare nella galleria dei miti collettivi è naturalmente lo Charlot de “Il monello”. Il nomignolo immortale di Charlie Chaplin non corrisponde a quello originale americano, The Tramp, il vagabondo, il mendicante. È il simbolo della Grande Depressione, che riempì l’America delle metropoli e dell’entroterra di poveri mendici assiepati intorno alle stazioni ferroviarie, alle baraccopoli, alle mense dell’Esercito della Salvezza, alle chiese. Pentoloni fumanti di zuppa, stracci, perdita dell’autostima, traversie, stenti: il retaggio doloroso della miseria accorpava la negazione di ogni promessa della civiltà industriale. E agli albori di quest’ultima, nella Londra vittoriana, Charles Dickens levava spesso la sua penna appassionata di narratore in difesa dei derelitti. Si pensi all’accolita di “Oliver Twist”, in cui peraltro spicca Fagin, il ricettatore che trae profitto dalle imprese dei giovanissimi orfani di cui si circonda.
Di accattonaggio burlesco odora anche l’Huckleberry Finn di Mark Twain, che contamina Tom Sawyer, quest’ultimo più fortunato perché c’è zia Polly, sculacciatrice ma anche ammortizzatrice sociale.
In epoca barocca i diseredati ebbero il loro ritrattista ufficiale in Jacques Callot, pittore dei pezzenti e autore della “Fiera dell’Impruneta”.
La genialità di Pasolini, dunque, sta anche nell’avere trasposto tale iconografia all’inizio del boom economico, quando si riteneva che la povertà sarebbe sparita e invece incombeva su quello che seguita a rivelarsi non certo il migliore dei mondi possibili.

 

 

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