Un fantastico enigma matematico dietro la grande letteratura

Da Dante a Petrarca, da Eco a Calvino passando per i maghi del giallo Edgar Allan Poe e Arthur Conan Doyle: così i numeri si sono trasformati in parola e l'algebra in una trama avvincente

Un fantastico enigma matematico dietro la grande letteratura
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26 Settembre 2017 - 16.01


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di Dan. Am.

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Delle relazioni tra matematica e letteratura si è detto molto e si continua a dire. Un’equazione non sempre di facile soluzione ma di grandissimo fascino per cui le parole si trasformano in numeri, i numeri in parole fino a diventare codici, enigmi, algebra emozionale, aritmetica romanzata. Una corrispondenza di amorosi sensi tanto antica quanto magnetica e ribadita da due libri usciti di recente: Ambiguità – Un viaggio tra letteratura e matematica di Gabriele Lolli (Il Mulino) e Le due teste del tiranno di Marco Malvaldi (Rizzoli). 
Magie numeriche, dunque. E non stupisce, infatti, che l’università di Charleston, Carolina del Sud, dedichi al tema una pagina del proprio sito Internet in cui vengono segnalati con minuziosa cura i racconti/romanzi/saggi in cui si celebrano le “nozze alchemiche” tra le due discipline. Come detto, una faccenda antica. Lo scrittore Flavio Santi annota, ad esempio, che «sono i 9 libri delle Storie di Erodoto, come le nove Muse; i 12 libri dell’Eneide, metà esatta dei 24 omerici; o al contrario i 48 delle Dionisiache di Nonno, doppio esatto dei 24 omerici; Le nozze di Mercurio e Filologia di Marziano Capella con la struttura allegorica delle sette arti liberali (il libro VII è dedicato alla matematica), alla base del sistema artistico medievale del trivio e del quadrivio; Dante (le 100 cantiche della Divina Commedia, i 35 anni, i numeri 3, 5 e 7); Petrarca (le 366 poesie del Canzoniere); Boccaccio (il 10 che forma il Decameron, 10 novelle per 10 giorni, raccontate da 10 narratori)».

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L’algebra del giallo: Ma è con la nascita della letteratura gialla, o mystery,  che la fiera dei numeri diventa parte della struttura narrativa. Il maestro del genere è Edgar Allan Poe che nel 1846 scrive il breve ma intenso saggio La filosofia della composizione dove spiega che la fase creativa di un’opera è dettata da uno schema di gioco preciso in cui la frenesia dell’intuizione va plasmata attraverso codici, paletti e ragionamenti. Così nel componimento de Il Corvo, la sua poesia più celebre, scrive di aver proceduto «passo passo, fino al suo completamento, con la stessa precisione e la stessa consequenzialità di un teorema matematico». Auguste Dupin, il suo investigatore, è d’altra parte un appassionato di numeri, tanto da affermare ne I delitti della via Morgue che «la facoltà di risolvere un problema è probabilmente molto rinforzata dallo studio delle matematiche e in modo particolare dell’altissimo ramo di questa scienza che è chiamato analisi». Anche Arthur Conan Doyle, che a Poe deve molto, è un fan della logica. Le indagini di Sherlock Holmes somigliano a esercizi matematici. «Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità» spiega Holmes a Watson in Il segno dei quattro e non è casuale che il professor Moriarty – l’antagonista dell’investigatore di Baker Street – sia un sublime matematico.

Di fascinazioni numeriche sono ricchissime le opere di Musil, Valéry, Abott, Melville, Queneau, Borges, Joyce, David Foster Wallace e naturalmente Hans Magnus Enzensberger che con Il mago dei numeri (1996) trasforma la scoperta della matematica in un fantasioso viaggio alla Lewis Carroll.

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Popolo di santi e matematici: L’Italia non è esente dalla fascinazione. Abbiamo detto di Dante, Petrarca, Boccaccio. Verranno poi (solo per citare i più noti) Leopardi, Zanzotto, Gadda, Calvino, Levi, Giordano e in tempi recentissimi Chiara Valerio. Ma è Umberto Eco il più grande sacerdote laico dei numeri. Nel dialogo tra Frate Guglielmo e il discepolo Adso ne Il Nome della Rosa afferma: «Solo nelle scienze matematiche, come dice Averroè, si identificano le cose note per noi e quelle note in modo assoluto. […] Le conoscenze matematiche sono proposizioni costruite dal nostro intelletto in modo da funzionare sempre come vere, o perché sono innate o perché la matematica è stata inventata prima delle altre scienze. E la biblioteca è stata costruita da una mente umana che pensava in modo matematico, perché senza matematica non fai labirinti».

Per non dire di Italo Clavino per il quale «l’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono», l’unico italiano invitato a far parte dell’ Officina di Letteratura Potenziale, il progetto di Raymond Queneau con il matematico François Le Lionnais. Proprio allo scrittore partigiano è dedicato un intero capitolo di Ambiguità (pagg. 274, euro 16) scritto da Gabriele Lolli che ha insegnato Logica matematica all’università di Torino ed è stato professore di Filosofia della matematica alla Normale di Pisa. Lo studioso aveva già affrontato il “caso” traducendo in chiave matematica Le Lezioni americane nel 2011. Ora ci ritorna con una disamina della trilogia degli antenati il Cavaliere Inesistente, il Visconte Dimezzato e il Barone Rampante. Diversa la struttura e anche l’obiettivo di Le due teste del tiranno – Metodi matematici per la libertà di Marco Malvaldi (pagg. 248, euro 18). L’autore, noto al grande pubblico per la serie dei delitti del Bar Lume, è un chimico teorico “come Angela Merkel”. Il libro, saggio divulgativo molto divertente, è un viaggio tra teoremi matematici ed errori cognitivi che procede attraverso paradossi, quadrati costruiti sulle ipotenuse, scoperte scientifiche e bufale industriali, e formidabili parabole calcistiche. E se il mondo dei numeri vi è ostico, non vi preoccupate, c’è sempre tempo per “farsi un’infanzia felice”. Come diceva John von Neumann: «In matematica le cose non si capiscono mai veramente, semplicemente ci si abitua ad esse». 

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