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Io, scrittore musulmano e marxista, costretto a vivere sotto scorta

Il politologo egiziano Hamed Abdel-Samad ha scritto Fascismo Islamico, un saggio crudo e interessantissimo per cui ha dovuto lasciare il suo Paese. Siamo riusciti a incontrarlo

Io, scrittore musulmano e marxista, costretto a vivere sotto scorta
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21 Settembre 2017 - 12.42


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di Rock Reynolds

“Una miscela fatale di vittimismo e vendetta è diventata il motore principale dell’islamismo.” “In tutto il mondo, i musulmani radicali mostrano la stessa mentalità e il medesimo potenziale di violenza… poiché il virus della jihad trae la sua potenza distruttiva dagli insegnamenti dell’Islam e dalla sua storia, l’islamismo è un fenomeno inscindibile dall’Islam stesso.” “Per gli islamisti, la modernità è semplicemente un segno di quanto la gente possa allontanarsi dalla vera fede.”
Di frasi come queste, che fuori contesto potrebbero suonare provocatorie, ne troverete tante nel saggio Fascismo Islamico (Garzanti, pagg 221, euro 16) del politologo egiziano Hamed Abdel-Samad, che risiede e lavora sotto scorta in Germania, dopo essere stato fatto oggetto di svariate minacce di morte. Attenzione, però: in questo libro non ci sono frasi a effetto e posizioni preconfezionate. Persino chi si trovi solidale con i palestinesi e non condanni tout court certe rivendicazioni della galassia islamica riconsidererà inevitabilmente le sue posizioni o, quanto meno, le sottoporrà a una radicale revisione critica. Fascismo Islamico è un libro di grande profondità, non un manifesto ideologico. Naturalmente, l’accostamento tra Islam e Fascismo, soprattutto in merito alla nascita dei totalitarismi di destra più tristemente noti, a qualcuno potrebbe risultare indigesta, ma lo storico egiziano è convinto che la visione di onnipotenza insegnata ai bambini musulmani non sia tanto diversa dalla disumanizzazione del nemico predicata soprattutto dai nazisti. D’altro canto, è difficile confutare la sua tesi secondo cui l’obbedienza cieca e la propensione al sacrificio siano tratti comuni a tutti i musulmani, nel solco tracciato da Abramo. La sua vita oggi è difficile e, per venire a Roma, dove lo abbiamo raggiunto, si è dovuto muovere con una scorta armata di cinque uomini giunti con lui dalla Germania.
“Mi sento un illuminista” dice “e, come tale, andrei contro i miei principi se non esprimessi liberamente le mie idee. Ho sacrificato tanto, ma lo rifarei.”
Ci racconta come è finito tra le fila dei Fratelli Musulmani?
Sono cresciuto in una famiglia osservante e sarei dovuto diventare io stesso un imam, ma, all’età di 14 anni, hanno iniziato a interessarmi le lingue straniere e le ragazze, il che non si sposa per nulla con quel mondo, e così mi sono trasferito al Cairo, dove ho vissuto un vero e proprio shock culturale. I Fratelli Musulmani cercano giovani alienati dalla società, alla ricerca di un’utopia, e gliela vendono insieme all’illusione di poter cambiare il mondo cambiando te stesso. Ero musulmano ma pure marxista e non c’è nulla di peggio dell’utopia per radicalizzare una persona.
Perché la separazione tra stato e religione, un cardine di ogni democrazia, è così estraneo al mondo musulmano?
Perché l’Islam interpreta la storia nel modo sbagliato, sostenendo che tale separazione sia stata necessaria in Europa, dove la chiesa si opponeva alla scienza e alla modernità, e implicando che, al contrario, sia stato il mondo musulmano a promuovere il progresso attraverso figure come Averroè e Avicenna. L’Islam non ha alcun merito: quel progresso è frutto dell’incontro tra diverse culture del mondo arabo, quella persiana, ebraica, siriana, egiziana e altre ancora. Per questo, l’Islam si considera un movimento religioso e un ordinamento politico, senza rendersi conto di aver in realtà frenato il progresso iniziato nel Medio Evo. Il mondo islamico ha imboccato una china pericolosa non a causa delle Crociate e delle invasioni mongoliche, bensì per aver voltato le spalle alla modernità e al pensiero libero, facendo della religione l’unica fonte della propria identità.
Non pensa che in ogni religione vi sia una propensione all’assolutismo?
Per legittimarsi, ogni religione ha bisogno di verità assolute. La differenza sta nel fatto che il testo sacro dell’Islam, il Corano, è considerato l’ultima rivelazione di dio all’uomo. Ed è un bel problema, perché il Corano si occupa di ogni singolo aspetto della vita degli uomini, comprese cose di cui non si sarebbe dovuto occupare affatto, per esempio del diritto di punire una moglie disobbediente. Perché mai dio dovrebbe preoccuparsene? Dunque, dio avrebbe atteso miliardi di anni prima di fare queste rivelazioni. Perché non ha atteso l’invenzione della stampa? Oggi, almeno, ci sarebbe la versione originale delle sue parole. Per uscire da questo vicolo cieco, bisogna delegittimare il Corano come autentica parola di dio.
La soluzione della questione palestinese può riequilibrare il Medio Oriente?
Nel mondo musulmano se ne parla fin troppo, ma la realtà è che si tratta di una scusa bella e buona. Ai musulmani non interessa quasi nulla della tragedia palestinese. Nessuno si preoccupa delle violenze insensate in Siria e Yemen. Nessuno si lamenta se a infliggere indicibili patimenti alle popolazioni musulmane sono altri musulmani, però se a farlo è Israele c’è una levata di scudi generale. La questione va affrontata diversamente, di certo non con un odio verso gli israeliani che non ha aiutato minimamente la causa palestinese. Abbandoniamo una volta per tutto l’odio sacro covato dall’Islam nei confronti degli infedeli. Capisco la rabbia dei palestinesi e dei libanesi, ma certo non quella di marocchini o pakistani che non sanno neppure dove sia esattamente la Palestina. Tutto dipende dal concetto di umma, la comunità di tutti i musulmani, descritta da Maometto nel Corano. C’è troppa emotività e scarso ragionamento. Pensiamo a Sadat. Nel 1977 tenne un discorso alla Knesset di Gerusalemme, chiedendo la restituzione di tutti i territori strappati all’Egitto con la Guerra dei Sei Giorni e promettendo in cambio la sicurezza dei confini tra Israele ed Egitto. Gli israeliani gli credettero e Sadat passò alla storia. I palestinesi non hanno mai avuto un leader di tal spessore. Il punto centrale è il seguente: combattere perché lo chiede il Corano oppure cercare una vera soluzione negoziale del problema? Hamas propugna la prima via, che è senza futuro.
La rapida diffusione dell’Islam e la sua immediata conquista del potere sono davvero il peccato originale del fondamentalismo?
Sì. È quello che definisco il difetto atavico dell’Islam. Maometto era un profeta, un condottiero e un legislatore. L’Islam si è imposto subito, tracciando un solco da cui non si è più staccato. La sharia è un sistema di leggi che governa ogni aspetto della vita e la jihad è un concetto sacro. Si tratta di ostacoli alla modernità.
Qual è il ruolo dell’Occidente nel Medio Oriente?
L’Occidente ha commesso tutti gli errori che avrebbe potuto commettere, non optando mai per un piano strategico di lungo termine, non cercando di aiutare i paesi in cui si percepiva uno slancio libertario, facendo affari con governi dispotici e spesso armandoli, com’è successo con i talebani e con Saddam Hussein e come sta succedendo con l’Arabia Saudita. L’Occidente non si è mai preoccupato di quei giovani musulmani che vorrebbero un cambiamento e ha continuato a sostenere dittatori secolari, come Assad, oppure fondamentalisti, come la famiglia reale saudita.
Secondo alcuni, il mondo musulmano andrebbe abbandonato a se stesso…
Se capitasse, il sistema globale crollerebbe. In qualche modo, sta già succedendo. Qualcuno mi ha addirittura definito un profeta per aver previsto le “primavere arabe” e il flusso migratorio epocale che ne è conseguito. La distruzione dell’equilibrio mediorientale porterebbe al tracollo assoluto della stessa Europa.
Cosa pensa dell’ incontro tra Papa Francesco e l’Imam el-Tayeb?
Un’occasione persa. L’università di al-Azhar offre insegnamenti solo apparentemente aperti, ma in realtà si ispira apertamente all’assolutismo del Corano. Io stesso ho ricevuto una fatwa da un Imam che insegna in quell’ateneo e oggi molti giornalisti sono in carcere in Egitto per una fatwa emessa da al-Azhar, così come parecchi pensatori nel mondo musulmano sono stati messi a morte perché è dovere di ogni musulmano osservante uccidere chi parla male di Maometto. Il Papa avrebbe dovuto spingere el-Tayeb a gettare la maschera e a fare proposte concrete.

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