L’arte può ancora farsi carico di istanze di denuncia? E può esistere un dialogo proficuo tra l’arte contemporanea e quella realizzata nei secoli passati? A queste domande potremmo rispondere con la recente istallazione della Natura morta di Jago, posta in dialogo con la Canestra di frutta di Caravaggio alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. Le due opere sono rimaste accostate, frontalmente, per sei mesi, dall’8 maggio al 4 novembre scorsi. Da una parte l’iconico dipinto caravaggesco, realizzato tra il 1597 e il 1600, in possesso del Cardinale Borromeo già sette anni dopo.
Dirimpetto la rilettura contemporanea in marmo, una cesta ricolma di armi, fucili, pistole, una granata, proiettili per armi d’assalto. Non sempre il dialogo tra antico e moderno risulta efficace e legittimo, quanto invece è stata questa operazione. Jago (pseudonimo Jacopo Cardillo), rielabora la lezione di Caravaggio alla luce dei nostri tempi. La fragilità della vita, la vanitas, allo scadere del ‘500 veniva declinato con la minuziosa descrizione di un cesto di frutta, bella, seppur macchiata e dalle foglie accartocciate, posto in bilico sul margine di un tavolo. La rilettura contemporanea viene spinta oltre: ad essere mostrati sono strumenti fabbricati per uccidere, prodotti in serie per togliere la vita, qui ritratti in marmo, materiale prezioso, eterno, per un messaggio che parla di fugacità della vita. La morte viene sottilmente raccontata come ferita del presente e prodotto di consumo.
“Nella mia opera ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società. Una violenza che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione” ha spiegato l’artista. “[…] Questi oggetti non li ho inventati, io non ho fatto niente, ho fatto una composizione per dire qualcosa di indicibile. I veri creatori sono i criminali di guerra che ogni giorno fanno migliaia di vittime. Io non ho creato questi strumenti di morte, li ho atteggiati in una composizione. Noi partecipiamo e viviamo di cose non raccontabili, cose oscene”, ha anche dichiarato all’agenzia ANSA.
L’opera, chiaramente di denuncia, dopo la permanenza a Milano sarà portata ed esposta dal 20 dicembre allo Jago Museum, presso la chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, al rione Sanità a Napoli. E con Natura Morta Jago diviene l’artista italiano più quotato tra i contemporanei, raggiungendo il valore di 12 milioni di euro, anche grazie alla sua permanenza in dialogo con la Canestra di frutta di Caravaggio presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, oltre che per altri fattori, come la complessità di esecuzione e lavorazione del materiale.
“Natura morta è tra le opere più costose dell’artista anche per via della complicata realizzazione della scultura stessa” ha dichiarato Massimo Maggio, broker assicurativo della Wide Group, il quale si è occupato della quotazione dell’opera, e che ha così proseguito “La valutazione si basa su diverse caratteristiche. Si valuta il numero di mostre fatte, le apparizioni nelle prime pagine dei cataloghi, ma anche aspetti diversi come il valore tecnico e artistico, o l’esposizione in luoghi e gallerie particolarmente privilegiati come, per l’appunto, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano”.
Jago non è inoltre nuovo alle riletture contemporanee di opere classiche, era già successo con la Pietà di Michelangelo, riletta nel 2021 in una dolente composizione di un padre che tiene in braccio il proprio figlio esanime, e con la David, una versione femminile, realizzata nel 2020, dell’archetipo del David biblico, più volte affrontato nell’arte nel corso dei secoli, da Donatello, fino al contemporaneo Pietro Manzù.
