Dall'inferno al paradiso in 15 anni: la storia del Monastero di Santa Maria di Rioseco

Fondato dai monaci bianchi dell'Ordine Cistercense nel XII secolo, tra l'800 e il 900 si ridusse a un ammasso di pericolose rovine. Oggi è stato riqualificato grazie a dei volontari e accoglie 50.000 visitatori all'anno

Dall'inferno al paradiso in 15 anni: la storia del Monastero di Santa Maria di Rioseco
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17 Agosto 2025 - 18.33


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Nel cuore della Valle del Manzanedo, tra le gole spettacolari del Parco Naturale Hoces del Alto Ebro e Rudrón, sorge il Monastero di Santa Maria di Rioseco di Burgos, passato dall’essere nella Lista Rossa del Patrimonio in Pericolo (nel 2008) ad essere dichiarato Bene di Interesse Culturale nel 2019. Un luogo che per secoli fu abitato da monaci cistercensi e che, tra XIX e XX secolo, si era ridotto a un cumulo di pietre inghiottite dal silenzio e dalla vegetazione. Oggi, grazie a un progetto di volontariato senza precedenti, quel complesso millenario è tornato a respirare, diventando simbolo di rinascita e speranza per un territorio segnato dallo spopolamento.

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Non c’è da discutere sul fatto che i volontari dell’associazione “Salvemos Rioseco”, nata nel 2010, abbiano compiuto qualcosa di sensazionale, e adesso questo gioiello aspira a diventare un propulsore economico grazie a progetti come l’apertura di un caffè e di una piccola locanda nella cornice inimitabile del Parco Naturale Hoces del Alto Ebro e Rudrón.

Il Monastero, che originariamente si trovava a Quintanajuar, dopo vari cambi di ubicazione si stabilì definitivamente nel 1236 a Rioseco. Quest’ultimo, per tutto il XIII-XVII secolo è stato un fondamentale centro economico e spirituale che comprendeva fattorie, mulini e terreni, dove i monaci introdussero colture di grano, lino e frutta, oltre a una vasta rete di allevamento.

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Tuttavia, nel corso del XIX secolo, il monastero subì un duro colpo con la confisca di Mendizábal del 1835, che ne causò l’abbandono e il successivo saccheggio. Da quel momento in avanti la struttura rimase in rovina fino a quando, negli anni ’50 del 1900, fu ceduta all’arcivescovado di Burgos.

Guardando nello specifico alle caratteristiche del complesso religioso, esso presenta un mix di stili che riflettono le diverse fasi della sua costruzione. La chiesa cistercense, infatti, risale al XIII-XIV secolo, mentre il chiostro, simbolo dell’architettura classicista, fu ristrutturato nel XVI secolo. Inoltre, spicca su tutti la cosiddetta “scala senz’anima”, una struttura a chiocciola senza asse centrale che è uno degli elementi più sorprendenti, mistici e affascinanti dell’intero monastero.

Un’aggiunta recente è stata il giardino rinascimentale creato dall’avventuriero Jesús Calleja nel 2019, nell’area in cui un tempo si trovavano i frutteti. Questo luogo verde ha rivitalizzato lo spazio, integrando natura e patrimonio in un contesto storico, ed è diventato l’emblema della rigenerazione della struttura.

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A proposito degli eccellenti lavori di riqualificazione del Monastero, ha preso parola il presidente della Fondazione Rioseco, José Miguel Gutiérrez, che ai microfoni dell’agenzia di stampa spagnola EFE, si è così espresso: “Si tratta di vedere il patrimonio come un’opportunità per le città che lottano contro lo spopolamento, come un valore aggiunto al di là del turismo. Questo include proposte culturali, educative e imprenditoriali, ovvero imprese che generano occupazione”.

E ha aggiunto il presidente della Fondazione Rioseco: “Vogliamo che il monastero generi occupazione, perché questo è un bene per la regione di Las Merindades. Rioseco deve essere un “motore di vita per l’ambiente rurale”.

“Quando sono entrato per la prima volta, ha continuato Gutierrez, ho dovuto chiedere ai vicini di aiutarmi a trovare il monastero perché era impossibile sapere dove fosse. Andavamo con una falce facendoci strada nel sottobosco perché non c’era un sentiero, ma era affascinante, era come essere in mezzo alla giungla e trovare delle rovine”, ha concluso il presidente.

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La storia che racconta di come il Monastero di Santa María de Rioseco, situato nella Valle del Manzanedo, sia passato dall’essere morto e sepolto tra le rovine a diventare un punto di riferimento per il patrimonio culturale di Castilla y León (dove si trova più del 60% di tutto il patrimonio architettonico, artistico e culturale presente nella penisola iberica), può essere sintetizzata in un progetto di volontariato inimitabile nel suo genere, che garantisce un futuro roseo a prescindere dall’aiuto proveniente dall’apparato istituzionale.

In 15 anni il Monastero di Santa María de Rioseco – grazie al commovente sforzo collettivo svolto dall’Associazione Culturale Salvemos Rioseco – ha mantenuto il suo aspetto originario, quello di un complesso cistercense che mescola usi turistici con attività culturali, laboratori di scalpellini o azioni di formazione, come quelle insegnate nelle aule didattiche grazie al contributo delle università di Burgos, Valladolid e Madrid.

I lavori procedono spediti, e quest’anno gli scavi si sono concentrati sulla zona posteriore del giardino rinascimentale e sulla torre dell’abate. Sempre sul retro della chiesa, dove sono stati collocati un piccolo fossato acciottolato e una volta sepolta nel terreno, sono state restaurate una cassettiera e cambiate alcune delle porte in legno del monastero.

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Inoltre, Rioseco ha inaugurato un parcheggio con una capienza massima di cento auto e due autobus, che è stato allestito su un terreno acquisito, con l’obiettivo di garantire la sicurezza agli oltre 50.000 visitatori annuali che fino ad oggi hanno dovuto lasciare i loro mezzi di trasporto dinanzi agli accessi oppure ai lati della strada.

Il presidente della Fondazione Rioseco Gutiérrez spiega che l’obiettivo finale è quello di consentire l’accesso diretto dal parcheggio al monastero, per il quale è necessario uno studio topografico e una scala che salvi la parete verticale del monastero.

Ma l’ambizione va oltre la conservazione. L’idea che “bolle in pentola” è quella di provare a localizzare, ad esempio, la lavanderia o il puledro, di cui conoscono l’esistenza grazie alle testimonianze degli anziani, gli ultimi che hanno messo piede nel monastero prima che la chiesa fosse chiusa poco dopo la metà del secolo scorso.

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Insomma, alcune zone del Monastero adesso sono visitabili, e la speranza adesso è quella che vi accorrano in massa quante più persone possibili, affinché tutti possano ammirare la bellezza di questo complesso, che non è solo un luogo religioso, ma una vera e propria gemma incastonata nel Nord della Spagna.

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