Sanremo, le parole oltre la musica: Amore, Esistenzialismo ed Identità

Dopo le prime quattro puntate del Festival, esibizioni-cover comprese, sono questi i temi maggiormente affrontati e descritti dalle canzoni scelte dai concorrenti in gara.

Sanremo, le parole oltre la musica: Amore, Esistenzialismo ed Identità
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10 Febbraio 2024 - 16.34


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di Margerita Degani

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Che l’argomento di natura amorosa e relazionale occupi lo spazio maggiore all’interno di un festival di musica italiana, non stupisce affatto. E’ lunga la tradizione musicale – e non solo – del nostro Bel Paese che lo mette al centro dei suoi testi e dei suoi più grandi successi, numerosi dei quali si sono consumati propri sul palco di Sanremo.

Non manca nulla in questo repertorio, capace di cogliere in modi personali e diversi tutte le sfumature di un sentimento tanto complesso e sfaccettato. Fred De Palma, con il suo Il cielo non ci vuole ci racconta di una storia che ormai si sta consumando, di un amore vicino alla malattia che dietro di sé lascia tutti i segni del dolore. Così Tutto qui di Gazzelle, un brano intriso, se non di vera tristezza, almeno di una nostalgia sospesa tra possibilità e rimpianto; Emma, Diodato e Geolier, con Apnea, Ti muovi e I p’ me, tu p’ te, affrontano la sensazione che nasce da relazioni ormai in bilico e destinate al collasso nonostante la persistenza di emozioni ancora forti, ancora capaci di creare un legame con l’altro. Nè possiamo scordarci la profonda nota di tristezza nel tocco di Irama mentre intona Tu no, canzone della mancanza e della lontananza. Ma ancora, l’amore fatto di fratture e fragilità (Il Tre – Fragili); l’amore sporcato dal tradimento che poi esige di essere sbeffeggiato, per potersi riscattare (Sangiovanni – Finiscimi); l’amore amaro ed intenso dei Santi Francesi (L’amore in bocca) e quello che vive di nostalgia e di mancanze quotidiane, ma che è pronto a ricominciare nutrendosi di questo desiderio (Negramaro – Ricominciamo tutto). Dolce nella sua tragedia, infine, fa capolino anche l’amore genitoriale portato sul palco da Mr. Rain, che in Due Altalene tratta il delicato tema della perdita di un figlio; similmente, ma capovolto come in uno specchio,  possiamo ricordare il tributo di Angelina Mango (La rondine) al padre scomparso sul palco nel 2014.

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Non solo drammi, non solo tristezza. Si fa più acceso il ritmo con Click Boom (Rose Villain), che riprende l’impatto travolgente delle emozioni, l’intensità e la passione di un amore capace di disorientare. Ci colpisce come un vento di leggerezza e simpatia Un ragazzo una ragazza dei The Kolors: dentro ad una visione ecco l’incontro mancato, che si desidera, ma sfugge e non si realizza del tutto. Allo stesso modo, il ritorno dei Ricchi e Poveri ci delizia con la spiritosa Ma non per tutta la vita. 

Inevitabile, in questa rassegna, citare gli esiti di un amore che invece potremmo definire felice; un sentimento che trova modo di realizzarsi, fino a diventare vera e propria salvezza. Qui vanno inserite Pazzo di te (Renga NeK) un elenco che vuole esaurire le caratteristiche più rappresentative di un’emozione ai limiti del paradosso – Capolavoro (Il Volo) e Spettacolare (Mannini) – incentrate, invece, sul potere salvifico dell’altro.

Veniamo ora al secondo grande gruppo tematico, quello più incline a parlare dell’esistenza, che inevitabilmente si intreccia a qualunque aspetto della nostra vita. Esattamente come l’amore. Forse oggi, più ancora che in altri momenti, siamo portati a riflettere sul nostro futuro, sulle sfide che ci aspettano e sui modi migliori per affrontare una vita che sappiamo essere tanto magnifica quanto spaventosa. Come potevano non farlo i nostri cantanti?

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Alfa (Vai!), vestendo quasi i panni di un moderno James Dean, ci dà una risposta energica e positiva, vuole vivere pienamente e non guardarsi troppo indietro. Vicina a lui Angelina Mango (La Noia) che, rovesciando il pensiero comune, vede nella noia – e nei momenti di difficoltà- nuove possibilità di rilancio. Dalla staticità, invece, scappano a gambe levate i Bnrk44, rappresentando in Governo Punk lo stato d’animo di ribellione, la fuga dalla provincia, l’uscita dai canoni e da ciò che è standardizzato. Più malinconici i toni di Fino a qui (Alessandra Amoroso), sebbene trattino la speranza e l’abilità di saper prendere la vita per quello che è, al di là delle sue imperfezioni. Mahmood (Tuta Gold), poi, tra i frammenti di ricordi passati, affronta una re-visione di sé, partendo da una condizione che ha tutte le caratteristiche del suburbano. Più impegnate in ambito sociale, ma sempre indissolubilmente legate al modo di stare al mondo, Autodistruttivo (La Sad), dedicata al dramma del suicidio dei giovani e Onda alta (Dargen D’Amico), che si muove dalla condizione dei migranti a quella dei Paesi tormentati dalla guerra, dalle condizioni socio-economiche che dividono le esperienze del mondo ad una sorta di accusa nei confronti di un Occidente che evita la presa d’atto delle sue responsabilità.

Voglia di riscatto e forza di rivendicazione, non a caso cantate da grandi interpreti femminili del mondo musicale. E’ questo uno dei più grandi desideri e dei principali temi di lotta fatto proprio dalle donne, soprattutto nel corso degli ultimi decenni. Ce lo ricordano le canzoni, ma anche dibattiti, libri, film da cui siamo circondati. Un forte amore per se stesse, che va oltre le umiliazioni e al di là delle paure per i lati di sé meno convenzionali.

In particolare Big Mama  (La rabbia non ti basta) e Loredana Bertè (Pazza) ci parlano di fratture e sofferenza, di odio e pregiudizi, prima del raggiungimento di una consapevolezza più profonda. Gridi di affermazione e libertà che alla fine riescono ad abbracciare completamente la propria natura ed il proprio modo di essere. Diamanti Grezzi (Clara), è poi a modo suo una riflessione sul continuo cambiamento della propria identità, che passa attraverso relazioni e riscontri che sono tanto interni quanto esterni; un nucleo forte ed originale, da scavare e lavorare continuamente per essere riportato a splendore.

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Concludiamo con le fortissime presenze di Fiorella Mannoia (Mariposa) ed Annalisa (Sinceramente). Se il primo è un inno a tutte le sfaccettature della donna e una celebrazione alla sua crescita interiore, la seconda canzone cerca di trasmettere la volontà di vivere ogni cosa, ogni emozione, nel modo più libero possibile, accogliendo alti e bassi, forze e debolezze: unica vera strategia per l’accettazione di sé e, di conseguenza, unico modo per amare davvero e pienamente gli altri.

Che dire di più? Opinionisti, artisti e critici potrebbero sbizzarrirsi a studiare i testi di tutti questi brani. Argomenti di dibattito e confronto non mancano, così come di legami alla tradizione lirico-musicale ed alla storia del nostro paese. Sono state ascoltate numerose interviste, richieste le spiegazioni dei significati di ciascun brano e molte interpretazioni si sono variamente diffuse su web e social. Tanto ancora se ne parlerà, in vista – e certamente a seguito – della puntata finale. Ma quello che preme considerare è che, in maniera del tutto inevitabile, anche lo spettacolo si fa rappresentante della nostra contemporaneità e del nostro Tempo. Con l’unica ed enorme differenza di saper trasformare in arte – apprezzabile o meno che sia, efficace o più debole – ciò che noi tutti quotidianamente viviamo. Ed è per questo che milioni di telespettatori e centinaia di ospiti attendono ogni anno, emozionandosi, il grande Festival della canzone italiana, specchio di tutto ciò che siamo.

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