Sovranismo e neocentralismo alla cultura: il direttore Aufreiter lascia Urbino

Lo storico dell’arte austriaco che guida la Galleria Nazionale delle Marche precede il ministro Bonisoli e annuncia l’addio: andrà a Vienna

Sovranismo e neocentralismo alla cultura: il direttore Aufreiter lascia Urbino
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24 Giugno 2019 - 21.19


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Il sovranismo e il neocentralismo governativo applicati alla cultura assestano colpi ferali. Peter Aufreiter, austriaco, lascia la direzione della Galleria Nazionale delle Marche per sua scelta. Nominato nel 2014 dall’allora ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che aveva conferito autonomia al museo nello spettacolare Palazzo ducale di Urbino e ad altri diciannove musei, lo storico dell’arte dal primo gennaio 2020 guiderà il Technischen Museum di Vienna.

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A novembre scade il suo mandato dei primi quattro anni: un bis di altrettanti anni era previsto fin dall’inizio, Aufreiter avrebbe voluto restare per completare il rinnovamento del museo-palazzo che con la sua gestione è diventato molto più aperto ai cittadini, ai marchigiani, ai turisti. Il direttore ha oltre tutto fatto aumentare il numero dei visitatori, salvo il 2017, l’anno in cui i turisti sono calati in tutte le Marche per effetto del terremoto del 2016 e delle scosse prolungate fino all’inizio del 2017. Aufreiter rivendica i dati: «I visitatori sono aumentati del 30 per cento nonostante il terremoto e gli incassi raddoppiati». Eppure non sui soli numeri si misura l’andamento di un museo. Con il direttore austriaco per esempio il museo ha istituito una card da 19 euro per l’accesso annuo ai residenti che andavano o vanno nel “loro” museo una volta nella vita: una misura per dire che la cultura va applicata lungo tutto l’anno e a chi vive nel posto, non solo pensando ai turisti. Lo spirito, nel museo, è cambiato.

Aufreiter se ne va e lo annuncia all’agenzia Ansa: «Qui con la nuova riforma non si sa nulla di sicuro e ho l’impressione di non essere più molto utile e valorizzato». E un’annotazione rende bene il clima politico che si respira oggi: «Tante persone qui in Italia pensano che i musei debbano essere gestiti da italiani». Era così nel 2014, oggi la tendenza sovranista è ancora più marcata.

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Con Alberto Bonisoli ministro regna da mesi l’incertezza. La riforma che il titolare del dicastero prepara svuota l’autonomia dei musei autonomi, in quanto decisioni cruciali come quelle sul bilancio e quelle sulle opere da prestare o meno saranno prese a Roma, non più nei musei stessi, rendendoli involucri sottoposti al potere centrale. Nei giorni scorsi il ministro ha tolto l’autonomia alla Galleria dell’Accademia di Firenze, al Museo etrusco di Villa Giulia e al Parco archeologico dell’Appia antica a Roma, salvando all’ultimo momento il parco e il Castello Miramare a Trieste (una domanda: nella retromarcia avrà mica inciso la Lega che guida il Comune friulano?).

In un quadro complessivo confuso Aufreiter non è disponibile: ha detto fin dall’inizio che veniva a Urbino per reimpostare il museo, per rafforzare i legami con le scuole, con il pubblico dei non addetti ai lavori e nel suo sforzo è sorretto, come dichiara, da uno staff preparato e di agile mentalità. Lo storico dell’arte ha moglie urbinate con figli e ritiene che con altri quattro anni avrebbe compiuto il suo lavoro, poi sarebbe andato altrove perché non cercava né cerca il posto fisso a vita. Invece ha accelerato i tempi. Il messaggio, non dichiarato ma chiaro, è: non faccio il passacarte, non aspetto di essere tenuto in sospeso e poi cacciato. I musei internazionali o di alto livello quale è quello urbinate (vanta opere di Piero della Francesca, Raffaello, Tiziano ed è un palazzo rinascimentale unico) richiedono programmazioni pluriennali. Per il 2020 e i 500 anni di Raffaello molto se non tutto è stato già preparato. Per il dopo torna l’incertezza. È un triste segnale, per i musei italiani.

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